La derivazione rafforzata e i fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio
di Stefano ChirichignoQuali sono i “fatti nuovi” di cui si viene a conoscenza, dopo la chiusura dell’esercizio ma prima dell’approvazione del bilancio, che devono essere da questo recepiti negli schemi di bilancio (e non solo in Nota Integrativo) con effetti (positivi o negativi a seconda dei casi) sul Conto economico? E in che misura tali “fatti nuovi” sono forieri di “timing difference” ai fini impositivi?
In attesa che la riforma fiscale veda la luce (la vedrà?) e completi – secondo le chiare indicazioni del Legislatore delegante – la lunga marcia di avvicinamento temporale tra utile (ante imposte) e base imponibile Ires, merita interrogarsi sulla possibilità di soluzioni interpretative sistematicamente coerenti, tendenti a evitare che un momento delicato dell’iter di redazione del bilancio d’esercizio, qual è quello della valutazione sul se e come recepire eventi successivi alla chiusura dell’esercizio, possa essere reso ancor più complicato dal dover tener conto delle asimmetrie temporali che si annidano tra regole e regolette di determinazione della base imponibile.
Premessa
Partiamo da un caso paradigmatico per entrare subito in medias res: quando ormai i giochi sembrano fatti, essendo stato già convocato il CdA per l’approvazione del progetto di bilancio, viene pubblicata una sentenza con esiti differenti dalle previsioni fatte (magari rimaste immutate per anni); tale sentenza non è definitiva (e non si può quindi a stretto rigore parlare di definizione di una causa legale) e vi sono argomenti per impugnarla da ambo le parti.
Eppure, si impone al CdA una valutazione inerente alla possibilità (ed eventualmente anche alle modalità) di recepimento degli effetti e quindi, in sostanza, si chiede di rimettere mano al bilancio.
Se in questo quadro già problematico si aggiunge il dubbio che occorrerà gestire un “doppio binario” (di cui nessuno sentiva la mancanza) è fin troppo chiaro che il rischio di sottostima di tali situazioni è ancor più evidente. Va sottolineato che il tema del doppio binario non si pone solo nel caso in cui la sentenza evidenzi un possibile esito peggiore delle aspettative, ma anche quando l’esito sia positivo (o più positivo del previsto) ma i dubbi sulla “tenuta” del risultato nei successivi gradi di giudizio, o le concrete prospettive che proprio tale sentenza possa costituire la base per un accordo transattivo (evidentemente per importo ridotto) inducono a correttivi (genericamente, potremmo dire, svalutazioni o accantonamenti) di incerto riconoscimento fiscale.
Orbene, il rapporto tra il principio di derivazione rafforzata e le regole di contabilizzazione dei fatti intervenuti tra la chiusura dell’esercizio e l’approvazione del bilancio ai sensi del nuovo Oic 29 è un argomento su cui dalla dottrina sono state sollevate questioni interpretative, per le quali sono state poi prospettate soluzioni affatto univoche, unitamente a qualche presa di posizione dell’Agenzia delle entrate.
Procediamo con ordine, esaminando cosa ci dicono al riguardo prima il codice civile e poi i Principi contabili.
Il quadro normativo
Il codice civile all’articolo 2423-bis, comma 1, n. 3) e 4), dispone che nella redazione del bilancio deve tenersi conto anche dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento, nonché dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio anche se conosciuti dopo la chiusura ma, ovviamente, prima della data di formazione del bilancio da parte dell’organo amministrativo.
Dal tenore letterale della norma citata emerge che la precisazione relativa alla rilevanza dei fatti di cui si viene a conoscenza successivamente alla chiusura dell’esercizio, si riferisce solo agli accadimenti da cui traggono origine “oneri” o “rischi” e non anche a quelli da cui emergono componenti economici positivi (come nella fattispecie in esame). Secondo un autorevole indirizzo dottrinario , tale differente formulazione della norma sarebbe il frutto del coordinamento del principio di competenza con quello di prudenza. In altre parole, l’eventuale conoscenza di elementi sopravvenuti dopo la chiusura dell’esercizio determinerebbe l’obbligo di rilevazione soltanto se pregiudizievoli per la società. Ciò, peraltro, in aderenza al criterio che, anche al fine di garantire la veridicità della rappresentazione in bilancio, impone di rilevare gli utili sicuramente conseguiti, rinviando agli esercizi successivi quelli che, sia pure sulla base di valutazioni del tutto ragionevoli, siano solo attesi o stimati.
Aderendo a tale orientamento, dunque, ne deriverebbe che gli eventi positivi non certamente realizzati non debbano essere rilevati qualora divengano noti successivamente alla chiusura dell’esercizio. Sotto tale aspetto, non può tuttavia sottacersi l’esistenza di un assai più risalente e differente (e parimenti autorevole) orientamento dottrinario.
Tale orientamento, superando il dato testuale del n. 4 dell’articolo 2423-bis, estende l’ambito applicativo dello stesso anche ai proventi, richiedendo quindi anche per questi ultimi l’imputazione a prescindere dal momento di effettiva conoscenza (in ogni caso, entro la data in cui la bozza di bilancio viene depositata presso la sede della società).
Tanto premesso, sgombriamo subito il campo dalla tesi, inopinatamente portata avanti dalla Cassazione, secondo cui sarebbe necessario tener conto non solo dei fatti intervenuti successivamente fino all’approvazione del bilancio, ma addirittura di quelli che si siano manifestati entro il termine di presentazione della dichiarazione. Difetta infatti il presupposto normativo per imporre (ma aggiungerei anche solo per consentire) una riapertura di un bilancio già approvato in forza di fatti successivi all’approvazione dello stesso ed è quindi quasi ultroneo osservare, dal punto di vista fiscale, che in tal modo si violerebbe il principio base di dipendenza dell’imponibile Ires dai criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione del bilancio.
L’Oic 29
Il Principio contabile Oic 29, in effetti, pur non esplicitando tale scelta, sembrerebbe propendere per il più tradizionale indirizzo dottrinario, laddove richiede la rilevazione dei fatti “sia positivi, sia negativi, che avvengono tra la data di chiusura e la data di formazione del bilancio d’esercizio”.
In particolare, tale documento distingue, ai fini della competenza temporale, tra i fatti che devono essere recepiti nel bilancio e quelli per i quali tale obbligo non è previsto. I primi si verificano tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di predisposizione del relativo bilancio (comunemente individuata con la data di deposito della bozza di bilancio nella sede sociale in vista della comunicazione dell’assemblea) ed evidenziano condizioni che, sebbene esistenti già alla data di riferimento del bilancio, si sono manifestate solo dopo la chiusura dell’esercizio. In tal caso, è richiesto che i relativi valori delle attività e passività in bilancio siano opportunamente modificati, a meno che l’effetto non sia quantificabile (e quindi se ne dia necessariamente un’informazione meramente “qualitativa” nella sola Nota integrativa). Tra questi vengono menzionati, a titolo esemplificativo, è bene sottolinearlo:
- la definizione di una causa legale in essere per un importo diverso da quello prevedibile a tale data;
- il deterioramento della situazione finanziaria di un debitore, confermato dal fallimento dello stesso dopo la data di chiusura;
- la definizione di un maggior prezzo di acquisto di un’attività acquisita o un minor prezzo di un’attività ceduta;
- la determinazione di un premio da corrispondere ai dipendenti per le prestazioni rese nel corso dell’esercizio chiuso;
- la scoperta di un errore o di una frode.
Quanto ai i fatti in relazione ai quali non è previsto l’obbligo di recepimento in bilancio, essi modificano le situazioni già esistenti alla data di riferimento del bilancio e, non richiedendo variazione dei valori di bilancio, devono essere menzionati in Nota integrativa nonché nella relazione sulla gestione, laddove rappresentano “fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio” – ex articolo 2428, comma 2, n. 5), cod. civ. -. “Si tratta di eventi che devono essere menzionati perché rappresentano avvenimenti la cui mancata comunicazione comprometterebbe la possibilità per i destinatari dell’informazione societaria di fare corrette valutazioni e prendere appropriate decisioni”. Tra questi sono compresi, sempre a tiolo di esempio:
- la diminuzione del valore di mercato di titoli finanziari dovuta a condizioni di mercato venutesi a modificare dopo la chiusura dell’esercizio;
- la distruzione di impianti a causa di calamità verificatasi successivamente alla chiusura dell’esercizio.
In generale i fatti sopravvenuti considerati rilevanti rispetto all’esercizio già chiuso sono quelli che consentono di avere una più precisa conoscenza della consistenza di attività o passività già iscritte in bilancio e risalenti ad altri fatti gestionali intervenuti nello stesso esercizio cui si riferisce il bilancio ovvero in esercizi precedenti.
Orbene è ben vero che con riferimento a questi fatti sopravvenuti di cui occorre tener conto nel bilancio dell’esercizio già chiuso, l’Oic 29 impone di allineare i valori della attività/passività, ma non chiarisce quali debbano essere le modalità con le quali procedervi, vale a dire se, alla luce di questi ulteriori elementi conoscitivi:
a) le svalutazioni debbano essere riclassificate come perdite;
b) i fondi rischi divengano debiti.
Il principio di derivazione
Venendo alle implicazioni fiscali del principio di derivazione, quest’ultimo implica la diretta rilevanza, salvo eccezioni, dei criteri di qualificazione, imputazione e classificazione di bilancio.
Inoltre, il D.M. 3 agosto 2017 attuativo ha esteso anche alle imprese Oic la disapplicazione dell’articolo 109, commi 1 e 2, Tuir, di guisa che il recepimento delle regole di competenza stabilite dai Principi contabili nazionali non è più subordinato alla rilevanza dei componenti reddituali secondi i tradizionali requisiti di certezza nell’esistenza e di determinabilità oggettiva dell’ammontare.
Tuttavia, e diremmo purtroppo, non è possibile sulla base di ciò affermare un principio generale per cui il superamento dell’articolo 109, Tuir implica che i componenti derivanti dai fatti sopravvenuti, e di cui occorre tener conto in base all’Oic 29, abbiano immediata rilevanza fiscale, incidendo sull’imponibile dell’esercizio già chiuso.
Infatti, è lo stesso Oic che si è espresso in riferimento al caso di scuola (più agevole rispetto a quello qui considerato in premessa) di una vera e propria definizione di una causa legale sopravvenuta dopo la chiusura dell’esercizio (ma prima dell’approvazione del bilancio), affermando che la necessità di aggiornare la stima del fondo rischi già iscritto nel bilancio dell’esercizio chiuso (per adeguare il relativo importo al quantum dovuto a seguito della definizione della causa), non sottintende una riclassificazione della posta contabile da fondo rischi a debito.
È possibile agevolmente estendere i medesimi principi ad altre ipotesi: ad esempio, su quali siano le conseguenze impositive se nei primi mesi dell’anno viene dichiarato il fallimento di un debitore (e ciò riveli un deterioramento del credito). In tale prospettiva, secondo i Principi contabili, il fatto sopravvenuto della dichiarazione di fallimento, non modifica la natura del componente da rilevare nel bilancio dell’esercizio già chiuso – che è e rimane una perdita di natura valutativa – ma contribuisce soltanto a una migliore quantificazione della stessa. Ne discende che la perdita del credito assume rilevanza fiscale solo nella misura in cui siano rispettati i limiti di deducibilità delle perdite di natura valutativa disciplinati dall’articolo 101, comma 5, Tuir. Quindi, se la perdita rilevata nell’esercizio x non è ancora divenuta certa e definitiva, occorrerà attendere il momento della dichiarazione di fallimento, e cioè l’esercizio x+1, per poterla dedurre, perché solo a partire da tale momento si renderà operante la presunzione di esistenza di tali requisiti previsti dall’articolo 101, comma 5, Tuir in caso di assoggettamento del debitore a una procedura concorsuale.
È quanto meno più che ragionevole ritenere (per non dire certo) che l’Amministrazione finanziaria non si discosterebbe da tali principi cardine; basti rammentare che, in ambito Ias, è stato escluso che la disattivazione dei criteri di certezza e determinabilità oggettiva dell’articolo 109, Tuir implichi l’automatica possibilità di dedurre anticipatamente la svalutazione/perdita bilancistica. La circolare n. 26/E/2013, dell’Agenzia delle entrate ha affermato infatti “l’inclusione di tale disposizione tra quelle che limitano la deducibilità dei componenti negativi rilevati in bilancio, per le quali, ai sensi dell’articolo 2, comma 2 del regolamento del 1° aprile 2009 n. 48, non opera il principio di derivazione rafforzata. Ciò in quanto si è in presenza di un fenomeno che non rientra nei concetti di qualificazione, classificazione ed imputazione temporale di cui all’articolo 83 del Tuir”, e che è invece riconducibile all’ambito delle valutazioni.
Tuttavia, non si tratta di conclusioni che possono essere generalizzate: ben vi possono essere eventi che si sono verificati nel corso di un esercizio ma di cui l’impresa venga a conoscenza ben dopo la chiusura dell’esercizio ma prima dell’approvazione del bilancio: i casi più semplici ed emblematici possono essere le insussistenze di magazzino per furti. È determinante la circostanza per cui si tratta di un fatto che si era verificato nel corso dell’esercizio e perciò la sua rilevazione (tardiva) non solo deve essere fatta ovviamente avvalendosi di tutti gli elementi conoscitivi idonei alla quantificazione, ma anche rilevando la sua natura e non attraverso un mero accantonamento.
In queste ipotesi gli eventi sopravvenuti consentono semplicemente di addivenire alla corretta (o quanto meno a una migliore) quantificazione di un fatto che già al momento in cui è stato rilevato costituiva un ricavo o un costo di esercizio, sicché gli elementi conoscitivi che possono desumersi da tali eventi non possono che assumere una rilevanza anche ai fini fiscali, al pari di quanto pacificamente accade nel caso delle “fatture da ricevere” o nella rilevazione del costo per premi assegnati a dipendenti o ancora, agli agenti e ai dipendenti in funzione dei risultati raggiunti in un esercizio la cui spettanza venga accertata all’inizio dell’esercizio successivo.
Non sarebbe dunque corretto circoscrivere e subordinare la deduzione dei componenti negativi di reddito al fatto che l’onere sia iscritto in bilancio in contropartita di una voce di debito che possa definirsi tale in senso giuridico (cioè di una passività già sorta e di natura certa e determinata alla data di chiusura dell’esercizio); nella considerazione che, in base all’Oic 19, i debiti sono passività di natura certa e determinata, mentre i fondi sono passività di esistenza certa o probabile e di ammontare o data di sopravvenienza incerta rispetto alla chiusura dell’esercizio. In tal modo i requisiti di certezza e determinabilità oggettiva dell’articolo 109, Tuir derogati dall’articolo 2, comma 2, D.M. 48/2009, finirebbero con il “rientrare dalla finestra” quali presupposti indefettibili per la deduzione del costo .
Osta a tale ricostruzione la circostanza che i Principi contabili contemplano diverse ipotesi in cui costi e ricavi, essendo rilevati in base a criteri diversi rispetto a quelli giuridico formali, hanno piena rilevanza fiscale proprio per effetto del principio di derivazione rafforzata. Ciò non può essere derogato dall’inquadramento contabile e fiscale dei fatti sopravvenuti dopo la chiusura dell’esercizio e prima dell’approvazione del bilancio.
Si pensi ad esempio al caso in cui vi sia una vendita con clausola di gradimento e l’impresa acquirente sia già in grado di conoscere, in base all’esperienza passata, alle condizioni di prezzo convenute e alla qualità dei beni, che il gradimento verrà espresso. In tal caso l’acquisto dei beni va rilevato in bilancio quando si è verificato il trasferimento di rischi e benefici e cioè con il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà. In altri termini, le regole contabili di rilevazione di costi e ricavi, che prescindono dai profili giuridico formali, continuano a trovare riconoscimento fiscale (per il principio di derivazione) a prescindere dalla tematica dei fatti sopravvenuti dopo la chiusura dell’esercizio. Ciò vuol dire che la deroga alla disciplina dell’articolo 109, Tuir ha piena valenza per le imprese Oic in quanto i debiti e i crediti (e i correlativi costi e ricavi) vanno talora rilevati in momenti diversi rispetto a quando siano venuti a esistenza sul piano giuridico.
Emerge dunque un quadro piuttosto frammentario e sistematicamente non del tutto appagante, che in taluni casi pone il redattore del bilancio di fronte all’impossibilità di riflettere fatti nuovi in bilancio senza dover sottostare a un’imposizione anticipata (considerando peraltro che non c’è nessuna garanzia che venga prima o poi recuperata) che non riflette in alcun modo la realtà fattuale. L’esempio da cui siamo partiti esemplifica bene la situazione: la sentenza sollecita l’iscrizione di un credito che l’amministratore sa che ha ben poche chance di tradursi nella corrispondente manifestazione finanziaria, non foss’altro perché egli stesso sarebbe ben disposto a transare la controversia per un importo ben inferiore e, dunque, il carico impositivo resterebbe ancorato alla sentenza (la svalutazione del credito essendo deducibile in minima o alcuna parte). Non rimane che ancorare la menzione nella sola Nota integrativa a una carenza del profilo conoscitivo relativo alla certezza della pretesa e della sua quantificazione, da parte della società laddove difettino, gli elementi minimi in merito alla quantificazione dell’importo da iscrivere tra i crediti della situazione patrimoniale. Il rischio di un fenomeno di dipendenza rovesciata (vale a dire della redazione del bilancio dalle implicazioni fiscali) è palese e non rimane che auspicare che l’attesa riforma fiscale intervenga senza timori su queste sacche di resistenza del famigerato doppio binario.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Il reddito di impresa”.