Rimborso del costo della fideiussione per tutti i tipi di garanzie richieste
di Gianfranco AnticoL’articolo 8, comma 4, L. 212/2000, che impone all’Amministrazione finanziaria di rimborsare il costo delle garanzie fideiussorie richieste dal contribuente per ottenere il rimborso dei tributi, comprende i costi di tutti i tipi di garanzie, sia in relazione a rimborsi derivanti da attività di accertamento sia a rimborsi scaturenti dalla dichiarazione annuale Iva, poiché l’espressione “ha dovuto richiedere” si deve intendere non nel senso dell’esistenza di un ipotetico obbligo normativo in tal senso, bensì con riferimento alla necessità, intesa come onere, della richiesta della garanzia in rapporto allo scopo perseguito.
È questo sostanzialmente il principio che si ricava dalla lettura dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 9743 del 13.04.2023.
Il fatto oggetto dell’intervento degli Ermellini trae origine da un contenzioso istaurato al fine di ottenere la restituzione degli oneri sostenuti per le fideiussioni presentate ex articolo 38 bis, comma 1, D.P.R. 633/1972, in ordine al rimborso del credito maturato nei quattro trimestri dell’anno di imposta 2008, richiesto con istanze trimestrali e con la dichiarazione annuale Iva.
Tanto il giudice di prime cure quanto quello di appello condividevano l’operato dell’Amministrazione finanziaria, secondo la quale il diritto al rimborso dei costi delle fideiussioni sussiste solo nei casi di garanzie prestate dal contribuente nell’ambito dell’attività di accertamento e non anche in caso di richiesta di rimborso Iva annuale esposto in dichiarazione ex articoli 30 e 38 bis D.P.R. 633/1972.
La Corte di Cassazione, richiamando una serie di precedenti, è di contrario avviso.
In particolare, con l’ordinanza n. 5508 del 28.02.2020, ha affermato che il diritto al rimborso dei costi relativi alla garanzia fideiussoria, chiesta dal contribuente per ottenere la sospensione, la rateizzazione o il rimborso dei tributi, ha portata generale ed è indipendente dalla fisionomia della controversia tributaria, stante l’esigenza ad essa sottesa di preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, in caso di infondatezza della pretesa impositiva o di legittimità della pretesa di rimborso di somme dovute.
Una diversa interpretazione frustrerebbe ciò, oltre a porsi in contrasto con il diritto UE, dove a fronte di una certa libertà quanto alla determinazione delle modalità di rimborso dell’eccedenza dell’Iva, non è possibile far sostenere alcun onere finanziario al soggetto passivo.
In precedenza, sempre la Corte di Cassazione – sentenza n. 16409 del 05.08.2015 – aveva già avuto occasione di affermare che l’articolo 8, comma 4, L. 212/2000, ha una portata estensiva, atteso che la necessità della garanzia va intesa come onere per ottenere la sospensione del pagamento di tributi o la rateizzazione o il rimborso.
Il pronunciamento odierno è pure in linea con quanto già sostenuto dai giudici di legittimità nella pronuncia n. 19751/2013, che hanno riconosciuto portata generale al diritto al rimborso dei costi per le polizze fideiussorie indipendentemente dalla fisionomia della controversia tributaria.
L’interpretazione letterale dell’articolo 8, comma 4, L.212/2000 – nella parte in cui viene previsto che il rimborso del costo della fideiussione va effettuato quando sia stato definitamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata e che quindi sarebbe limitato ai soli casi in cui vi sia stata attività accertatrice – non trova il conforto giurisprudenziale, che si allinea al diritto unionale, così neutralizzando, fra l’altro, la procedura d’infrazione (n.2013/4080) promossa dalla Commissione contro l’Italia per l’eccessiva onerosità delle condizioni previste ai fini del rimborso Iva dagli articoli 30 e 38-bis del D.P.R. 633/1972 nella formulazione allora vigente, ed a mente, “a cascata“, delle modifiche normative resesi necessarie per fronteggiare la messa in mora (Corte di Cassazione, ordinanza n. 29069 del 06.10.2022).
Né appare invocabile l’incompletezza normativa, per la mancanza del decreto attuativo previsto dal comma 6, dell’articolo 8 L. 212/2000, atteso che “la norma definisce in modo completo tutti gli elementi costitutivi del diritto di credito” (sentenza n. 19751 del 06.05.2013).
Peraltro, per i giudici di legittimità, la norma “opera anche con riferimento a rapporti giuridici formatisi in periodi d’imposta anteriori all’entrata in vigore della normativa” (sentenza n. 14024 del 17.06.2009).