Piano di risanamento o piano di liquidazione nella composizione negoziata?
di Francesca Dal PortoUna delle tematiche di maggior interesse in materia di composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa riguarda la conciliabilità dello strumento con la possibilità di proporre ai creditori un piano sostanzialmente liquidatorio.
Mentre è chiaramente affermato che il risanamento di un’impresa non necessariamente deve avvenire attraverso una prosecuzione dell’attività in continuità diretta ma anche attraverso una ipotesi di continuità indiretta, niente si dice circa la possibilità che il risanamento consista di fatto in una ipotesi di liquidazione delle attività.
In realtà, la lettura delle norme e dei regolamenti emanati parrebbe consentire tale più ampia interpretazione.
Più nel dettaglio, ci si riferisce ai criteri di calcolo del test pratico che deve misurare la difficoltà del risanamento, previsto nella Sez. I del D.M. 28.09.2021, adottato ai sensi dell’articolo 3 D.L. 118/2021.
Tale test, il cui risultato di fatto ha il compito di misurare la difficoltà del risanamento tramite il calcolo del numero di anni necessari al rimborso del debito dell’impresa, si ottiene rapportando l’importo del debito da ristrutturare ai flussi di cassa annuali a regime che si stima di poter mettere al servizio del rimborso del debito.
Al numeratore di tale rapporto si vede come l’entità del debito da ristrutturare possa essere determinata al netto di quanto realizzato attraverso la liquidazione di una serie di beni.
Tale fatto pare confermare la tesi secondo la quale è possibile teoricamente fondare il piano di ristrutturazione del debito anche su una serie di operazioni di liquidazione.
Tali operazioni possono riguardare singoli cespiti, rami di azienda, immobilizzazioni finanziarie, ecc..
Nel caso in cui il realizzo atteso da parte di tali cespiti sia significativo, lo stesso potrebbe contribuire a ridimensionare fortemente (fino ad abbattere totalmente) il debito da ristrutturare.
In questi casi il risultato rappresentato dal risanamento del debito non sarebbe ottenuto né con la continuazione diretta dell’attività né con la continuazione indiretta in capo ad altro soggetto ma con una vera e propria sistematica attività di dismissione delle componenti patrimoniali, ovvero una vera e propria attività di liquidazione.
Per contro ci si chiede, in questa estrema ipotesi in cui il piano preveda la liquidazione totale delle attività, quale sorte dovrebbe avere l’attività di impresa (durante le operazioni di liquidazione) e quale peso la stessa potrebbe avere sulla buona riuscita del piano liquidatorio: una cessazione repentina dell’attività potrebbe limitare fortemente la capacità di realizzo di molte componenti dell’attivo patrimoniale, a detrimento dei creditori. Si pensi al caso del realizzo di importanti giacenze di magazzino o del recupero di un grosso portafoglio di crediti commerciali.
Ma anche una continuazione dell’attività, se diseconomica, potrebbe danneggiare le ragioni dei creditori, contribuendo ad erodere il valore delle componenti patrimoniali.
In questo caso, di fatto, se la gestione non è in grado di assicurare un risultato economico positivo, la stessa dovrebbe essere finanziata con le risorse patrimoniali destinate ai creditori e che, quindi, rispetto al momento di avvio della composizione negoziata sarebbero destinate ad essere inesorabilmente erose.
Quindi, se teoricamente la ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa può essere ottenuta sia attraverso una prosecuzione della sua attività in “continuità diretta” o “indiretta”, sia attraverso la soddisfazione dei creditori con i proventi derivati dalla liquidazione delle attività, ben più difficile è determinare i confini e le circostanze entro le quali una tale ipotesi può svilupparsi, nell’ambito della composizione negoziata.
In questo caso il piano di risanamento sarà a tutti gli effetti un piano di liquidazione, e l’impresa, coadiuvata dall’esperto, avrà l’onere di illustrare ai creditori i vantaggi derivanti dal portare avanti una operazione di liquidazione, all’interno della composizione negoziata, piuttosto che attraverso altri strumenti previsti dal legislatore.
In particolare, si potrà far leva sulla snellezza e relativa economicità dello strumento della composizione, rispetto ad altri strumenti di regolazione della crisi, e sulla possibilità che lo stesso offre di trovare accordi con i creditori, che consentano stralci e riscadenzamenti dei debiti.