30 Maggio 2023

Immobili “patrimonio” e assegnazione agevolata ai soci

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Gli immobili non strumentali (cd. “patrimonio”) detenuti dalle imprese possono essere oggetto di assegnazione agevolata a condizione che non siano utilizzati direttamente ed esclusivamente per lo svolgimento dell’attività d’impresa alla data in cui è effettuata l’operazione.

La Legge di Bilancio 2023, nel riproporre la possibilità di assegnare o cedere ai soci in via agevolata gli immobili entro il prossimo 30 settembre 2023, esclude dall’ambito applicativo solamente gli immobili strumentali per destinazione.

Gli immobili non strumentali (o patrimonio) concorrono alla formazione del reddito d’impresa secondo le risultanze catastali, con conseguente irrilevanza dei componenti positivi e negativi imputati nel conto economico (articolo 90 Tuir).

Le disposizioni normative che regolano la determinazione del reddito d’impresa suddividono gli immobili in tre categorie:

  • strumentali (articolo 43 Tuir), che a loro volta possono essere “per natura” (classificati nelle categorie A/10, B, C, D ed E), che mantengono la strumentalità anche se non utilizzati o concessi in locazione o comodato, o “per destinazione” (utilizzati direttamente ed esclusivamente per l’attività d’impresa, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza), che concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base alle risultanze contabili (deduzione dei costi, tassazione dei relativi proventi, scorporo del valore dell’area, ecc.);
  • merce, costituenti oggetto dell’attività d’impresa, che concorrono alla formazione del reddito d’impresa quale rimanenze finali, valorizzate secondo le disposizioni dell’articolo 92 Tuir (ovvero articolo 93 per le opere ultrannuali);
  • non strumentali (o “patrimonio”), individuati per esclusione in quanto non rientranti nelle precedenti categorie indicate. Si tratta di immobili di natura abitativa (altrimenti rientrano tra quelli strumentali per natura), non utilizzati direttamente per lo svolgimento dell’attività d’impresa, né oggetto proprio dell’attività d’impresa.

Per tali ultimi beni, l’articolo 90 Tuir prevede la concorrenza al reddito d’impresa del reddito fondiario (o catastale), con conseguente indeducibilità di tutti i costi afferenti tali immobili (salve le eccezioni oltre evidenziate), e non imponibilità di eventuali proventi derivanti dai beni in questione, quali ad esempio i canoni di locazione.

Operata tale sterilizzazione (con le relative variazioni nel modello Redditi), il reddito “fondiario” è determinato nel maggiore tra rendita catastale rivalutata del 5% ed il canone di locazione, eventualmente ridotto di un importo massimo del 15% a titolo di spese di manutenzione ordinarie effettivamente sostenute e documentate.

In merito a tale ultimo aspetto, la circolare 10/E/2006 ha precisato che le spese di manutenzione rilevanti per la riduzione del canone di locazione devono essere rimaste a carico del locatore (ipotesi poco frequente, poiché trattasi di spese contrattualmente a carico del locatario), e comunque entro il predetto limite del 15%.

Le spese di manutenzione ordinaria rilevanti al tal fine sono quelle rientranti nell’articolo 3, comma 1, lett. a), D.P.R. 380/2001, vale a dire quelle relative alle opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici, nonché quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti (sul punto, la circolare 57/E/1998 contiene un elenco esaustivo degli interventi edilizi che rientrano tra quelli di manutenzione ordinaria).

L’eventuale eccedenza delle spese di manutenzione ordinaria rispetto al “tetto” del 15% del canone di locazione non è deducibile, al pari degli altri costi, nemmeno negli esercizi successivi anche laddove nel corso di tali periodi le spese di manutenzione siano inferiori al predetto limite (circolare 10/E/2006).

Per quanto riguarda le altre spese, si segnala che la Norma AIDC n. 156 distingue le stesse in due categorie:

  • costi dei quali si tiene conto nella determinazione degli estimi catastali, e come tali indeducibili in quanto ricompresi già nella rendita catastale, tra cui rientrano le spese di riparazione e manutenzione (salvo quanto detto in precedenza), spese di custodia e portineria degli stabili, nonché spese per la gestione e l’amministrazione dell’immobile;
  • costi non direttamente collegati all’immobile, e quindi interamente deducibili, ricomprendendo in tale ambito le spese per il personale addetto alla contabilità, le spese di gestione societaria e più in generale tutte le spese generali.