Nuove regole per dedurre gli interessi passivi con la Riforma Tributaria
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365L’articolo 6, lett c) del DDL di Riforma Tributaria dedica spazio alla revisione delle regole in materia di deducibilità degli interessi passivi per società di capitali.
Per questi soggetti il tema dei limiti di deducibilità degli interessi passivi è sempre stato intrecciato con quello della inerenza: dal momento che per i soggetti Ires vi è una presunzione di inerenza degli oneri finanziari insindacabile dalla Agenzia delle Entrate (Cass. n. 19430/2018) è necessario stabilire dei meccanismi di forfettizzazione della deducibilità.
Da qui la disciplina dell’articolo 96 Tuir che, tuttavia, deve fare i conti con la grave crisi economica di anni difficili segnati dal Covid e dalla guerra ucraina con la conseguente crisi energetica, elementi questi che hanno comportato un crescente indebitamento. In questo scenario si colloca l’obiettivo della Riforma: rivedere i limiti di deducibilità per agevolare il rilancio delle attività produttive.
Attualmente il limite di deducibilità più significativo contenuto nell’articolo 96 Tuir è il cosiddetto “test del Rol”, o meglio del 30% di esso.
Va ricordato che per effetto del “decreto Atad”, a far data dal 2019 si applica il cosiddetto Rol fiscale per distinguerlo da quello precedente cosiddetto “contabile”.
Tale differenza dipende dal fatto che Rol è sempre determinato per differenza tra Valore della Produzione (area A del Conto economico) e Costi della Produzione (Area B del conto economico), non considerando nell’area B gli ammortamenti e i canoni leasing.
Ma i dati dei singoli proventi o costi, che in precedenza erano computati per il valore contabile, dal 2019 vengono assunti al valore fiscalmente riconosciuto.
Ciò significa, per esemplificare, che se viene realizzata una plusvalenza e si decide di tassarla in modo rateizzato, l’importo rilevante nel Rol sarà solo la quota annua della medesima plusvalenza e non il totale iscritto a Conto economico come avveniva fino al 2018.
Per contro, se sono presenti costi non del tutto deducibili (ad esempio i costi relativi ad autoveicoli) essi deprimono il Valore della Produzione solo per l’importo deducibile, il che crea un indubbio incremento del Rol fiscale a diretto vantaggio dell’ammontare deducibile degli interessi passivi.
Altro elemento che è stato oggetto della modifica del Decreto Atad è la gestione della eccedenza di Rol non utilizzato in un dato periodo d’imposta poiché superiore all’ammontare degli interessi passivi.
L’eccedenza, che fino al 2018 poteva essere riportata a nuovo in modo illimitato nel tempo, ora viene circoscritta ad un riporto limitato al quinquennio successivo.
Più precisamente, il comma 7 dell’articolo 96, nella attuale versione, permette il riporto a nuovo dell’eccedenza di Rol fiscale di un dato periodo entro il quinto esercizio successivo, e il comma 2 del medesimo articolo 96 puntualizza che gli interessi passivi di periodo vengono confrontati anzitutto con il Rol fiscale di periodo e per eccedenza con il Rol pregresso, a partire da quello relativo al periodo d’imposta meno recente, quindi, sostanzialmente, con il criterio FiFO.
Il cambiamento del 2019 ha necessitato norme che avevano il compito di disciplinare il passaggio dal vecchio al nuovo, e così accade con la previsione di cui all’articolo 13 del D.Lgs. 142/2018.
Tale ultima norma prevede anzitutto che le nuove regole si applichino dal 2019, il che potrebbe, in un primo momento, portare alla conclusione che il Rol contabile pregresso sia riportabile a nuovo in modo illimitato nel tempo.
Ma, in realtà, così non è se solo si ricorda l’articolo 13, comma 4 del decreto Atad, il quale prevede l’utilizzo del Rol contabile pregresso (cioè generato entro il 2018) solo nel caso in cui siano presente in bilancio interessi passivi generati da prestiti contratti prima del 17 giugno 2016 la cui durata (dei prestiti) non sia stata modificata successivamente.
Da ciò si ricava che nella ipotesi in cui siano stati presenti in bilancio solo interessi passivi generati post 17 giugno 2016, l’eccedenza di Rol contabile non sia fruibile, e quindi era necessario azzerarla fin dal 2019.
In questo scenario si collocano gli obiettivi della Riforma che sono sintetizzati nell’articolo 6, lett.c) del DDL e meglio dettagliati nella Relazione Illustrativa.
Il tema fondamentale è contrastare l’erosione di base imponibile che avviene nei gruppi societari transnazionali: in questo contesto le società più capitalizzate (e che quindi verosimilmente non necessitano di prestiti che a loro volta generano interessi passivi) sono collocate, quale sede giuridica, nei Paesi a bassa fiscalità, mentre le società sottocapitalizzate che sono gravate da maggiori interessi passivi sono collocate nei Paesi (come l’Italia) ad alta fiscalità.
Questo arbitraggio genera la riduzione di base imponibile ritenuta non equa.
A tale fine, sempre restando nel contesto dei gruppi societari, sono allo studio della Riforma alcuni correttivi che permettano la deducibilità degli interessi passivi se sia scongiurata la situazione sopra descritta, cioè lo squilibrio nella capitalizzazione.
Pertanto se l’indice di capitalizzazione della singola società gravata da interessi passivi In Italia, non sia inferiore a quello medio del gruppo, si potrà liberalizzare la deduzione degli interessi passivi atteso che in tal caso non si è in presenza di una politica di gruppo considerata, in qualche modo, abusiva del diritto.
Ma soprattutto è di interesse l’intervento sulle società cosiddette “stand alone” quindi non facenti parte del gruppo societario.
Oggi l’articolo 96 Tuir non fa distinzione tra la società singola e quella facente parte del gruppo societario, mentre in futuro la società “stand alone” potrebbe beneficiare di una liberalizzazione nella deduzione degli interessi passivi.
Al riguardo si parla di un tetto oggettivo di deducibilità pari a 3 ml euro, oppure si potranno individuare specifiche fasce di franchigia, anche più limitate, all’interno delle quali non operano tetti alla deducibilità.
Altro distinguo importante , nel valutare la “ virtuosità” degli interessi passivi è distinguere l’ipotesi in cui essi derivino da prestiti di terzi (Istituti di credito o similari) rispetto alla ipotesi che essi derivino da finanziamento dei soci: in questo secondo caso il pericolo di arbitraggio fiscale (anche fosse solo limitato alla discrasia sul momento di rilevanza fiscale, deducibilità per competenza in capo alla società, tassazione per cassa in capo al socio persona fisica finanziatore) è certamente maggiore rispetto alla ipotesi in cui gli interessi rappresentino il costo del denaro prestato da terzi. Nel caso in cui gli interessi passivi derivino da terzi la libera deduzione rientra tra gli obiettivi della Riforma.