19 Settembre 2023

Dichiarazione fraudolenta: la causa di non punibilità è retroattivamente condizionata

di Gianfranco Antico
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, nel corso dell’esame in sede referente del D.L. 124/2019, è stato modificato l’articolo 13 D.Lgs. 74/2000, norma che prevede la non punibilità di alcuni reati tributari, a fronte del tempestivo pagamento del debito tributario. Il provvedimento legislativo in commento è intervenuto sostanzialmente sul comma 2, dell’articolo 13, D.Lgs. 74/2000, per ricomprendere nel perimetro dei reati estinguibili:

Tale previsione conferma la volontà del legislatore di incentivare progressivamente il ricorso al ravvedimento operoso ai fini degli effetti penali, senza alcuna distinzione circa la tipologia di reato tributario contestato.

Sul punto, la circolare n. 11/E/2022 ha rilevato che “Il predetto comma 2 dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, nonché il comma 2 del successivo articolo 13-bis, nella versione attualmente vigente, legittimano, quindi, l’accesso all’istituto del ravvedimento operoso anche per le condotte dichiarative fraudolente, regolandone le conseguenze penali e precisando le condizioni alle quali tali effetti si realizzano. Disciplinando gli effetti penali prodotti dal ravvedimento – mediante integrale pagamento degli importi dovuti – prima e dopo l’avvio di qualunque attività istruttoria, la norma ammette di fatto la legittimità del ravvedimento stesso anche sotto il profilo sanzionatorio amministrativo.  Ciò fermo restando che, la legittimità del ravvedimento in ambito amministrativo non soggiace ai limiti posti dalla normativa sanzionatoria penale. A titolo di esempio, l’Agenzia delle entrate indica quanto previsto dall’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000 (i.e. la «formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali»), che spiega i suoi effetti solo ai fini penali e non anche ai fini del perfezionamento del ravvedimento, ai sensi dell’articolo 13, D.Lgs. 472/1997.

Per l’Amministrazione finanziaria, alla luce delle intervenute modifiche legislative, “deve dunque ritenersi superata la preclusione al ravvedimento in presenza di condotte fraudolente come espressa con la circolare n. 180/E/1998, riconoscendo al contribuente la possibilità di accedere allo strumento del ravvedimento operoso per regolarizzare anche le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente”.

Resta fermo che la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso per regolarizzare violazioni fiscali, anche relative a condotte fraudolente:

  1. incontra i limiti propri di tale istituto, come individuati negli articoli 13 e 13-bis, D.Lgs. 472/1997, e cioè il rispetto delle regole amministrative previste, a prescindere dalle valutazioni che competono al Giudice in sede penale;
  2. deve comunque tener conto delle situazioni concretamente in essere e dei relativi riflessi sul quantum della sanzione base. “Così, ad esempio, a fronte di un processo verbale dell’autorità competente che constati violazioni legate a condotte fraudolente, sarà possibile il ravvedimento ex articolo 13, comma 1, lettera b-quater), del D.Lgs. n. 472. Questo, tuttavia, quale regolarizzazione che avviene dopo la constatazione della violazione, dovrà prendere a riferimento la sanzione determinata applicando a quella per infedele dichiarazione la maggiorazione del cinquanta per cento prevista quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di fatture o altra documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente (cfr. articoli 1, comma 3 e 5 comma 4-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471)”;
  3. non pregiudica in alcun modo le valutazioni sull’efficacia e gli effetti del ravvedimento amministrativo o su quelli dell’estinzione totale (o parziale) del debito in ambito penale demandate all’Autorità giudiziaria, rimanendo, peraltro, fermo l’obbligo per gli Uffici di procedere, al ricorrere dei requisiti legislativamente fissati, alla denuncia della notitia criminis ai sensi dell’articolo 331 c.p.p.

Sulla questione va segnalato un recente arresto giurisprudenziale (Cassazione n. 8174/2023) che ha ritenuto che tale causa di non punibilità possa trovare applicazione retroattiva, a norma dell’articolo 2, comma 4, c.p.p., trattandosi di una norma sicuramente più favorevole, proprio perché introduce una causa di non punibilità prima non contemplata dall’ordinamento.

Tuttavia, la Cassazione conferma che l’applicazione retroattiva della norma esige la presenza di tutti i requisiti in essa previsti, come sopra indicati. Nel caso di specie, pur ritenendo astrattamente applicabile la causa di non punibilità di cui all’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000, anche a fatti antecedenti all’entrata in vigore della norma come novellata nel 2019, il Gip ha escluso, in concreto, la sussistenza dei presupposti applicativisia perché sono state messe a disposizione dell’autorità somme in misure ridotta rispetto a quelle evase – e, sul punto, l’affermazione dei ricorrenti secondo cui risulta accertato l’integrale pagamento degli importi dovuti compresi sanzioni e interessi è meramente assertiva, non indicando alcun atto del procedimento da cui risulti detta circostanza – sia perché ciò è avvenuto successivamente all’avvio delle indagini, requisito che, come detto, deve essere accertato anche in relazione ai fatti pregressi all’entrata in vigore della novella del 2019”. Di conseguenza, nel caso di specie, non solo non sussistono gli estremi per l’applicazione dell’invocata causa di non punibilità, ma nemmeno gli imputati avrebbero potuto accedere al rito premiale, posto che l’estinzione del debito tributario non è stato integrale.