Cessione dell’azienda in crisi: la riforma fiscale amplia l’esclusione della responsabilità solidale per i debiti tributari
di Fabio GiommoniIn un precedente intervento, erano stati evidenziati i disallineamenti esistenti rispetto alle diverse procedure previste dal nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (C.C.I.I.) di cui al D.Lgs. 14/2019, in merito all’esclusione della responsabilità solidale dell’acquirente per i debiti dell’azienda ceduta.
Si tratta sia della generale responsabilità civilistica prevista dall’articolo 2560 cod. civ. – secondo il quale il cedente non è liberato dai debiti inerenti all’azienda venduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito (comma 1) e il cessionario risponde dei debiti afferenti all’azienda “se essi risultano dai libri contabili obbligatori” (comma 2) – sia di quella “rafforzata” dettata in ambito fiscale dall’articolo 14, D.Lgs. n. 472/1997, il cui comma 1 prevede che “il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”.
Quella fiscale è, dunque, una responsabilità:
- sussidiaria, in quanto è previsto il beneficio della preventiva escussione del cedente e solo successivamente è possibile agire contro il cessionario;
- limitata alle violazioni commesse e/o contestate nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento e nei 2 anni precedenti; operante nei limiti del valore dell’azienda (valore dichiarato dalle parti in atto o valore accertato dall’ufficio);
- limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli Uffici (comma 2), per cui il cessionario può richiedere all’Agenzia delle entrate un certificato sull’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti (comma 3), il quale, se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario (come vi è effetto liberatorio se il certificato non è rilasciato entro 40 giorni dalla richiesta).
Il cessionario si rende comunque responsabile, in via illimitata, nell’ipotesi di cessione d’azienda attuata in frode dei crediti tributari (comma 4).
Tuttavia, il comma 5-bis, dell’articolo 14, D.Lgs. 472/1997, nell’attuale versione, esclude la disciplina di responsabilità fiscale del cessionario (salvo il caso di cessione in frode dei crediti tributari) quando la cessione dell’azienda avviene nell’ambito di:
- una “procedura concorsuale” (fallimento, concordato fallimentare, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria);
- un accordo di ristrutturazione dei debiti (articolo 182-bis L.F.);
- un piano attestato di risanamento (articolo 67, comma 3, lettera d), L.F.);
- un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio.
A parte il fatto che la citata disposizione si riferisce ancora all’abrogata Legge Fallimentare, il problema sorge perché non viene richiamata la nuova procedura di composizione negoziata della crisi di impresa, introdotta dal D.L. 118/2021 e poi trasfusa nel Codice della crisi.
Si ritiene, quindi, che per la cessione d’azienda effettuata nell’ambito della composizione negoziata non operi la deroga prevista dal citato comma 5-bis, dell’articolo 14, D.Lgs. 472/1997, non potendo essere invocata, in tale ambito, una interpretazione “analogica” della norma, né la composizione negoziata possa essere considerata una “procedura concorsuale”.
Questo comporta un significativo disincentivo alla cessione dell’azienda nella composizione negoziata (penalizzando dunque la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro), in quanto l’acquirente rimane responsabile dei debiti tributari dell’azienda ceduta nei termini previsti dell’articolo 14, D.Lgs. 472/1997, tanto più considerando che nell’ambito di detta procedura non è operante la transazione fiscale (ma questa dovrebbe essere introdotta dalla stessa riforma fiscale).
Vi sono, inoltre, incertezze sull’applicazione della deroga alla responsabilità fiscale per il Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione di cui all’articolo 64-bis C.C.I.I. (c.d. “PRO”), in quanto anch’esso non è espressamente menzionato dal comma 5-bis, dell’articolo 14, D.Lgs. 472/1997, anche se per la dottrina tale procedura potrebbe essere ricompresa tra quelle “concorsuali”.
Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, previsto dall’articolo 25-sexies, C.C.I.I., dovrebbe essere invece considerato a tutti gli effetti una procedura concorsuale, per cui ad esso pare applicabile l’esclusione della responsabilità fiscale dell’acquirente.
In ogni caso, stante le suddette problematiche, il legislatore ha deciso di intervenire e con l’articolo 9, comma 1, lett. a), n. 3), L. 111/2023 (Legge delega per la riforma fiscale), ha previsto l’estensione “a tutti gli istituti disciplinati dal codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al citato decreto legislativo n. 14 del 2019, [ …. ] l’esclusione dalle responsabilità previste dall’articolo 14 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e dall’articolo 2560 del codice civile”.
In base alla delega per la riforma fiscale verrà dunque prevista, in primo luogo, la disapplicazione della responsabilità dell’acquirente per i debiti tributari anche alla composizione negoziata della crisi di impresa e al Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (c.d. PRO), favorendo le cessioni d’azienda o di rami d’azienda realizzate anche nell’ambito di tali istituti di risoluzione della crisi di impresa.
Ma il citato articolo 9, L. 111/2023, interviene anche in ambito civilistico, in quanto prevede l’estensione a tutti gli istituti della crisi di impresa della deroga alla responsabilità dell’acquirente per i debiti dell’azienda ceduta, ai sensi dell’articolo 2560 cod. civ., dato che pure in tale ambito l’attuale disciplina non risulta allineata.
L’attuale versione del Codice della crisi prevede, infatti, la possibilità di derogare alle disposizioni civilistiche di cui all’articolo 2560 cod. civ. nei casi di cessione d’azienda attuata:
- in sede di liquidazione giudiziale (articolo 214, C.C.I.I.);
- in esecuzione di un concordato preventivo (articolo 118, comma 8, C.C.I.I.);
- in esecuzione di un concordato semplificato (articolo 25-sexies, comma 8, C.C.I.I.);
- a fronte di un piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (articolo 64-bis, comma 9, C.C.I.I.),
- nell’ambito della composizione negoziata della crisi di impresa (articolo 22, co. 1, lett. d), C.C.I.I.).
La deroga in parola, nell’ambito delle richiamate procedure, presuppone l’autorizzazione da parte del Tribunale, il quale è tenuto a verificare:
- la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori e;
- il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente.
Al momento non è invece prevista la deroga all’articolo 2560, cod. civ., nelle cessioni d’azienda attuate nell’ambito del piano attestato di risanamento e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (mentre, come detto, per queste procedure già è operativa la deroga alla responsabilità fiscale del cessionario di cui all’articolo 14, D.Lgs. 472/1997).
In attuazione della riforma fiscale, la possibilità di escludere la responsabilità del cessionario per i debiti dell’azienda ceduta, ai sensi dell’articolo 2560 cod. civ., dovrebbe essere estesa, dunque, anche al piano attestato di risanamento e all’accordo di ristrutturazione dei debiti, mediante modifica delle relative disposizioni del Codice della crisi.
Da valutare poi se, a fronte delle novità che saranno apportate, per la composizione negoziata della crisi di impresa la deroga all’applicazione dell’articolo 2560 cod. civ. continuerà ad essere subordinata o meno all’autorizzazione del Tribunale.
Da ultimo, è opportuno citare la diversa disciplina che opera in merito alla responsabilità solidale dell’alienante e dell’acquirente dell’azienda per i debiti verso il personale dipendente al tempo del trasferimento dell’azienda (compreso il TFR), ai sensi dell’articolo 2112, comma 2, cod. civ., per la quale non sono previste novità.
Detta responsabilità del cessionario è disattivabile soltanto nelle specifiche ipotesi previste dall’articolo 47, commi 5, 5-bis e 5-ter, L. 428/1990 (come modificato dall’articolo 368, D.Lgs. 14/2019), ovvero quando il trasferimento riguarda imprese, che hanno cessato l’attività, a carico delle quali sia stata aperta:
- la procedura di liquidazione giudiziale;
- la procedura di concordato preventivo di tipo liquidatorio;
- la procedura di liquidazione coatta amministrativa (nonché nel caso di amministrazione straordinaria qualora la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e durante la consultazione sindacale sia stato raggiunto un accordo in ordine al mantenimento, anche parziale, dell’occupazione).
La deroga alla responsabilità solidale dell’acquirente non è invece prevista nelle ipotesi di cessione d’azienda nell’ambito di un concordato preventivo con continuità aziendale “indiretta” o di un accordo di ristrutturazione dei debiti “non liquidatorio”, ai sensi dell’articolo 47, comma 4-bis, L. 428/1990.
Non è chiaro il possibile trattamento della cessione d’azienda effettuata nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti di tipo “liquidatorio” o del concordato semplificato, in quanto detti istituti non sono menzionati dall’articolo 47, comma 5-bis e comma 4-bis, L. 428/1990.
Per l’accordo di ristrutturazione di tipo liquidatorio non sembrerebbe possibile un’interpretazione estensiva della norma, per cui l’articolo 2112 cod. civ. non sembrerebbe derogabile, mentre al concordato semplificato dovrebbe potersi applicare la stessa disciplina del concordato preventivo liquidatorio, per cui la deroga potrebbe operare.
Per quanto riguarda, infine, la composizione negoziata della crisi di impresa, lo stesso articolo 22, comma 1, lett. d), C.C.I.I., stabilisce espressamente che “resta fermo l’articolo 2112 del codice civile”, per cui non vi è possibilità di escludere la responsabilità del cessionario per i debiti nei confronti dei lavoratori.