Composizione negoziata per la crisi di impresa: la strategica figura dell’esperto
di Francesca Dal PortoUna delle figure più nuove ed interessanti, nell’ambito della crisi di impresa, è quella dell’esperto nominato nella composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa.
Tale nuovo istituto, introdotto col D.L. 118/2021, e ora disciplinato nell’ambito del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, agli articoli 12 e ss., appare come una delle più importanti e recenti novità nel panorama del diritto della crisi, anche e soprattutto alla luce del fatto che, con l’ultima versione del codice, sono venute meno buona parte delle norme originariamente previste e volte a definire quelle “procedure di allerta”, compresa la composizione assistita della crisi, che in qualche modo avevano l’obiettivo di intercettare con tempestività le situazioni di difficoltà; continuano invece ad essere previste le segnalazioni per la anticipata emersione della crisi disciplinate agli articoli 25 octies e ss. del CCII.
L’articolo 12 del codice precisa che l’esperto, di cui l’imprenditore chiede la nomina, ha il compito di agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio, di cui al comma 1, in cui l’impresa si trovi.
Si tratta, dunque, in primo luogo di una figura di negoziatore che deve agevolare la composizione di diverse esigenze ma tutte accomunate dal medesimo obiettivo: ottenere il superamento delle condizioni di squilibrio che rendano probabile la crisi o l’insolvenza dell’impresa e che quindi rischino di condurre la stessa a non poter irrimediabilmente rispettare le obbligazioni assunte verso i creditori.
Proprio per questo si richiedono all’esperto una serie di requisiti che ne garantiscano l’indipendenza rispetto alle parti in causa (articolo 16 CCII).
Si ribadisce nel comma 2 dell’articolo 16 che l’esperto:
- è terzo rispetto alle parti;
- opera in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente.
Accanto a tale ruolo è però richiesto all’esperto anche un intervento più tecnico: il comma 2 dell’articolo 16 prevede che l’esperto debba verificare la coerenza complessiva delle informazioni fornite dall’imprenditore, chiedendo al medesimo, e ai creditori, tutte le ulteriori informazioni utili e necessarie.
A questo fine, l’esperto può avvalersi anche di soggetti dotati di specifica competenza e di un revisore legale, purché non legati alle parti interessate da rapporti di natura personale o professionale.
A questo proposito è precisato che la figura dell’esperto non è comunque equiparabile al professionista indipendente incaricato dal debitore, nell’ambito di uno qualsiasi degli strumenti di regolazione della crisi previsti dal codice.
Tale specifica ha probabilmente l’obiettivo di evitare che siano attribuite all’esperto responsabilità analoghe a quelle dell’attestatore: ad esempio, il compito di attestare la veridicità dei dati aziendali.
Tuttavia, la verifica di coerenza che gli è richiesta è comunque assai gravosa, vista la mole e il livello di dettaglio delle informazioni che l’imprenditore è tenuto a fornire già in fase di avvio.
In particolare, l’esperto, appena nominato, potrà accedere alla piattaforma telematica sulla quale l’imprenditore, al momento di presentazione dell’istanza, avrà provveduto ad inserire una serie di documenti (articolo 17, comma 3, CCII) tra cui: bilanci di esercizio, dichiarazioni dei redditi, situazione contabile aggiornata; un progetto di piano di risanamento; una relazione sull’attività esercitata, recante un piano finanziario per i successivi sei mesi; il certificato unico dei debiti tributari e contributivi; ecc..
L’analisi tecnica che l’esperto dovrà porre in essere è quindi piuttosto corposa: anche se non deve attestare la veridicità dei dati, deve comunque farsi un’idea preventiva circa la coerenza dei dati contabili storici e prospettici forniti.
Per questo serviranno indubbie competenze tecniche.
In particolare, il comma 5 dell’articolo 17 chiede espressamente all’esperto di valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento.
La questione è complessa e delicata: l’esperto, sulla base dei dati contabili storici e delle altre informazioni acquisite, dovrà valutare la “fattibilità” del piano di risanamento presentato, cercando di capire se poggia su basi verosimili o meno.
Si chiede, in sostanza, all’esperto una valutazione analoga a quella che è chiesta al commissario giudiziale del concordato preventivo, nel momento in cui deve redigere la relazione ex articolo 105 CCII, anche se la finalità è diversa.
Il commissario ha il compito di informare i creditori, circa la fattibilità della proposta, per consentire loro di esprimere o meno un consenso informato in merito al piano formulato dal debitore.
Nella composizione negoziata, invece, la responsabilità dell’esperto è forse ancor più grande: se l’esperto ritiene che le prospettive di risanamento siano concrete, allora incontra le altre parti interessate al processo di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri.
Nel caso in cui invece, l’esperto non ravvisi concrete prospettive di risanamento, ne dà notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata.
Sta dunque all’esperto valutare se l’istanza presentata ha solide fondamenta per poter andare avanti o meno, potendo fin da subito bloccarne il percorso.
L’esperto ha anche un ruolo propositivo: nel senso che nel corso delle trattative può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, anche il contenuto dei contratti in essere tra le stesse, se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute.
L’esperto ha un ruolo di ausilio nei confronti del Tribunale, tutte le volte in cui gli è richiesto un parere: si pensi al caso della valutazione da parte del Tribunale della concessione delle misure protettive e cautelari, all’esperto è richiesto di esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative.
All’esperto è attribuito anche un compito di supervisione nella attività di gestione: infatti, nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività.
L’articolo 20 CCII tuttavia chiede all’imprenditore di informare preventivamente l’esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché́ dell’esecuzione di pagamenti che non siano coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento.
L’esperto, quando ritiene che l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, è tenuto a segnalarlo per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo.
Se, nonostante la segnalazione, l’atto viene compiuto, l’imprenditore ne informa immediatamente l’esperto che può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese.
Non va dimenticato, infine, che l’esperto è altresì la figura chiave che può consentire l’accesso o meno dell’impresa al concordato semplificato, ex articolo 25 sexies CCII.
Quando l’esperto, infatti, nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) CCII non sono praticabili, l’imprenditore può presentare una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 39 CCII.
È dunque rimessa alla valutazione dell’esperto anche la possibilità di accesso a tale interessante opportunità per l’impresa debitrice.