Rideterminazione del valore delle partecipazioni con diritti patrimoniali rafforzati
di Fabrizio RicciGianluca CristoforiCom’è noto, l’articolo 1, commi da 107 a 109, della Legge di Bilancio per l’anno 2023 ha reintrodotto la possibilità di rideterminare il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni sociali detenute alla data del 1° gennaio 2023.
In questa nuova “edizione”, peraltro, è previsto che possa essere rideterminato anche il valore fiscale dei titoli, delle quote e dei diritti negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione posseduti alla medesima data.
La stesura e il giuramento della perizia per le partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati (visto che per i titoli negoziati occorre fare riferimento, invece, al valore normale determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 4, lettera a), Tuir, per il mese di dicembre 2022) devono essere perfezionati entro il 15 novembre 2023; entro la medesima data deve essere altresì versata l’imposta sostitutiva (o almeno la prima delle tre rate), fissata nella misura del 16%.
A tal riguardo, sono stati recentemente forniti chiarimenti dall’Amministrazione finanziaria (circolare AdE 16/E/2023); in particolare, quanto alla rideterminazione del valore fiscale delle partecipazioni “non quotate”, l’Agenzia delle Entrate ha di fatto richiamato i chiarimenti contenuti nei documenti di prassi diffusi a commento delle precedenti “edizioni”, concentrandosi poi maggiormente sugli aspetti concernenti la novità rappresentata dalla “rivalutazione” degli strumenti finanziari “quotati”.
Tra i vari chiarimenti forniti nella predetta circolare, di un certo interesse risulta però anche quello riguardante la rideterminazione del valore fiscale delle partecipazioni aventi diritti patrimoniali rafforzati (nello specifico, sono presi in considerazione i cd. “carried interest”).
Tali strumenti finanziari comportano generalmente una maggiore percentuale di partecipazione agli utili, rispetto a quella spettante agli altri investitori, spesso a fronte di un sacrificio in termini di diritti amministrativi, di vincoli temporanei alla trasferibilità e della postergazione nella distribuzione degli utili, presupponendo altresì che la generalità dei soci abbia ottenuto il rimborso del capitale investito, oltre a un adeguato rendimento (cd. “hurdle rate”).
Pare evidente come il valore “di mercato” di tali strumenti finanziari potrebbe risultare quindi superiore, a parità di consistenza della partecipazione al capitale, rispetto a quello delle partecipazioni “ordinarie”.
Si poneva, quindi, il dubbio se, in sede di rideterminazione del relativo valore fiscale, si potesse tener conto di tale maggior valore “di mercato” correlato ai diritti patrimoniali rafforzati.
Un primo chiarimento, in senso negativo, era peraltro già stato reso nella risposta all’istanza d’interpello n. 738 del 20.10.2021.
Alle medesime conclusioni è quindi giunta l’Amministrazione finanziaria anche nella più recente e già citata circolare AdE 16/E/2023, nella quale, preliminarmente, è stato rammentato come, “[…] ai fini della rideterminazione del valore delle partecipazioni “non negoziate”, il comma 1 dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 preveda che “per i titoli, le quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentati […] può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data della frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, determinato sulla base di una perizia giurata di stima […], a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi”.
Pertanto, continua l’Amministrazione, “[…] il valore delle partecipazioni è determinato in relazione alla corrispondente frazione di patrimonio netto della società, ente o associazione partecipato, calcolato sulla base di una perizia giurata di stima. Per quel che concerne il valore oggetto della perizia, si evidenzia che il comma 4 del citato articolo 5 stabilisce che «il valore periziato è riferito all’intero patrimonio sociale”. In altri termini, il valore dei titoli, delle quote o dei diritti è determinato in relazione alla frazione del patrimonio netto della società (associazione o ente) rappresentativa della partecipazione stessa. Pertanto, nel caso di titoli aventi diritti patrimoniali rafforzati, ai fini della rideterminazione del relativo costo o valore di acquisto non è possibile assumere un valore diverso da quello risultante dalla corrispondente frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, alla data del 1° gennaio 2023, espressa dalla percentuale di partecipazione al capitale”.
Conseguentemente, i detentori di tali “speciali” partecipazioni potrebbero realizzare, anche in caso di rideterminazione del valore fiscale delle stesse, una plusvalenza da assoggettare a imposizione sostitutiva in misura pari al 26%, con riguardo anche al maggior valore “di mercato” correlato ai diritti patrimoniali rafforzati già presente alla data di riferimento della perizia.
L’Amministrazione finanziaria si è invero occupata, nei documenti di prassi sopracitati, dei soli strumenti finanziari che incorporano il cd. “carried interest”; tuttavia, più in generale, la medesima tematica potrebbe porsi anche con riguardo alle “speciali categorie” di azioni che dovessero, per esempio, conferire il diritto a una partecipazione agli utili più che proporzionale, a fronte, come accade talvolta, di un sacrificio in termini di diritti amministrativi, ai sensi dell’articolo 2348, comma 3, cod. civ., oppure con riguardo alle cd. “quote speciali” delle S.r.l. PMI di cui all’articolo 26 D.L. 179/2012, nella formulazione conseguente alla novella introdotta con il D.L. 50/2017.
Ogni qualvolta, infatti, tali diritti patrimoniali rafforzati risultassero trasferibili a terzi con la partecipazione, il valore “di mercato” della stessa potrebbe risultare maggiore rispetto a quello riconosciuto alle partecipazioni “ordinarie”, a parità di consistenza percentuale.
La questione non dovrebbe porsi, invece, con riguardo ai diritti particolari attribuiti ai soci di S.r.l. non PMI ai sensi dell’articolo 2468, comma 3, cod. civ., poiché, salvo diversa previsione statutaria (e sempre che si condivida la tesi richiamata nella massima I.I.10 del Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie), in caso di alienazione parziale della quota detti diritti rimarrebbero attribuiti per intero in capo al socio alienante, mentre, in caso di alienazione dell’intera partecipazione, i diritti particolari si estinguerebbero, conseguentemente “espandendosi” quelli degli altri soci.
Stando al percorso argomentativo seguito dall’Amministrazione finanziaria, non rilevano, a maggior ragione, eventuali maggiori valori riconosciuti dal “mercato” semplicemente a titolo di “premio di maggioranza”. Anche in tal caso, quindi, l’alienante che avesse “rivalutato” la partecipazione potrebbe comunque conseguire una plusvalenza (in assenza di clausole statutarie particolari, poste a tutela dei soci di minoranza che le facessero valere), anche ove il valore della società non si fosse incrementato rispetto alla data di riferimento della perizia.
Specularmente, tale approccio potrebbe incidere anche sui possessori di partecipazioni “di minoranza” (o di quelle “ordinarie”, in presenza di quote o azioni “speciali”) che, in caso di alienazione, potrebbero essere penalizzate in termini di valore “di mercato”, rispetto al valore risultante moltiplicando quello complessivamente attribuibile alla società per la percentuale rappresentata dalla partecipazione “rivalutata”. Se è vero, infatti, che questi soci potrebbero effettuare una “rivalutazione” anche solo parziale, l’Amministrazione finanziaria, già con la circolare AdE 81/E/2002, aveva tuttavia chiarito che le partecipazioni “rivalutate” costituiscono un autonomo strato LIFO, che si considera acquisito in data più recente, ricordando altresì che, “[…] sulla base di quanto stabilito dal comma 6 dell’articolo 5, della legge n. 448 del 2001, l’assunzione del valore “rideterminato” – in luogo del costo o valore di acquisto – non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 82 del Tuir. Pertanto, in occasione delle successive cessioni delle partecipazioni rivalutate, il confronto tra il corrispettivo di vendita e il valore di perizia non può dar luogo a minusvalenze fiscalmente rilevanti. A tal fine, gli intermediari in sede di applicazione dell’imposta sostitutiva ai sensi degli articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 devono tenere distinta evidenza della quota della partecipazione per la quale è stata effettuata la rideterminazione del valore di acquisto. Conseguentemente, i successivi acquisti di partecipazioni appartenenti alla medesima categoria omogenea rilevano ai fini della determinazione del costo della quota della partecipazione il cui valore non è stato rideterminato”.