31 Luglio 2023

Riforma tributaria: la revisione della disciplina delle perdite di impresa

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Tra le prospettive della Riforma per i soggetti Ires spicca nell’articolo 6 del D.D.L., il tema del riordino della disciplina di compensazione intersoggettiva tra perdite e utili, specie se tale compensazione avviene a seguito di operazioni straordinarie.

In modo particolare è attenzionato il tetto del patrimonio netto, che, insieme al test di vitalità, costituisce un baluardo dell’attuale articolo 172, comma 7, Tuir.

Come è noto la norma attuale fissa come limite quantitativo al trasferimento delle perdite l’ammontare del patrimonio netto della società che dette perdite ha realizzato.

Questo limite oggi si rivela inadeguato, anche in considerazione degli accadimenti che si sono verificati in questi anni recenti.

In modo particolare non può essere sottaciuto il fatto che il detenere un patrimonio netto di valore positivo (quindi non eroso da perdite oltre il limite legale) non è attualmente un elemento insuperabile e necessario, atteso che il Legislatore ha permesso un regime di sospensione degli effetti delle perdite realizzate negli esercizi 2020/2021/2022 con necessaria copertura rispettivamente entro il 2025/2026/2027.

Ma allora, se è legittimo esercitare una attività da parte di una società di capitali che non detiene alcun patrimonio netto, non si vede il motivo per cui non dovrebbe essere legittimo per quella stessa società eseguire delle fusioni o delle scissioni, senza la penalizzazione di un impossibile trasferimento delle perdite, il che accadrebbe a causa dell’inesistenza del patrimonio netto.

Anche questi motivi, con ogni probabilità, saranno stati posti alla base dell’obiettivo di cui all’articolo 6, lett. d), del D.D.L. che annuncia la revisione delle regole tese a contrastare il commercio di “bare fiscali”, regole che, come sopra si diceva, oggi si rilevano inadeguate.

Ma al di là degli obiettivi della Riforma, è utile analizzare, nella norma attuale, due punti di criticità che attengono  al confronto tra patrimonio netto e perdite di esercizio: si tratta di questioni attinenti al tema della necessaria nettizzazione dei conferimenti o versamenti eseguiti dai soci nei 24 mesi antecedenti alla data di riferimento della situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501 quater cod. civ..

 

1) I versamenti “necessari”  

Come si diceva sopra, il test del netto patrimoniale non è tanto una condizione di trasferibilità della perdita quanto piuttosto un limite non superabile per il trasferimento della stessa.

Quindi, in primo luogo, è necessario eseguire il test di vitalità e una volta che esso sia positivamente soddisfatto si dovrà esaminare il tetto massimo di trasferimento della perdita rappresentato dal patrimonio netto della società che quella perdita ha prodotto, determinato con riferimento all’ultimo bilancio approvato o alla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501 quater cod. civ..

Per eseguire questo esame, il patrimonio netto va depurato dei versamenti eseguiti dai soci a titolo di conferimento, negli ultimi 24 mesi.

La disposizione è tesa a scongiurare che tali versamenti siano stati eseguiti al solo fine di rendere trasferibile nella misura massima possibile la perdita che viceversa non sarebbe stata trasferibile, se non in minimo importo, alla società avente causa della operazione straordinaria.

Ovviamente sono estranei rispetto a questa ipotesi di versamenti, diciamo così “elusivi”, quelli eseguiti per obbligo di legge, come i versamenti eseguiti in conto copertura perdita resi necessari dal ricorrere delle condizioni previste all’articolo 2482 ter cod. civ..

Questo passaggio è stato affermato, peraltro, nella risposta ad istanza di interpello n. 108/2018, che esamina proprio i versamenti eseguiti necessariamente per rispettare l’obbligo di ricapitalizzazione dopo aver subito una perdita che ha eroso del tutto il capitale sociale. Sul punto si ritiene che anche i versamenti di questo genere eseguiti negli anni coperti dal regime di sospensione rientrino tra quelli necessari (e, quindi, da non computare nella nettizzazione del patrimonio netto, non fosse altro perché la sospensione degli effetti delle perdite di esercizio è una facoltà e non un obbligo, quindi chi non se ne avvale applica ordinariamente la disciplina di cui all’articolo 2482 bis e ter cod. civ.).

 

2)  I versamenti a titolo di finanziamento e l’ammontare del patrimonio netto

 Nel test del patrimonio netto vanno valutati anche i “versamenti” eseguiti dai soci, secondo il dato letterale di cui all’articolo 172, comma 7, Tuir.

È chiaro che con il termine “versamentonon si allude ai finanziamenti dei soci, fruttiferi o infruttiferi, con obbligo di restituzione al socio, poiché tali poste sono collocate nel passivo del bilancio e non nel patrimonio netto, ragione per la quale non possono essere considerati.

Ma più complessa è la situazione che si manifesta quando somme, che in origine erano state trasferite dai soci alla società a titolo di finanziamento, vengono poi modificate e diventano poste del patrimonio netto a seguito di rinunzia alla restituzione.

Su questo tema non si registra una chiara presa di posizione da parte della Agenzia delle Entrate, nonostante il fatto che la rinunzia ai finanziamenti costituisca un evento niente affatto raro nella prassi operativa. In modo particolate il tema riguarda versamenti eseguiti a titolo di finanziamento antecedentemente alla soglia dei 24 mesi di cui sopra, ma poi fatti oggetto di rinunzia in una data compresa nell’arco dei 24 mesi antecedenti la data della situazione patrimoniale di dui all’articolo 2401 quater cod. civ.

La questione da valutare è sostanzialmente la seguente: in presenza di versamenti eseguiti a titolo di finanziamento eseguiti sì in date remote, ma diventati apporti di capitale a seguito di rinuncia alla restituzione  entro i 24 mesi di cui sopra, è da considerare la data del versamento o la data della trasformazione del titolo da debito a capitale?

Si tratta di un tema molto delicato per il quale non è facile dare una risposta tranciante.

Depone a favore della rilevanza, per i fini in questione, della data dell’effettivo versamento della liquidità a favore della società la considerazione che la norma ha obiettivo antielusivo tendente a scongiurare che versamenti eseguiti in tempi vicini alla fusione abbiamo come unico obiettivo il tentativo di trasferire all’incorporante un ammontare più elevato possibile di perdite; sotto questo profilo si potrebbe dimostrare che tale eventualità è scongiurata nel caso in cui, ad esempio, l’effettivo versamento sia stato eseguito in date non sospette e comunque molto tempo prima rispetto al lasso temporale dei 24 mesi.