Motivazione contraddittoria: avviso illegittimo
di Arianna SemeraroCon ordinanza n. 13620 del 17 maggio, la Corte di Cassazione è tornata a ribadire che l’avviso di accertamento deve essere sorretto da una motivazione coerente.
Nel dettaglio, ancorché sia possibile fondare l’atto su diverse ragioni, tra loro concorrenti, è necessario che queste siano tra loro coerenti ed omogenee e non siano tali da divergere e rappresentare circostanze contrapposte.
Parimenti, non può essere ammessa una motivazione “di riserva” tale per cui debba essere presa in considerazione qualora la motivazione principale esposta nell’atto non risulti condivisibile e sufficiente a surrogare la pretesa fiscale.
Queste le conclusioni evidenziate nella sentenza in commento con la quale gli Ermellini condannano l’atteggiamento posto in essere dall’Agenzia dell’entrate concretizzatosi in motivazioni distinte e tra loro inconciliabili tali da rendere la motivazione dell’atto contraddittoria.
È bene evidenziare come la Suprema Corte non ripudi tout court un avviso di accertamento fondato su diverse e concorrenti motivazioni; tuttavia, è necessario che queste siano utilizzate nell’ottica di una complessiva connotazione della condotta del contribuente posta a monte della pretesa.
In altre parole, il ricorso ad una pluralità di ragioni non deve contrastare con l’esigenza di rispettare il vincolo funzionale della motivazione coincidente con la salvaguardia delle garanzie di ragionevolezza, imparzialità e proporzionalità dell’azione dell’Amministrazione che deve essere sempre improntata a esigenze di razionalità e non arbitrarietà del potere discrezionale.
In particolare i giudici affermano che: “Questa Corte, in proposito, ha più volte evidenziato che l’avviso di accertamento non può essere supportato da motivazione contraddittoria, poiché in tal caso esso non consente al contribuente di avere certezza degli elementi fondanti le ragioni della pretesa; e ha specificato che tale vizio si configura anche laddove vengano indicate ragioni concorrenti ma contraddistinte da assoluta eterogeneità e, come tali, inidonee a fungere da complessivo presupposto della pretese“.
La motivazione dell’atto, inoltre, è strumentale alla comprensione del percorso decisionale dell’autorità, ai fini della impugnazione dell’atto stesso.
A tal proposito, l’ordinanza in argomento ha ricordato che: “è stato così chiaramente affermato che l’avviso di accertamento è affetto da nullità laddove sia fondato su motivi d’imposizione distinti ed inconciliabili, in quanto, rispondendo la motivazione alla duplice esigenza di rispettare i principi d’informazione e collaborazione, già fissati dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, specificamente in materia fiscale, dall’articolo 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, non è legittimo l’intento dell’Amministrazione di formulare una motivazione contraddittoria con funzione di “riserva“, sia perché la pretesa impositiva per essere conforme a legge può basarsi su elementi concorrenti, ma non su presupposti fattuali contrastanti, sia perché l’alternatività delle ragioni giustificatrici della pretesa, lasciando l’Amministrazione arbitra di scegliere nel corso della procedura contenziosa, quella che più le convenga secondo le circostanze, espone la controparte ad un esercizio difensivo difficile o talora impossibile“.
Un simil atteggiamento arbitrario da parte dell’amministrazione finanziario volto a sfoderare tutti gli strumenti difensivi ipoteticamente applicabili in sede di contenzioso sarebbe pretenzioso oltre che del tutto scorretto nei confronti del contribuente che si troverebbe dinanzi ad una pluralità indefinita di scenari gli uni contrapposti agli altri.
Garantire un preciso ambito di definizione della fattispecie contestata consente al contribuente di ben comprendere gli elementi in fatto e in diretto della stessa e di adoperarsi affinché questi possa addurre la migliore strategia difensiva nell’ottica di giustificare e motivare a sua volta l’eventuale illegittimità della pretesa stessa.
D’altronde la motivazione dell’atto impugnato è l’unico parametro che il giudice deve e può utilizzare per sindacarne la legittimità; consentire una diversa declinazione della stessa avrebbe la diretta conseguenza di sottoporre al giudice differenti parametri valutativi affinché sia sostanzialmente lo stesso a individuare quello più consono a sorreggere la pretesa fiscale.
È evidente come un simile approccio finirebbe per violare il diritto di difesa del contribuente, diritto garantito e tutelato dalla costituzione e come tale inviolabile e ad oggi preservato dalla motivazione dell’atto medesima che – ha ricordato la Suprema corte- risponde alla duplice esigenza di:
- rispettare i principi d’informazione e collaborazione;
- garantire il pieno esercizio del diritto di difesa.
Ne discende l’illegittimità dell’intento dell’Amministrazione di formulare una motivazione contraddittoria, con funzione di “riserva“.