Novità giuridiche della riforma dello sport
di Guido MartinelliAnalizzato l’impatto che la riforma dello sport ha avuto sotto il profilo del nuovo lavoro sportivo, diventa necessario, ora, verificare quali altri istituti giuridici siano stati modificati dai decreti delegati entrati in vigore.
L’aspetto che appare maggiormente caratterizzante è che, mentre in passato la differenza fondamentale era posta tra attività professionistica e dilettantistica (la prima avrebbe dovuto racchiudere i lavoratori dello sport, la seconda coloro che nello sport giocavano, lo facevano per “diletto”), ora sembra identificarsi tra i soggetti che svolgono attività amatoriale e quelli che, invece, svolgono attività economiche.
Infatti, da un lato, la riforma mantiene una legislazione di estremo favore per quegli enti sportivi costituiti in forma associativa e nei quali l’attività viene svolta in modo volontario (ossia senza compenso) o al massimo con riconoscimenti economici minimi (fino a cinquemila euro annui). Questi sodalizi, di fatto, hanno gli stessi adempimenti obbligatori anche prima della riforma, a cui si aggiunge esclusivamente:
- la comunicazione di inizio attività per i collaboratori retribuiti fino al limite indicato e;
- l’obbligo della copertura assicurativa di responsabilità civile per tutti i volontari.
Dall’altro lato, la riforma prevede per le società sportive la possibilità di distribuire, a determinate condizioni, fino al 50 % di utile prodotto dalla attività economica svolta (per arrivare fino all’80% per i gestori di impianti sportivi) e garantisce tutela previdenziale e assistenziale a coloro i quali, percependo somme maggiori di 5.000 euro l’anno, si presume abbiano un impegno “lavorativo” nello sport.
Questa distinzione appare ancora più evidente dalla novella legislativa che ha trasferito i ricavi da servizi sportivi da operazioni poste fuori campo iva ad operazioni esenti da iva, facendole così rientrare in una attività di impresa.
D’altro canto, l’affermazione della unicità della prestazione lavorativa nello sport (“è lavoratore sportivo …indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico… “ art. 25 d. lgs. n. 36/21) e l’ingresso della lucratività anche nel mondo dilettantistico rende, di fatto, priva di senso (se non ai fini del godimento di determinate agevolazioni fiscali) la distinzione tra dilettantismo e professionismo.
Altra novità di rilievo è quella di essere arrivati finalmente ad una definizione legislativa di sport
L’articolo 2, D.Lgs. 36/2021 riporta: “… f) Attività fisica o attività motoria: qualunque movimento esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un dispendio energetico superiore a quello richiesto in condizioni di riposo
nn) sport: qualsiasi forma di attività fisica fondata sul rispetto di regole che, attraverso una partecipazione organizzata o non organizzata, ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli»
Il contenuto di queste definizioni potrà avere, sotto il profilo giuridico, importanti conseguenze. Infatti, solo chi si “muove” sulla base di determinate regole (che sono poi quelle previste dai regolamenti tecnici delle varie discipline sportive) che consentono la misurazione della performance sta praticando attività sportiva, chi lo fa in libertà sta svolgendo attività fisica. Di conseguenza, solo nel primo caso gli organizzatori potranno applicare le norme fiscali e lavoristiche previste per le attività sportive dilettantistiche, negli altri casi si tratterà di prestazioni di servizi alla persona equiparate alle altre di analoga classificazione merceologica.
La distinzione appare già essere stata acquisita dal legislatore fiscale che, nell’articolo 36 bis, D.L. 75/2023, parla apertamente di “.. prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica…”.
Nel ricordare, poi, che l’allargamento, anche agli enti del terzo settore, della possibilità di assumere la qualifica di enti sportivi dilettantistici, produce la possibilità, anche alle fondazioni iscritte al Runts, di svolgere come attività di interesse generale la pratica dello sport dilettantistico, rimane ancora “incerto” l’eventuale obbligo, per i sodalizi sportivi, di svolgere sia attività agonistica che attività didattica e formativa.
La formulazione del regolamento del Ras mantiene l’ambiguità, ma la rilettura della definizione di sport laddove viene previsto l’ottenimento di una migliore condizione fisica o l’ottenimento di risultati agonistici, o la previsione contenuta al comma 1 bis, dell’articolo 38, D.Lgs. 36/2021 (“… svolgono attività sportiva in tutte le sue forme con prevalente finalità altruistica, senza distinzioni tra attività agonistica, didattica, formativa, fisica o motoria”) ci consente di affermare che, possono mantenere legittimamente la loro iscrizione al Ras sia gli enti sportivi dilettantistici che praticano esclusivamente attività agonistica sia quelli che praticano esclusivamente attività formativa.
Si pone solo il problema, al momento irrisolto, se potranno mantenere la loro iscrizione gli enti sportivi che si limitano ad organizzare attività sportive a cui partecipano solo altre realtà.