Il (nuovo) Statuto dei diritti del contribuente fra intenti di riforma e prospettive future
di Debora MirarchiA poco più di venti anni dall’entrata in vigore dello Statuto dei diritti del contribuente, nella seduta dello scorso 23 ottobre 2023, l’attuale Esecutivo, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti e in attuazione della Legge delega fiscale, ha approvato lo schema del prossimo Decreto Legislativo per la tanto invocata riforma alla L. 212/2000.
Applicazione generalizzata del contraddittorio preventivo, netta semplificazione della procedura di presentazione degli interpelli, nonché rafforzamento del principio di irretroattività delle norme tributarie sono i principali “correttivi” sui quali il Consiglio dei ministri ha ottenuto il primo via libera.
Nelle intenzioni del Governo l’obiettivo è essenzialmente “ripensare” il rapporto fra Fisco e contribuente, incentivando il dialogo in una ottica di effettiva parità e collaborazione, al fine di salvaguardare esigenze, sino a oggi ritenute (a torto) diametralmente opposte di tutela del contribuente e di contrasto all’evasione fiscale.
In tale direzione, si segnala la tanto attesa previsione alla attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, in termini di obbligatorietà.
Un tema da sempre controverso in ragione di una ondivaga giurisprudenza e di un quadro normativo sul punto frammentario.
Se l’orientamento unionale è sempre apparso fermo nel sancire l’esistenza di un generale principio volto a garantire la partecipazione del contribuente alla formazione dell’atto tributario, diversamente orientata si è mostrata la giurisprudenza nazionale meno “pronta” a prevedere misure atte a garantire una effettiva partecipazione del contribuente al procedimento amministrativo di applicazione del tributo, perché più “protettiva” degli interessi erariali di gettito e spesa pubblica.
In tale contesto, i giudici nazionali in più occasioni hanno affermato che il discrimen fra obbligatorietà e non del contraddittorio endoprocedimentale fosse rappresentato dalla natura del tributo controverso: per i tributi armonizzati (dazi, accise e Iva all’importazione) il contraddittorio è da ritenersi obbligatorio, a differenza dei tributi “domestici”, per i quali non sussiste alcun obbligo alla preventiva instaurazione di un confronto.
Tale incertezza applicativa dovrebbe essere superata dalla riforma, la cui bozza, a oggi circolante, prevede espressamente la previsione di una generale e obbligatoria instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, indipendentemente dalla natura e tipologia del tributo, delineandone altresì la procedura, i requisiti e i termini.
Fra le altre misure volte a tutelare il contribuente, si annovera anche la previsione di un più chiaro onere motivazionale dell’atto impositivo, spesso non rispondente al dettato normativo, in taluni casi avallato dalla giurisprudenza, la quale, in più occasioni e per specifici ambiti di materia, si è espressa in favore di un più “leggero” obbligo di esplicitazione delle ragioni erariali da parte dell’Amministrazione.
Il Decreto stabilisce che i provvedimenti del Fisco devono essere motivati “a pena di annullabilità”, con l’indicazione specifica dei presupposti di fatto, dei mezzi di prova, oltre che delle ragioni giuridiche su cui si fonda la pretesa.
Tale obbligo motivazionale può essere assolto anche mediante la tecnica della motivazione per relationem ad altro provvedimento, a condizione che siano rispettate le esigenze di tutela e difesa del contribuente.
Più stringente anche l’obbligo di motivazione degli atti della riscossione, i quali devono recare i criteri di calcolo degli interessi la data di decorrenza e i tassi applicati.
Altra importante modifica riguarda l’efficacia temporale delle norme e, specificamente, la previsione di irretroattività del diritto tributario sopravvenuto.
La scelta del Legislatore delegato di confermare l’efficacia pro futuro della norma tributaria, già prevista dall’articolo 3, L. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente), discende dalla necessità di riaffermare il principio di irretroattività la cui operatività è stata sovente messa in discussione da orientamenti della giurisprudenza nazionale in ragione della natura periodica di taluni tributi o dell’Amministrazione che, in sede contenziosa, spesso sostiene la retroattività di nuove presunzioni legali.
Per effetto della riforma, qualsivoglia modifica alla legge fiscale in materia di tributi “dovuti, determinati o liquidati periodicamente” avrà effetto a partire dal periodo di imposta successivo rispetto a quello in cui è entrata in vigore.
Medesime conclusioni in ordine alla efficacia temporale sono affermate dallo schema di riforma, con riferimento alle presunzioni di tipo legale, per le quali è chiaramente esclusa l’applicazione in via retroattiva.
Di non poco conto sono le diverse previsioni, contenute nello schema di riforma, volte a delimitare più marcatamente il perimetro del potere impositivo.
In tale senso, si colloca l’introduzione del principio del ne bis in idem di matrice penalistica anche in ambito tributario, che consente all’Amministrazione di esercitare l’azione accertativa una sola volta per ciascun periodo d’imposta.
Strettamente connessa a tale limitazione del potere impositivo è l’introduzione di un divieto espresso che impone all’amministrazione finanziaria di divulgare, nell’esercizio dell’azione amministrativa, i dati dei contribuenti acquisiti anche attraverso la consultazione di altre banche dati.
Da ultimo, si amplia la finestra temporale fino a dieci anni dell’obbligo conservativo, posto a carico del contribuente, delle scritture contabili e, in generale, della documentazione tributaria.
Decorso tale termine, è preclusa l’utilizzabilità di tale documentazione da parte dell’Amministrazione.
Le aspettative di riforma, trasfuse nello schema del prossimo Decreto Legislativo, delineano un nuovo rapporto fra Fisco e contribuente nel segno di una rinnovata partecipazione di questi, in sede di formazione della pretesa tributaria.
Ciò nondimeno, l’effettiva portata innovativa della riforma dipenderà molto dal coraggio che il Governo dimostrerà di avere nel tenere fede al proprio intento di attuare quella “rivoluzione” dell’ordinamento tributario da tempo attesa e invocata da più parti, ma che sta prendendo forma solo di recente per rispettare gli impegni assunti con Bruxelles dal nostro Paese in sede di Piano nazionale di ripresa e resilienza.