Rettifica della detrazione e pro-rata Iva per le assegnazioni agevolate di beni immobili
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariLa riproposizione, da parte della Legge di bilancio 2023, della possibilità di assegnare beni immobili ai soci, entro il prossimo 30 settembre 2023, con importanti agevolazioni ai fini delle imposte dirette e delle imposte indirette diverse dall’Iva riporta alla ribalta i possibili effetti negativi che possono prodursi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
Come noto, infatti, i vincoli comunitari impediscono ai singoli Stati membri di prevedere agevolazioni in ambito Iva, ragion per cui per tale tributo è necessario riferirsi alle regole ordinarie.
Considerando che, ai sensi dell’articolo 2 D.P.R. 633/1972, le assegnazioni dei beni ai soci sono operazioni assimilate alle cessioni, si deve partire dal presupposto che in presenza di assegnazioni e cessioni agevolate di beni immobili soggette al regime di imponibilità non si produce nessuna conseguenza negativa sul diritto alla detrazione dell’Iva in capo alla società che assegna i beni ai soci.
E tale ipotesi si realizza necessariamente quando il soggetto assegnante è l’impresa che ha costruito o ristrutturato l’immobile e l’assegnazione (o cessione) agevolata al socio avviene entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori.
In tali casi, l’articolo 10, n. 8-bis e 8-ter, D.P.R. 633/1972, rispettivamente per gli immobili abitativi e per gli immobili strumentali derogano al regime di esenzione, prevedendo l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari (con il meccanismo della rivalsa).
In tutte le altre ipotesi (impresa assegnante di costruzione/ristrutturazione con assegnazione dopo il decorso di cinque anni dall’ultimazione dei lavori, ovvero altra impresa che assegna) il regime naturale dell’operazione è l’esenzione fatta salva la possibilità di optare per l’Iva (con il meccanismo del reverse charge se il socio assegnatario è soggetto Iva) ad eccezione delle assegnazioni di immobili abitativi da parte dell’impresa che non ha costruito o ristrutturato. In tale ultima ipotesi, infatti, l’unico regime Iva previsto è l’esenzione.
In presenza di assegnazioni o cessioni agevolate di beni immobili esenti da Iva, gli effetti negativi che si possono realizzare sono due: il pro-rata e la rettifica della detrazione.
Il primo dei due effetti, oggetto del presente intervento, è disciplinato dall’articolo 19, comma 5 e dall’articolo 19-bis D.P.R. 633/1972, e si riverbera sulla detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti dell’anno in cui avviene l’operazione esente.
La percentuale di detrazione è calcolata sul rapporto tra operazioni che danno diritto alla detrazione (al numeratore) ed operazioni complessive, comprese quelle esenti (al denominatore).
Ai fini che qui interessa, va ricordato che lo stesso articolo 19-bis esclude dal predetto rapporto, con conseguente irrilevanza sul calcolo della percentuale di detrazione, le cessioni di beni ammortizzabili e le operazioni esenti “occasionali”.
Nella prima ipotesi vi rientrano, ad esempio, le assegnazioni e cessioni agevolate di immobili strumentali poste in essere dalle immobiliari di gestione (in quanto tali immobili sono ammortizzabili secondo la nozione prevista dall’articolo 102 Tuir), mentre nella seconda sono ricomprese quelle aventi ad oggetto immobili abitativi e strumentali da parte di imprese che svolgono attività diversa da quella immobiliare (ad esempio industriale).
Nessuna via di scampo è invece ravvisabile qualora oggetto di assegnazione o cessione agevolata sia un bene immobile iscritto tra le rimanenze in quanto oggetto dell’attività propria.
In tal caso, infatti, l’uscita del bene dalla sfera d’impresa in regime di esenzione porta con sé un possibile effetto negativo sulla detrazione dell’Iva sugli acquisti dell’anno, il cui importo varia in funzione della percentuale di detrazione e dell’importo dell’Iva sugli acquisti assolta nell’anno stesso.
L’impatto effettivo potrebbe anche essere del tutto irrilevante se si pensa da un’impresa di costruzione che assegna ai soci l’ultimo immobile posseduto (che non è riuscito a vendere a terzi) nell’anno in cui di fatto ha cessato l’attività operativa e con Iva sugli acquisti di importo esiguo.