12 Gennaio 2024

Società agricole e opzione per la determinazione catastale del reddito

di Luigi Scappini
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La scheda di FISCOPRATICO

La chiusura dell’anno solare offre alle società agricole l’opportunità di effettuare qualche considerazione in merito a quale sia il regime fiscale più conveniente, sia per quanto riguarda l’imposizione diretta sia l’Iva.

Soffermando l’attenzione sulla prima fattispecie, si deve innanzitutto evidenziare come tale possibilità di poter “scegliere” tra due diverse forme impositive, nella realtà, non spetta a tutte le società agricole.

Come noto, infatti, si considerano tali, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2, D.Lgs. 99/2004, le società che rispettano 2 requisiti:

  • il primo, di carattere formale, consistente nella necessità di prevedere nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di “società agricola” e;
  • il secondo, di natura sostanziale, consistente nell’esercitare in via esclusiva le attività agricole come definite dall’articolo 2135, cod. civ..

La qualifica di società agricola permette di accedere a una serie di agevolazioni riguardanti, in primis, aspetti fiscali, ma anche agevolazioni di carattere previdenziale e assistenziale.

Per quanto riguarda il profilo fiscale, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, comma 1093, L. 296/2006, è possibile optare per la determinazione del reddito, che rimane di impresa, secondo le regole di cui all’articolo 32, Tuir e quindi su base catastale.

Tale possibilità, tuttavia, non compente a tutte le società agricole, ma solamente alle Snc, Sas, Srl e cooperative, rimanendone escluse le società semplici, le Spa e le Sapa.

Nel primo caso, l’esclusione deriva dalla circostanza che il reddito prodotto dalle società semplici in ragione dell’esercizio di un’attività agricola come definita dall’articolo 2135, cod. civ. (quindi coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse) produce sempre un reddito fondiario determinabile catastalmente, non essendo mai possibile dichiarare un reddito di impresa.

Al contrario, per le Spa e le Sapa società agricole, l’impossibilità è frutto di una decisione a monte da parte del Legislatore che non le ha espressamente incluse tra i soggetti beneficiari. Sul punto, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 177/E/2008, ha affermato che “Come emerge dai lavori parlamentari (ad es. resoconto di lunedì 18 dicembre 2006 della VI commissione) la nuova disposizione è volta a favorire lo sviluppo della forma societaria in agricoltura. Per questa ragione essa non si dirige alle società per azioni rispetto alle quali il legislatore ha inteso mantenere il sistema classico di tassazione in base al bilancio.”.

Sempre l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 98/E/2016, richiamando quanto già affermato con la circolare n. 50/E/2010, ha avuto modo di chiarire che “una società agricola che intenda optare per la tassazione catastale deve possedere i requisiti soggettivo e oggettivo, fin dall’inizio del periodo d’imposta e deve comunicare la propria scelta nella prima dichiarazione (IVA o dei redditi) da presentare.”.

Come espressamente stabilito dall’articolo 2, D.L. 213/2007, l’opzione segue le regole previste dall’articolo 1, D.P.R. 442/1997, e si protrae per un triennio, per poi rinnovarsi di anno in anno, salvo facoltà di opzione per un ritorno per le regole ordinarie.

Ovviamente, l’opzione viene meno con effetto dal periodo di imposta in cui le società agricole perdono i requisiti previsti dall’articolo 2, D.Lgs. 99/2004.

Il rimando alle regole previste dal D.P.R. 442/1997 comporta che, nonostante la norma richieda l’esercizio dell’opzione nella prima dichiarazione utile, la stessa sia comunque valida anche in assenza di tale adempimento: è netto, infatti, l’articolo 1, D.P.R. 442/1997, nello stabilire che “L’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili.” proseguendo affermando proprio che “La validità dell’opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività. “.

In tal senso, anche l’Agenzia delle entrate la quale, con la circolare n. 209/E/1998 (a commento della riforma del regime opzionale) ha confermato che “con la norma in esame viene modificato il tradizionale concetto di opzione. Infatti, mentre la validità dell’opzione veniva finora basata esclusivamente sulla formalità della comunicazione fatta all’ufficio, in base alla nuova disciplina la comunicazione non rileva più ai fini della validità dell’opzione ma la sua omissione comporta riflessi esclusivamente ai finì sanzionatori.”.

In conclusione, nel caso di mancato esercizio dell’opzione in occasione della presentazione della dichiarazione Iva, la stessa rimane valida e il contribuente sarà passibile di una sanzione amministrativa.