Le conseguenze del decesso del socio di studio associato
di Laura MazzolaIl decesso del professionista, socio dello studio associato, determina lo scioglimento del rapporto limitatamente allo stesso.
Come disciplinato dall’articolo 2284, cod. civ., in merito alla società semplice, “Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che non preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano”.
Ne deriva che, anche tenuto conto del carattere personale del rapporto nello studio associato e dei requisiti richiesti per svolgere una professione di tipo intellettuale, la possibilità di continuare con gli eredi sembra, salvo diverso accordo, da escludere.
Agli eredi del professionista spetta la liquidazione della quota dello studio associato, la quale risulta costituita da due componenti:
- la quota di utili;
- la quota di patrimonio netto.
La quota di utili è formata dagli utili pregressi, e non ancora distribuiti, e dagli utili relativi al lavoro svolto dal 1° gennaio alla data del decesso del professionista.
Al fine di determinare la quota di utili relativa all’anno del decesso, si può scegliere una delle due seguenti impostazioni:
- determinare i ricavi e i costi secondo il criterio di competenza, ossia sulla base delle prestazioni effettuate dal professionista deceduto e dei costi relativi;
- determinare i ricavi e i costi secondo il criterio di cassa, ossia sulla base degli incassi realizzati e delle spese sostenute.
Il primo criterio, quello di competenza, appare più equo, ma richiede maggiori e diversificati conteggi; mentre il secondo criterio, quello di cassa, risulta più facile e di rapida determinazione, ma non sempre congruo rispetto al lavoro effettivamente svolto dal de cuius.
Si possono, però, ipotizzare soluzioni intermedie, magari basate su una quantificazione forfettaria e calcolata come media, ragguagliata al periodo intercorso tra il primo gennaio e la data del decesso, degli ultimi periodi di imposta.
La seconda componente, rappresentata dalla quota di patrimonio netto, è costituita dagli apporti di denaro o di beni in proprietà o godimento da parte dei professionisti associati.
In merito, l’articolo 2289, cod. civ., afferma che “Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota. La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento”.
Dalla lettura della norma deriva l’impossibilità, per gli eredi, di pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà o in godimento, salva diversa pattuizione contenuta nello statuto dello studio associato.
In particolare, lo statuto potrebbe alternativamente:
- considerare lo studio associato obbligato al pagamento e, di conseguenza, provvedere ad una riduzione di utili e di patrimonio netto;
- considerare gli associati superstiti obbligati al pagamento e, di conseguenza, mantenere inalterato il patrimonio e accrescere la quota liquidata degli associati superstiti che hanno provveduto al pagamento.
Risultano poi tassati i redditi percepiti dagli eredi e dai legatari.
A tali soggetti è data la facoltà, salvo loro diversa opzione, di tassare separatamente tutti i redditi prodotti dal professionista deceduto e da loro riscossi, se rilevanti ai fini fiscali nel momento della percezione.