L’inosservanza degli obblighi informativi al test della Corte di Cassazione
di Gianfranco AnticoCome è noto, il comma 2 dell’articolo 12 L. 212/2000 riconosce al contribuente il diritto di essere informato, già al momento dell’accesso, dell’oggetto della verifica.
Cioè la “porzione” del complesso degli atti o delle operazioni di gestione su cui verte l’attività ispettiva, l’arco temporale cui la stessa si riferisce e i tributi presi in considerazione; diritto d’informazione che deve considerarsi esteso a tutti i diversi momenti dell’ispezione (proroga, sospensione, ecc.).
Un’interpretazione sistematica della previsione in parola ha indotto la Guardia di Finanza, nella circolare 1/2018, ad affermare che il diritto del contribuente ad essere informato non deve comunque compromettere l’efficacia dell’intervento, fornendo anzitempo notizie circa le finalità investigative della verifica.
La GDF, tuttavia, nella stessa circolare 1/2018, ha ritenuto che l’esigenza di mantenere il massimo riserbo sull’attività di informativa e di intelligence non debba essere assicurata nel caso in cui si stia procedendo alla constatazione di violazioni fondate su dati e informazioni emersi nell’ambito di una pregressa attività di polizia giudiziaria e il cui utilizzo ai fini fiscali sia stato debitamente autorizzato dall’Autorità giudiziaria competente.
“Il Capo Pattuglia, il primo giorno dell’intervento, nel comunicare al contribuente lo scopo della visita, avrà cura di precisare e fare rilevare in atti se la verifica è d’iniziativa ovvero a richiesta, nonché di specificare altresì, in quest’ultimo caso e sempre che non ostino controindicazioni sul piano della riservatezza, l’Organo richiedente e – ancora se possibile e non configgente con il segreto d’ufficio – il criterio selettivo adottato nel caso specifico ovvero la tipologia di attivazione del servizio”.
In sede giurisprudenziale, la Corte di Cassazione – dopo aver ribadito con la sentenza n. 8273 del 26.05.2003 che in materia tributaria non vige il principio, presente invece nel codice di procedura penale, secondo cui è inutilizzabile la prova acquisita irritualmente, e pertanto gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso, salvo la verifica della attendibilità, in considerazione della natura e del contenuto dei documenti stessi, e dei limiti di utilizzabilità derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico – ha affermato (sentenza n. 16416 del 18.06.2008) che l’oggetto dell’accesso, ispezione o verifica disposto dall’Amministrazione finanziaria non osta alla raccolta e successivo utilizzo, in tale contesto, di dati ed elementi probatori ulteriori e diversi, essendo pacifico che “ove nel corso di un accesso legittimamente disposto emergano elementi diversi rispetto all’oggetto originario dell’accesso stesso, tali ulteriori elementi sono legittimamente utilizzabili”
Principi sostanzialmente confermati successivamente, dai giudici di Piazza Cavour, con la sentenza n. 992 del 21.01.2015: l’inosservanza degli obblighi informativi circa l’oggetto della verifica fiscale non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento, in quanto tali obblighi non sono previsti a pena di nullità, vigendo anche in materia tributaria la regola generale della tassatività delle nullità e, inoltre, non costituiscono una formalità essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto impositivo è teso.
“È vero che accanto a ipotesi in cui singole norme prevedono esplicitamente una tale evenienza, si ammette che l’effetto invalidante si produca egualmente se un atto o una procedura siano intrinsecamente inidonei, per difetto di un loro requisito o elemento essenziale, a realizzare la funzione che sia ad essi commessa dall’ordinamento. In tale caso occorre, però, distinguere tra la violazione di legge che comporta la mera irregolarità dell’atto (o della procedura) e quella che ha come conseguenza, invece, l’invalidità dello stesso. Distinzione affidata all’applicazione del criterio della “strumentante della forma”, che comporta la nullità dell’atto solo quando la trasgressione di una prescrizione si riferisce ad una formalità o circostanza essenziale” (Corte di Cassazione, n. 5518/2013).
Ancora la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26321 del 16.12.2009, è ritornata sulla questione.
Nel caso di specie, si legge nella sentenza, la Commissione di appello ha fondato “la sua decisione sulla premessa che, a fronte di una verifica individuata nell’incarico di accesso, finalizzata al controllo del raffronto fra i prezzi praticati a terzi e alle società consociate, degli interessi passivi per finanziamenti infragruppo e per perdite su crediti, gli impiegati dell’Amministrazione avrebbero illegittimamente, senza alcuna autorizzazione del loro capo, cambiato ed ampliato l’oggetto della verifica contestando presunte vendite sottocosto con omessa contabilizzazione di ricavi. Il cambiamento e/o ampliamento dell’oggetto della verifica sarebbe stato quindi determinato – questa sembra essere la tesi del giudice d’appello – dalla contestazione delle vendite sottocosto, le quali non sarebbero affatto rientrate nell’oggetto della verifica così come originariamente autorizzata”.
Tali considerazioni tornano utile alla Suprema Corte per affermare che le informazioni ed i dati raccolti nel corso di una verifica, coerentemente, devono essere tenuti ben distinti dall’oggetto della verifica stessa.
E ciò, in quanto le risultanze di una verifica vanno ben oltre il suo ambito oggettivo, “che ne costituisce solo la piattaforma strumentale, dirette, come sono, a determinare complessivamente la capacità contributiva del soggetto verifica nonché a ricercare e reprimere le violazioni alle norme tributarie e finanziarie eventualmente commesse”.
Resta fermo – Corte di Cassazione, n. 1299/2019 – che l’inosservanza degli obblighi informativi di cui all’articolo 12, comma 2, L. 212/2000, peraltro non sussistente nel caso di specie, essendo stato indicato nel provvedimento autorizzativo all’accesso che si trattava di una verifica sostanziale a carattere generale, assolvendo così l’onere informativo, non determina la nullità degli atti del procedimento accertativo, atteso che ciò non è espressamente previsto dalla norma.
E ancora in questi giorni – Corte di Cassazione, ordinanza n. 5427 del 21.02.2023 – gli Ermellini hanno fatto sentire la loro voce: “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto ad accertamenti fiscali, l’Amministrazione finanziaria non ha l’onere di comunicare preventivamente l’oggetto della verifica, atteso che nel procedimento tributario un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a pena d’invalidità dell’atto non sussiste al momento della raccolta delle informazioni e degli elementi di prova, ma solo, eventualmente e ove espressamente sancito, in una fase successiva, quando l’Amministrazione intenda adottare nei confronti di un contribuente, sulla base dei dati raccolti, un atto potenzialmente lesivo“.