L’impugnazione di ruoli e delle cartelle invalidamente notificate
di Angelo GinexLa vexata quaestio, concernente l’impugnazione di ruolo e cartella di pagamento invalidamente notificati, ha avuto origine con la nota sentenza n. 19704/2015. In particolare, nel contesto di tale arresto giurisprudenziale, le Sezioni Unite avevano affermato che “Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione”, in considerazione del fatto che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato – unitamente all’atto successivo notificato (ai sensi dell’articolo 19, comma 3, D.Lgs. 546/1992) – non costituisce l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza: non può, quindi, essere esclusa la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, in quanto l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, a meno che sussista la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione.
La sentenza indicata aveva di fatto spianato la strada ai c.d. ricorsi al buio, mediante i quali i contribuenti impugnavano ruoli e cartelle di pagamento contestandone la invalida notifica ed eventuali altri vizi. Da qui, pertanto, la volontà del legislatore di limitare la proliferazione, che ha caratterizzato gli anni passati, delle controversie sorte sulla base delle risultanze degli estratti di ruolo. A tal fine, è stato introdotto il comma 4-bis, all’articolo 12, D.P.R. 602/1973, il quale consente la diretta impugnazione di ruoli e cartelle di pagamento invalidamente notificati, nei soli casi in cui il debitore (che agisce in giudizio) dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio:
- per la partecipazione a una procedura di appalto, ai sensi dell’articolo 80, comma 4, D.Lgs. 50/2016;
- per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici, di cui all’articolo 1, comma 1, lett. a), D.M. 40/2008;
- per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.
Sin da subito, tale norma è apparsa gravemente lesiva dei diritti dei contribuenti, generando l’auspicio che di essa si avesse una lettura maggiormente aderente al dettato costituzionale e al diritto europeo. Tanto è vero che tale questione è giunta innanzi alla Consulta per il vaglio di legittimità costituzionale.
Più precisamente si rilevava che il legislatore, consentendo di impugnare direttamente la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata – e di cui si sia venuti a conoscenza tramite la consultazione dell’estratto di ruolo – solo per alcune fattispecie attinenti a rapporti con la Pubblica Amministrazione, pur nella dichiarata intenzione di limitare una grave proliferazione di ricorsi talvolta meramente strumentali, ha tuttavia inciso inevitabilmente sull’ampiezza della tutela giurisdizionale.
La Corte costituzionale, pur dichiarandone l’inammissibilità, ha ritenuto implicitamente fondata la questione, tanto da lanciare un forte monito al legislatore, affinché riveda la normativa in esame, così rispondendo all’indefettibile esigenza di superare “la grave vulnerabilità e inefficienza, anche con riferimento al sistema delle notifiche, che ancora affligge il sistema italiano della riscossione”.
Nella pronuncia indicata, infatti, si legge che “il rimedio al vulnus riscontrato” richiederebbe, almeno in prima battuta, un intervento normativo di sistema, implicante una scelta tra opzioni rientranti nella totale discrezionalità dello stesso legislatore.
Tale risultato potrebbe essere ottenuto agendo su più direzioni, peraltro anche non alternative tra loro:
- da un lato, estendendo, con i criteri ritenuti opportuni, la possibilità di una tutela” anticipata” a determinate fattispecie ulteriori, nonché analoghe a quelle previste dalla norma censurata;
- dall’altro, agendo in radice, ovvero sulle patologie che ancora permangono nel sistema italiano della riscossione. Queste, si aggiunge, “attengono sia al passato, dove, anche per cause storiche, si è accumulata una consistente massa di crediti ormai evidentemente prescritti, sia al futuro perché il sistema dovrà essere strutturato in modo che tale fenomeno non si ripeta, evitando, in particolare, il danno di gravi falle nell’adempimento del dovere tributario”.
In definitiva, quindi, si auspica che il governo dia efficace attuazione, così come sembrerebbe, ai princìpi nonché ai criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale della riscossione, contenuti nella delega conferitagli mediante la norma di cui all’articolo 18, L. 111/2023 (Delega al Governo per la Riforma fiscale).