La maggior tutela dell’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, passa attraverso la sua abrogazione
di Gianfranco AnticoSul versante dei controlli esterni, il rafforzamento della dialettica tra contribuente e Amministrazione finanziaria ha trovato spazio attraverso la L. 212/2000, che ha introdotto, nel nostro ordinamento fiscale, lo Statuto del Contribuente, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, facendo sostanzialmente leva sul rapporto di buona fede (che deve sempre intercorrere tra Ufficio e contribuente), cercando di rendere effettiva la collaborazione fra gli stessi.
Per quel che qui interessa specificatamente, il legislatore ha fissato, con l’articolo 12, L. 212/2000, i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifica, stabilendo le regole in ordine alle modalità di esecuzione dei controlli.
In particolare, il rispetto e la salvaguardia dedicata dal legislatore alla mera possibilità concessa al contribuente di far seguire “osservazioni e richieste”, dopo la conclusione della verifica, declinata nel comma 7, dell’articolo 12, L. 212/2000, nonché la conseguente necessità di valutare la fondatezza delle eventuali eccezioni rappresentate, hanno imposto (di fatto) all’attività di accertamento, una battuta d’arresto, che la norma contiene in almeno 60 giorni.
Infatti, in forza della disposizione contenuta nell’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, il momento del contraddittorio lascia la fase di svolgimento della verifica – durante la quale il contribuente può comunque giornalmente chiedere la verbalizzazione di sue osservazioni e richieste, a norma dell’articolo 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/1973, e dell’articolo 52, comma 6, D.P.R. 633/1972 – per collocarsi in un momento di maggiore terzietà delle parti, non più direttamente coinvolte nell’attività di indagine.
Tale fase temporale, che segue la verifica, ma precede l’emissione dell’atto di accertamento, è stata opportunamente valorizzata dal legislatore, permettendo al contribuente – se lo ritiene opportuno – di assumere una posizione attiva nel procedimento di accertamento tributario, collaborando fattivamente all’eventuale riesame e rivalutazione del fatto impositivo.
Su questo aspetto ricordiamo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 47/2023, ha riconosciuto che le garanzie previste nell’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, “ trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali”.
La stessa Corte costituzionale, preso atto che “la mancata generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, fin qui limitato a specifiche e ben tipizzate fattispecie, risulta ormai distonica rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello normativo che giurisprudenziale”, ha invitato il legislatore ad attivarsi per “un tempestivo intervento normativo che colmi la lacuna evidenziata”.
La delega fiscale (L. 111/2023) è, quindi, orientata ad accogliere il monito dei Giudici costituzionali, rendendo generalizzati i principi di fondo che già governano il contraddittorio preventivo nelle ipotesi attualmente disciplinate dal legislatore, superando così il “doppio binario” attualmente vigente per i casi diversi da quelli disciplinati dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000 (mediante accesso o “a tavolino”).
Infatti, l’articolo 17, L. 111/2023, indica i criteri direttivi specifici per la revisione dell’attività di accertamento, prevedendo l’applicazione in via generalizzata del principio del contraddittorio, a pena di nullità, fuori dai casi dei controlli automatizzati e delle ulteriori forme di accertamento di carattere sostanzialmente automatizzato (es. i cd. parziali automatizzati con i quali si recuperano redditi di fabbricati non dichiarati).
Il legislatore delegato, quindi, è invitato a predisporre una disposizione generale sul diritto del contribuente a partecipare al procedimento tributario, secondo le seguenti caratteristiche:
- disciplina omogenea, indipendentemente dalle modalità con cui si svolge il controllo (a tavolino, ovvero mediante accessi, ispezioni e verifiche);
- termine congruo a favore del contribuente – non inferiore a 60 giorni – per formulare osservazioni sulla proposta di accertamento;
- obbligo da parte dell’ente impositore di motivare espressamente sulle osservazioni formulate dal contribuente;
- estensione del livello di maggior tutela previsto dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000.
E già dalla prima bozza del decreto legislativo relativo allo Statuto del contribuente l’estensione delle maggiori tutele previste dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, passa attraverso la sua abrogazione e contestuale introduzione di un contraddittorio generalizzato, che riguarda anche i controlli interni, prevedendo l’obbligo per l’Ufficio di comunicare al contribuente gli elementi essenziali del provvedimento, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo.
Il provvedimento non è adottato prima della scadenza del termine dei 60 giorni, ovvero a quello prorogato dall’Amministrazione, ove ritenuto necessario ai fini del contraddittorio, per non più di trenta giorni.
Se la scadenza di tale termine è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione del provvedimento conclusivo, ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di centoventi giorni, tale ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio.