Ammessa la remissione in bonis anche per i tributi locali
di Francesca BeniniLa Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Veneto – sez. staccata Verona, con la sentenza n. 330/02/2023 del 20.03.2023, si è espressa in merito alla possibilità di applicare l’istituto della remissione in bonis ai tributi locali.
In particolare, i giudici si sono pronunciati in relazione ad un avviso di accertamento con il quale un Comune aveva disconosciuto il regime agevolativo Imu previsto per gli immobili merce dal momento che non era stata presentata da parte del contribuente alcuna valida dichiarazione entro il termine ordinario.
Il contribuente, da parte sua, aveva contestato la legittimità di tale avviso di accertamento, sostenendo che la violazione era stata sanata avvalendosi dell’istituto della remissione in bonis, ossia trasmettendo una valida dichiarazione Imu entro il termine di presentazione immediatamente successivo.
Il Comune aveva insistito in merito alla fondatezza dell’atto impositivo, affermando che l’istituto della remissione in bonis non può trovare applicazione nel caso in cui la violazione attenga i tributi locali.
La tesi del Comune, tuttavia, non è stata condivisa da parte della Corte di Giustizia con la sentenza oggetto di esame.
In primo luogo, i giudici hanno ricordato che l’istituto della “remissione in bonis” è regolamentato dall’articolo 2, comma 1, D.L. 16/2012 che prevede che “la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’adempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:
- abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
- effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
- versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista”.
Sulla base della citata disposizione normativa, i giudici di secondo grado hanno affermato che l’istituto della remissione in bonis “opera in favore di tutti i contribuenti e per tutte le tipologie di tributi periodici, a prescindere da ogni considerazione in merito al comportamento tenuto dagli interessati in precedenza, in quanto non occorre verificare la sussistenza ab origine della volontà espressa dal contribuente di fruire «di benefici di natura fiscale» o di accedere «a regimi fiscali opzionali». Ne consegue che possono accedervi anche coloro che hanno perso, per le più svariate ragioni, il termine utile, purché l’adempimento della comunicazione sia presentata «entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile», e sempre in assenza di attività di accertamento di cui il contribuente abbia avuto notizia”.
In particolare, i giudici hanno affermato che l’istituto della remissione in bonis si rivolge genericamente ai “benefici di natura fiscale”, senza prevedere alcuna espressa limitazione alle sole imposte erariali.
Invero, secondo i giudici, la remissione in bonis è un istituto che riguarda, all’evidenza, i tributi periodici, in quanto l’omissione va sanata entro il termine per la “prima dichiarazione utile”. Tale limitazione, tuttavia, secondo la tesi della Corte di Giustizia, non consente di escludere l’Imu dal campo di applicazione dell’istituto in commento.
L’Imu, infatti, per costante giurisprudenza, rientra nella categoria dei tributi periodici: se il contribuente, per diversi anni, omette la dichiarazione, risponde di tante sanzioni quanti sono gli anni interessati dall’omissione, anche se la dichiarazione va presentata, tendenzialmente, una sola volta.
Secondariamente, la Corte di Giustizia ha rilevato che l’istituto della remissione in bonis deve essere qualificato come una “specifica forma di ravvedimento operoso e non un istituto applicabile una tantum con riferimento a un ambito temporale predefinito (come sono le discipline di condono)”.
A questo riguardo, i giudici hanno osservato che non può essere accolta l’obiezione secondo la quale l’istituto della remissione in bonis non debba trovare applicazione con riferimento ai tributi locali dal momento che l’articolo 2, comma 1, D.L. 16/2012 richiama una sanzione del D.Lgs. 471/1997 (articolo 11), ossia una sanzione disciplinata dal decreto relativo alle sanzioni in materia di imposte erariali.
Secondo i giudici di secondo grado, infatti, l’articolo 11 D.Lgs. 471/1997 sanziona ogni omessa comunicazione prevista dalla legge fiscale senza distinzione di tributo.
La citata sanzione, inoltre, secondo i giudici, si applica sicuramente ai tributi locali dal momento che l’articolo 16 D.Lgs. 473/1997 sancisce espressamente che “alle violazioni delle norme in materia di tributi locali si applica la disciplina generale sulle sanzioni amministrative per la violazione delle norme tributarie”.
Ciò comporta che tutte le sanzioni previste dal D.Lgs. n. 471/1997 si applicano anche ai tributi locali.