I riflessi fiscali delle operazioni in valuta estera
di Stefano RossettiI costi e ricavi in valuta estera devono essere rilevati in bilancio, ai sensi dell’articolo 2425-bis, comma 2, cod. civ., al cambio della data nella quale la relativa operazione è compiuta.
Quindi il cambio da utilizzare è quello della data in cui:
- i rischi e i benefici vengono trasferiti, in caso di cessione di beni mobili;
- viene stipulato l’atto, in caso di cessione di beni immobili;
- la prestazione è conclusa, in caso di servizi.
Se il relativo credito/debito verrà chiuso nell’ambito del medesimo esercizio, l’impresa dovrà, a seconda dei casi, iscrivere un utile o una perdita su cambi che si può definire da “realizzo”.
In casi come questo, la componente reddituale derivante dall’oscillazione del cambio diviene certa, in quanto la contropartita è rappresentata da un’effettiva entrata/uscita monetaria.
Si pensi al caso di un’impresa che, in data 31 maggio, effettua una vendita di beni negli Stati Uniti per 10.000 dollari. Il cambio alla data dell’operazione è di 1,30, mentre alla data dell’incasso, 30 settembre, è di 1,28.
Alla data dell’operazione l’impresa italiana dovrà iscrivere un ricavo da vendita di beni con contropartita un credito verso clienti per 7.692,30 euro (10.000 / 1,30).
Alla data del 30 settembre, il cliente estero esegue il bonifico pari a 10.000 dollari che equivalgono a 7.812,50 euro.
Di conseguenza, l’impresa italiana andrà a chiudere il credito verso clienti con l’entrata di banca e l’eccedenza, pari a 120,20 euro, rappresenterà un utile su cambi realizzato.
Nella diversa ipotesi in cui il cambio dovesse essere sfavorevole, l’impresa andrà a rilevare una perdita su cambi.
Sotto il profilo fiscale, gli elementi reddituali derivanti dal realizzo di crediti e debiti denominati in valuta estera sono riconosciuti, ne consegue che nessuna variazione deve essere effettuata in sede predisposizione della dichiarazione fiscale.
Nell’ipotesi in cui, invece, la movimentazione finanziaria dovesse avvenire nell’esercizio successivo, l’articolo 2426, comma 1, n. 8-bis, cod. civ., dispone che:
- il credito o il debito in valuta deve essere valutato secondo il cambio che si determina alla data di chiusura dell’esercizio;
- i conseguenti utili o perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l’eventuale utile netto è accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo.
In merito a quest’ultimo punto, si sottolinea come il principio della prudenza (declinato come divieto di distribuzione di utili non realizzati), impone all’impresa di accantonare gli eventuali utili derivanti dall’oscillazione del cambio in una riserva non distribuibile.
Infatti, trattandosi utile di origine valutativa, non può essere distribuito ai soci, in quanto non effettivamente conseguito.
Sul punto il principio contabile OIC, n. 26 ha specificato che:
- l’importo dell’eventuale utile netto concorre alla formazione del risultato d’esercizio per poi essere accantonato, in sede di destinazione dell’utile d’esercizio, in un’apposita riserva non distribuibile denominata “Riserva utili su cambi”;
- qualora il risultato netto dell’esercizio sia inferiore all’utile netto non realizzato sulle poste in valuta, l’importo iscritto nella riserva non distribuibile è pari al risultato economico dell’esercizio.
Riprendendo i dati dell’esempio precedente, si consideri che:
- in data 31 maggio il cambio sia di 1,30;
- in data 31 dicembre il cambio sia 1,28;
- in data 3 gennaio dell’anno successivo il cambio sia di 1,25.
Come visto in precedenza all’atto dell’iscrizione il credito assume un valore di 7.692,30 euro (10.000/1,30).
Alla data del 31 dicembre, data di chiusura dell’esercizio, il credito viene valutato in misura pari a 7.812,50 euro (10.000 / 1,28).
Di conseguenza viene iscritto nel conto economico un utile su cambi da valutazione per 120,20 euro (7.812,50 – 7.692,30); tale utile, come sopra visto, dovrà essere accantonato ad una riserva non distribuibile.
Il 3 gennaio dell’anno successivo il cliente estero esegue il bonifico pari a 10.000 dollari che equivalgono a 8.000 euro (10.000 / 1,25); di conseguenza l’impresa italiana realizza un utile su cambi per un importo pari a 187,50 euro.
La riserva non distribuibile per 120,20 euro può essere liberata.
Sotto l’aspetto fiscale queste operazioni sono disciplinate dall’articolo 110, comma 3, Tuir, secondo cui le “la valutazione secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio dei crediti e debiti in valuta, anche sotto forma di obbligazioni, di titoli cui si applica la disciplina delle obbligazioni ai sensi del codice civile o di altre leggi o di titoli assimilati, non assume rilevanza”.
Secondo quanto sopra, dunque, l’impresa dovrà effettuare:
- nel periodo d’imposta in cui il credito viene valutato al cambio di fine esercizio, una variazione in diminuzione di 120,20 euro. La variazione deve essere indicata nel rigo RF28 del modello RedditiSC;
- nel periodo d’imposta del realizzo, una variazione in aumento di 120,20 al fine di tassare l’utile su cambi divenuto definitivo. Nessuna variazione è necessaria in relazione ai 187,50 euro in quanto sono già imputati al conto economico. La variazione deve essere indicata nel rigo RF45 del modello RedditiSC.
Nella diversa ipotesi in cui emergano delle perdite su cambi, il ragionamento rimane sempre il medesimo la perdita da valutazione dovrà essere resa deducibile mediante una variazione in aumento, la quale diverrà deducibile solo nel periodo d’imposta del realizzo.