La destinazione dell’utile a riserva per le Srl semplificate e a capitale ridotto
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Ragionando sul tema della chiusura del bilancio per l’esercizio 2022 una questione da risolvere è come gestire la destinazione dell’utile per le Srl che si sono costituite utilizzando le disposizioni derogatrici dell’articolo 2463, commi 4 e 5, cod. civ. e 2463 bis cod. civ..
Il tema delle Srl “alternative” è quantomai diffuso nella prassi operativa ed in modo particolare quelle semplificate (articolo 2463 bis cod. civ.) sono spesso scelte per gli indubitabili vantaggi che esse presentano, basti citare i costi quasi inesistenti di costituzione ed il vantaggio della responsabilità limitata del socio sulle obbligazioni sociali che rappresenta un bonus di grande attrattiva per gli operatori economici.
Si pensi al caso della impresa individuale che cede la propria azienda ad una precostituita Srl semplificata ad unico socio (non conferita perché il capitale di una Srl semplificata va sempre costituito in denaro): ebbene con l’unica accortezza del rispetto dell’articolo 2465, comma 2, cod. civ. in merito alla redazione della perizia giurata ed ottenendo la approvazione della assemblea dei soci (sempre rappresentata dall’unico socio) viene di fatto trasformata una azienda individuale a responsabilità illimitata in una Srl a responsabilità limitata con unico socio.
Ma a fronte di indubbi vantaggi le disposizioni civilistiche non brillano per chiarezza quando si riflette sul tema della destinazione dell’utile nei due tipi societari sopra citati.
Verifichiamo anzitutto il caso della Srl a capitale ridotto, ex articolo 2463, commi 4 e 5, cod. civ..
Questo tipo societario può essere definito a ragione come una sorta di sottocategoria della Srl ordinaria con cui condivide tutte le regole costitutive, tranne per il fatto che il capitale sociale può essere inferiore a euro 10.000, per la precisione esso va da 1 euro a 9.999 euro e deve essere versato necessariamente in denaro, nella sua interezza, nella mani dell’amministratore all’atto della costituzione.
A fronte di un capitale ridotto sono previste nel citato comma 5 dell’articolo 2463 cod. civ. regole specifiche di accantonamento dell’utile di esercizio.
L’obiettivo delineato dalla norma è costituire una riserva legale “ancillare” al capitale sociale in modo che si formi, quanto prima possibile, un patrimonio netto “vincolato” di entità almeno pari a euro 10.000.
Infatti, la norma citata dispone che vi sia un accantonamento dell’utile di esercizio a riserva legale in misura accentuata rispetto alla normale previsione di cui all’articolo 2430 cod. civ. (cioè il 5% dell’utile fino a quando la riserva non sia pari almeno al 20% del capitale sociale): l’accantonamento dell’utile nella Srl a capitale ridotto avviene per il 20% di quello prodotto nel singolo esercizio, e il processo termina quando la riserva legale, insieme al capitale, abbia raggiunto l’importo di euro 10.000.
Rispetto alla riserva legale così costituita vanno fatte alcune considerazioni:
- in primo luogo occorre capire il grado di disponibilità di questa riserva. È opinione unanimemente condivisa che la riserva legale “ordinaria” ex articolo 2430 cod. civ. sia indisponibile per ogni distribuzione ai soci, mentre altrettanto unanime è la convinzione che essa sia invece utilizzabile a copertura di perdite. Il tema invece discusso, e che origina opinioni discordi, è la possibilità di utilizzarla per aumenti di capitale (in senso sfavorevole Caratozzolo, “Il Bilancio di esercizio”, Mi, 2006, mentre in senso favorevole C. Costa, “Riserva nella società”, in Enciclopedia del Diritto, Mi, 1989). Ebbene questo tema è risolto per legge nell’ambito delle Srl a capitale ridotto, atteso che il comma 5 della norma più volte citata autorizza esplicitamente l’utilizzo della riserva legale per aumenti di capitale sociale;
- una volta completato l’iter di formazione della riserva legale, cioè quando insieme al capitale sociale sia raggiunta la soglia di euro 10.000, torna in gioco un eventuale ulteriore accantonamento previsto nella fattispecie di Srl ordinaria, all’articolo 2430 cod. civ.. In altri termini, il processo di accantonamento della riserva legale, una volta esaurita la funzione di cui all’articolo 2463, comma 5, deve continuare fino a quando la riserva legale non abbia raggiunto il rapporto del 20% sul capitale sociale. Vediamo questo esempio. Una Srl a capitale ridotto ha un capitale di euro 9.000. Nel primo esercizio viene conseguito un utile pari a euro 5.000, il cui 20% va accantonato a riserva legale. In tal modo la riserva legale pari a 1.000 sommata ai 9.000 di capitale sociale raggiunge il tetto previsto dall’articolo 2463, comma 5, cod. civ.. Ma ciò non significa che nell’esercizio successivo l’utile sia interamente distribuibile, poiché la riserva legale non ha raggiunto il 20% del capitale sociale. Torna infatti in gioco l’accantonamento “ordinario” del 5% dell’utile di ciascun esercizio fino a quando la riserva legale non abbia raggiunto l’importo del 20% del capitale sociale, tornando al precedente esempio numerico euro 1.800.
Per le Srl semplificate di cui all’articolo 2463 bis cod. civ., lo scenario normativo con riferimento all’accantonamento dell’utile a riserva legale è quantomai dubbio: infatti questa società ha una innegabile autonomia rispetto alla Srl ordinaria che si manifesta in modo particolare in sede costitutiva, ma poi una volta costituita essa applica le regole della Srl ordinaria in base all’esplicito richiamo disposto dall’articolo 2463 bis, comma 6, cod. civ..
Tale richiamo potrebbe indurre a ritenere che l’accantonamento dell’utile a riserva legale debba avvenire con le regole di cui all’articolo 2430 cod. civ., cioè il 5% di ciascun esercizio fino a quando la riserva non abbia raggiunto il 20% del capitale sociale.
Ma la circostanza che sul piano del capitale sociale la Srls sia del tutto analoga a quella a capitale ridotto, induce autorevole dottrina (Studio Notariato n. 892/2013, pag.28) a ritenere preferibile l’applicazione dell’accantonamento accentuato di cui all’articolo 2463, comma 5, cod. civ., cioè il 20% dell’utile fino a quando essa, insieme con il capitale sociale, non raggiunge la somma di euro 10.000.
Questa seconda tesi, forse è meno attenta al dato letterale ma risulta più convincente sul piano sistematico, oltre ad essere ispirata a principi di maggior prudenza.
Sul punto vale la pena ricordare, infatti, il tema della responsabilità degli amministratori, e cioè l’articolo 2627 cod. civ., che punisce con l’arresto fino ad un anno gli amministratori che ripartiscano utili destinati per legge a riserva o che ripartiscono riserve che non possono per legge essere distribuite.