30 Ottobre 2023

L’invio della dichiarazione alla prova della completezza documentale dei bonus edilizi

di Silvio Rivetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Si può guardare con una certa nostalgia alle “storiche” disposizioni del provvedimento direttoriale del 2.11.2011, recante l’elenco dei documenti che i contribuenti devono conservare ed esibire a richiesta degli uffici, per comprovare la spettanza dell’agevolazione edilizia “di base”, relativa al recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all’articolo 16-bis Tuir. Invero, alla moltiplicazione delle discipline agevolative  relative al settore degli interventi edilizi (ecobonus, sismabonus, fino all’attuale superbonus), ha fatto inevitabilmente seguito, non solo la correlata complicazione dell’adempimento dichiarativo, ma anche la più complessa esigenza di curare la completezza del dossier documentale di riferimento, necessario per dimostrare la sussistenza dei presupposti del regime fiscale di favore fruito; onere probatorio che ricade interamente in capo al contribuente, come sottolineato da costante giurisprudenza (tra le altre Cassazione n. 23228/2017). Così, alla stagione dell’invio della dichiarazione deve coincidere anche quella del controllo dei documenti elencati al citato provvedimento:

  • la ricevuta dei bonifici;
  • le fatture (o ricevute) per i lavori, correttamente intestate ai soggetti che godono della detrazione;
  • la certificazione rilasciata dall’amministratore condominiale;
  • le copie della delibera assembleare e della tabella millesimale, per gli interventi realizzati sulle parti comuni;
  • la domanda di accatastamento, se l’immobile non è ancora censito;
  • le ricevute di pagamento dell’Imu (necessarie, a ben vedere, per la dimostrazione della preesistenza dell’immobile, e non elevate da nessuna norma a presupposto per la spettanza della detrazione);
  • la dichiarazione di consenso rilasciata dal proprietario, quanto ai lavori effettuati dal detentore dell’immobile (non richiesta, se le spese sono sostenute da familiari conviventi);
  • le abilitazioni amministrative richieste dalla vigente normativa edilizia, nazionale o regionale (o, se non previste, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ove si riporta la data d’inizio dei lavori e l’attestazione dell’agevolabilità degli interventi eseguiti).

Quanto alle discipline di agevolazione più evolute, volte all’efficientamento degli edifici in ambito energetico e antisismico degli edifici, esse richiedono, invece, in aggiunta a quanto già citato, la conservazione anche della documentazione tecnica che, in sintesi, certifichi il conseguimento dei miglioramenti di performance dei fabbricati rispetto alla situazione di partenza, come richiesti dalle norme ecobonus e sismabonus.

Al riguardo, può allora essere utile prendere a riferimento l’elenco complessivo dei documenti di cui all’articolo 121, comma 6-bis, D.L 34/2020, il cui integrale possesso – per quanto espressamente previsto, non tanto in relazione agli adempimenti dichiarativi, quanto per i temi di cessione del credito e di sconto in fattura (risultando idoneo ad escludere i profili di colpa grave in capo ai cessionari dei crediti e ai fornitori concorrenti nelle violazioni, e dunque la loro responsabilità solidale nel debito d’imposta dei contribuenti prevista al citato articolo 121, comma 6, D.L. 34/2020) – resta pur sempre ideale ai fini della dimostrazione della spettanza delle detrazioni fruite.

L’elenco di cui all’articolo 121, comma 6-bis, D.L 34/2020, si noti, rinvia da vicino all’elenco “storico” del provvedimento direttoriale sopra citato, menzionando nuovamente:

  • i titoli abilitativi edilizi degli interventi (o la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà per quelli in edilizia libera);
  • le delibere condominiali e le tabelle millesimali per i lavori su parti comuni;
  • la notifica preliminare all’ASL (o la dichiarazione sostitutiva della sua non necessità);
  • la visura catastale ante operam o storica degli immobili (o la domanda di accatastamento per quelli non censiti);
  • le fatture o ricevute comprovanti le spese sostenute e i documenti di pagamento delle stesse.

E non solo, il comma 6-bis richiama anche l’ulteriore documentazione tecnica riguardante le detrazioni “evolute”, vale a dire:

  • le asseverazioni obbligatorie dei requisiti di natura tecnica degli interventi e della congruità delle relative spese, corredate di allegati e ricevute di presentazione agli uffici competenti (si pensi a quanto richiesto, in particolare, dall’articolo 119, commi 13 e ss. D.L. 34/2020);
  • la documentazione, in caso di lavori ecobonus ordinari, prevista dall’articolo 23, comma 1, lettere a) e c), D.M. 6.8.2020 (c.d. D.M. “Requisiti tecnici”);
  • la documentazione, quanto ai lavori sismabonus ordinari, attestante l’efficacia degli interventi effettuati prevista dal D.M. 329/2020, di modifica del D.M. 58/2017.

A tali documenti, il citato comma 6-bis aggiunge il contratto di appalto sottoscritto e naturalmente, per le spese superbonus, il visto di conformità di cui all’articolo 119, comma 11, D.L. 34/2020, necessario anche ai fini della fruizione del beneficio in dichiarazione.

E’, peraltro, appena il caso di notare che l’incompletezza di tale documentazione richiede di essere diversamente gestita, da parte del contribuente, rispetto al senso fatto proprio dal comma 6-quater dell’articolo 121, D.L. 34/2020, il quale riconosce al cessionario la possibilità di dimostrare, con ogni mezzo di prova, l’assenza di suoi profili di colpa grave, essendo il contribuente gravato di un onere della prova (più puntuale) sulla spettanza dei requisiti agevolativi. Ne consegue che, se la carenza di un contratto d’appalto in forma scritta non potrà comportare di per sé la decadenza del beneficio fiscale (essendone ammessa la stipulazione verbale), viceversa l’assenza di documenti centrali come le fatture, i pagamenti e le asseverazioni non potrà essere sanata altrimenti.