Il valore della lite è al netto del provvedimento di autotutela formalizzato
di Gianfranco AnticoLa definizione agevolata, disciplinata nei commi da 186 a 205, dell’articolo 1 L. 197/2022, permette di definire le controversie, attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti – alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023, ossia al 1° gennaio 2023 – in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e quello instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un determinato importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio.
Il Provvedimento prot. n. 30294 del 01.02.2023 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello per la presentazione telematica della domanda di adesione alla definizione agevolata delle liti pendenti, reso disponibile sul sito internet dell’Agenzia delle entrate, unitamente alle relative istruzioni, fornendo le indicazioni per la determinazione degli importi dovuti.
Possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi.
Non sono definibili, per la mancanza di importi da versare da parte del contribuente, le controversie in materia di dinieghi espressi o taciti di rimborso o di spettanza di agevolazioni e, comunque, quelle di valore indeterminabile.
Come abbiamo visto, il costo della chiusura è ancorato al valore della controversia e diversificato in relazione allo stato del giudizio:
- 100%, qualora, alla data del 1° gennaio 2023, il ricorso in primo grado sia stato notificato all’Agenzia delle entrate, ma non ancora depositato in Corte di giustizia tributaria provinciale;
- 90%, in caso di ricorso pendente in primo grado, per il quale il contribuente si sia costituito in giudizio alla data del 1° gennaio 2023, ma non abbia ancora ottenuto, alla stessa data, una decisione giurisdizionale non cautelare;
- 40%, nell’ipotesi in cui l’Agenzia delle entrate sia risultata soccombente nella pronuncia di primo grado;
- 15%, nell’ipotesi in cui l’Agenzia delle entrate sia risultata soccombente nella pronuncia di secondo grado;
- 5%, nel caso in cui la controversia sia pendente innanzi alla Corte di cassazione e l’Agenzia delle entrate sia risultata integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio.
Atteso che, con riferimento all’istituto della mediazione, il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di 90 giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura e che il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla scadenza del predetto termine di 90 giorni, qualora alla data del 31 dicembre 2022 risulti depositato il ricorso per il quale siano ancora pendenti i termini per concludere il procedimento di mediazione, lo stesso deve considerarsi improcedibile, quindi non valorizzabile processualmente.
Pertanto, nell’ipotesi considerata, il contribuente può definire la lite attraverso il pagamento di un importo pari al valore della controversia (così la circolare 6/E/2023).
Come precisato dalla circolare 2/E/2023, sulla falsariga dei chiarimenti forniti dalla circolare 6/E/2019, in relazione alla vecchia definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, introdotta dall’articolo 6 D.L. 119/2018, conv. con modif. dalla L. 136/2018, ai fini della determinazione dell’effettivo valore della controversia, vanno comunque esclusi gli importi di cui all’atto impugnato che eventualmente non formano oggetto della materia del contendere, come avviene, in particolare, in caso di parziale annullamento dell’atto a seguito di esercizio del potere di autotutela da parte dell’ufficio, formalizzato tramite l’emissione di apposito provvedimento.
Ciò sta a significare che un provvedimento di autotutela adottato nel rispetto dell’articolo 2 D.M. 37/1997, recante le norme relative all’esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria (errore di persona; evidente errore logico o di calcolo; errore sul presupposto dell’imposta; doppia imposizione; mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti; mancanza di documentazione successivamente presentata, non oltre i termini di decadenza; sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati; errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione), prima della data di presentazione della domanda, abbassa il valore della lite, posto che l’eventuale illegittimità è ab origine.