Cessione di fabbricati da demolire: trattamento ai fini delle imposte dirette
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariNell’ambito dei redditi diversi, di cui all’articolo 67, comma 1, lett. b), Tuir, vi sono due fattispecie che riguardano la cessione di beni immobili da parte delle persone fisiche.
In particolare, è necessario distinguere tra:
- cessione di immobili acquistati o costruiti da meno di cinque anni (esclusi quelli acquisiti per successione e quelli che per la maggior parte del periodo di possesso sono stati utilizzati come abitazione principale da parte del possessore o dei suoi familiari);
- cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.
Come si desume dalla norma, mentre la cessione di immobili assume rilievo ai fini fiscali sono se sono intercorsi meno di cinque anni tra l’acquisto (o la costruzione) e la vendita (in tale arco temporale si presume sussista l’intento speculativo), la cessione di terreni edificabili integra in ogni caso una fattispecie fiscalmente rilevante, e ciò a prescindere dal periodo di possesso e dalle modalità di acquisto del bene (diretto o per successione).
È del tutto evidente che assume particolare rilievo, ai fini della tassazione delle plusvalenze, distinguere tra un immobile ed un terreno edificabile, ricordando che un terreno deve considerarsi tale se sussiste un piano regolatore adottato dal Comune che lo qualifica come edificabile (articolo 36, D.L. 223/2006 che ha inserito una norma di carattere interpretativo applicabile a tutti i settori impositivi).
Il punto di partenza con il quale si è innestato il problema della corretta qualificazione dell’oggetto della cessione (fabbricato o area edificabile) si è posto con la risoluzione 395/E/2008, con la quale l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la cessione a titolo oneroso di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero, già approvato dal Comune in via definitiva, è riconducibile alla fattispecie della cessione di area edificabile (e non di fabbricato) e come tale rilevante quale reddito diverso a prescindere dal periodo di possesso da parte del cedente.
Come si legge nella circolare 23/E/2020, la posizione interpretativa dell’Agenzia si basa sulla considerazione che se i fabbricati ceduti ricadono in un piano di recupero, da cui discende la possibilità di successiva edificazione incrementando le cubature esistenti, l’oggetto della compravendita non può considerarsi il fabbricato bensì l’area su cui insiste lo stesso, riqualificata in base alla potenzialità edificatoria in corso di definizione.
La chiave di lettura fornita dall’Amministrazione finanziaria con il documento di prassi citato è stata poi applicata ed estesa anche ad altre casistiche, con particolare riguardo alle cessioni dei fabbricati da demolire.
Ne è conseguita una presa di posizione in base alla quale, ai fini delle imposte dirette, le fattispecie di cessioni immobiliari devono essere valutate ed inquadrate in base alle effettive pattuizioni contrattuali ed agli elementi di fatto, e non solamente dal nomen iuris indicato dalle parti nell’atto.
Assumono particolare rilievo a questi fini, ad esempio, i seguenti elementi: l’avvenuto rilascio di permessi di demolizione e/o di ricostruzione, l’esistenza di un piano di recupero o di riqualificazione dell’area si cui sorge il fabbricato ed il prezzo di cessione del fabbricato ben superiore rispetto al valore effettivo ed in linea con il valore di mercato dell’area sottostante.
Applicando di volta in volta gli elementi indicati in precedenza, l’Amministrazione finanziaria ha più volte riqualificato l’atto di cessione di fabbricato in cessione di area edificabile, con conseguente tassazione della plusvalenza in capo al cedente a prescindere dal periodo di possesso in quanto, come visto in precedenza, per tali beni sussiste in ogni caso l’intento speculativo anche se sono trascorsi più di cinque anni dall’acquisto.
A differenza dell’Agenzia delle entrate, in giurisprudenza si è formato un indirizzo orientato sul dato concreto, ossia sulla circostanza che se l’oggetto della cessione è un fabbricato che insiste sul terreno, non è possibile riqualificare l’oggetto del trasferimento in area edificabile e quindi far venir meno il periodo di possesso quale elemento dirimente per la rilevanza fiscale della plusvalenza.
In più occasioni, la Corte di Cassazione (si vedano, ad esempio, le sentenze n. 22409 del 06.09.2019 e n. 16718 del 21.06.2019) ha stabilito che non è possibile estendere alle aree già edificate il regime fiscale proprio delle aree edificabili, anche laddove il terreno, a seguito della demolizione, assuma una maggiore potenzialità edificatoria.
A seguito dell’ormai consolidato pensiero della giurisprudenza, l’Agenzia delle entrate con la citata circolare 23/E/2020 ha dovuto rivedere definitivamente la propria posizione rispetto a quella assunta nel 2008.
In particolare, l’Agenzia ha accettato integralmente il pensiero della Corte di Cassazione, con la conseguenza che se l’oggetto del trasferimento è un fabbricato, il trasferimento stesso non può mai essere riqualificato in cessione di un’area edificabile, nemmeno quando l’edificio stesso risulta destinato alla demolizione e ricostruzione, oppure quando lo stesso non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste.