I dividendi percepiti dalla società semplice ed il principio del look through
di Ennio VialI dividendi provenienti da società di capitali e percepiti da società semplici sono, a regime, soggetti al principio del c.d. look through. In sostanza, mentre nel caso delle snc e delle sas gli stessi concorrono a formare reddito imponibile in capo al socio della società di persone per il 40%, 49.72% o per il 58.14% (a seconda del momento di maturazione), venendo imputati al socio nel quadro H, nel caso della società semplice si applica una sorta di “super trasparenza”. Infatti, il dividendo proveniente da una società di capitali, non solo deve essere dichiarato dal socio della società semplice stessa, ma lo stesso addirittura non transita in alcun quadro dichiarativo del modello SP del socio società semplice.
Per semplicità, ci limitiamo in questa sede ad analizzare il caso del socio di società semplice residente e della società di capitali ugualmente residente in Italia.
A seguito della modifica operata dall’articolo 32-quater, D.L. 124/2019, la tassazione avviene direttamente in capo al socio della società semplice, salvo un periodo transitorio che si è concluso lo scorso 31.12.2022 quanto meno a livello di delibera, per gli utili maturati dal 2020 e per tutti gli utili deliberati dopo il 31.12.2022 (a prescindere dal periodo di maturazione).
Ciò comporta che, in molti casi, la società di capitali che paga detti dividendi non opera alcuna ritenuta alla fonte e li distribuisce alla società semplice. Quest’ultima darà indicazione ai vari soci di inserirli nella loro dichiarazione dei redditi per un ammontare imponibile che varia a seconda della natura del socio.
Più in dettaglio, se il socio è una società di persone commerciale, la stessa dovrà dichiarare il dividendo per il 58.14% del relativo ammontare. Diversamente, se il socio è una società di capitale, il dividendo concorre alla base imponibile limitatamente al 5%.
Infine, se il socio è un ente non commerciale, come ad esempio un trust, il dividendo dovrà concorrere alla base imponibile per il 100% del suo ammontare.
Nell’ultimo caso, per fare un esempio, tale impostazione trova conferma nelle istruzioni al rigo RL1 del Modello Redditi ENC ove si legge che “Vanno, altresì, indicati, gli utili distribuiti alle società semplici, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, anche nei casi di cui all’articolo 47, comma 7, del TUIR, dalle società e dagli enti di cui all’art. 73, comma 1, del TUIR che si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci (art. 32-quater del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 ).
Rimane, da ultimo, il caso, invero più frequente, del socio persona fisica che opera nella sua sfera privata. In questo caso, la società di capitali partecipata dalla società semplice, su specifica indicazione ricevuta dalla società semplice stessa, deve operare una ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 26%. Il dividendo netto, pertanto, non subirà ulteriore tassazione in capo al socio persona fisica. Nel conto corrente della società semplice, infatti, confluirà il dividendo già al netto della ritenuta.
Questo regime fiscale non è scevro di conseguenze nel caso in cui si debba valutare la società semplice come holding. Un aspetto positivo è legato al fatto che, se i soci della società semplice sono persone fisiche che si sono create la holding rivalutando le partecipazioni a pagamento e cedendole al prezzo di mercato alla società semplice, non vi possono essere contestazioni di cash out da parte dell’Agenzia. Ciò per l’evidente circostanza per cui il dividendo pagato dalla società target non sconta la tassazione del 1.2% ma la tassazione alla fonte del 26%.
Non si può configurare, pertanto, alcun risparmio fiscale.
Tale circostanza pone l’accento sul fatto che la società semplice non rappresenta un veicolo efficiente per acquisire la liquidità, al fine di reinvestirla nelle società di capitali partecipate. La società di capitali, sotto questo profilo, appare molto più efficiente.
A diverse conclusioni, invece, si giunge se dobbiamo valutare la società semplice come liquidity company. La soluzione, da valutarsi come alternativa alla detenzione di liquidità da parte di persone fisiche, offre alcuni vantaggi. Ad esempio, l’importo massimo di Ivafe dovuta non può superare i 14.000 euro, come per l’imposta di bollo.