Scissione scorporo e conferimento di azienda: profili di responsabilità dell’avente causa
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Le imprese in difficolta spesso valutano l’opportunità di eseguire operazioni straordinarie, anche al fine di sottrarsi, almeno parzialmente, alla responsabilità in merito alle obbligazioni assunte precedentemente, oltre a proteggere per quanto possibile, una parte del patrimonio aziendale. In questo ambito, non tutte le operazioni presentano gli stessi profili di responsabilità e più precisamente vi è una sensibile differenza tra:
- scissione, in particolare la cosiddetta scissione scorporo di cui all’articolo 2506.1 cod. civ. e;
- conferimento di azienda.
Si rappresenti la situazione di una società che esegue una scissione scorporo, attribuendo ad una beneficiaria un ramo di azienda precedentemente gestito, e imputando al compendio trasferito anche le passività relative. Un medesimo esito può essere raggiunto tramite un conferimento di ramo di azienda in una conferitaria. A ben vedere, con l’avvento della scissione scorporo, gli esiti contabili delle due operazioni sono del tutto simili, in considerazione del fatto che la partecipazione (che rappresenta il ramo di azienda trasferito) è, in entrambi i casi, iscritta nell’attivo della Scissa/ Conferente.
Certamente, la procedura da seguire per ottenere questo risultato è molto diversa tra le due operazioni, nel senso che, nel caso del conferimento di azienda, siamo di fronte ad un atto di governance che viene eseguito senza coinvolgere necessariamente i soci ( ma con obbligo di redigere la perizia di stima), mentre nella scissione scorporo siamo di fronte ad una operazione che coinvolge tutti gli organi sociali e anche soggetti esterni agli organi sociali (amministratori per redigere il progetto, soci per approvarlo e eseguire l’atto di scissione, nonché creditori per esprimere eventuale opposizione), ma altrettanto certamente l’aspetto più delicato è valutare i profili di responsabilità sulle passività trasferite.
In altre parole, quali sono i rischi che possono correre le società aventi causa dell’operazione in merito alle passività trasferite direttamente ad altra società beneficiaria, oppure rimaste in capo alla società dante causa?
Nell’ambito della scissione, un primo profilo di responsabilità attiene agli elementi del passivo non specificamente attribuiti dal progetto di scissione; in tal caso, ai sensi dell’articolo 2506 bis, comma 3, cod. civ., rispondono in solido di dette passività tutte le società coinvolte nell’operazione. Tuttavia, vi è un limite alla responsabilità rappresentato dall’entità del patrimonio netto effettivo attribuito a ciascuna società beneficiaria.
Il tema del limite del patrimonio netto effettivo è centrale, poiché ricorre in diversi ambiti di responsabilità della beneficiaria e della scissa: al riguardo, va ricordato che la medesima locuzione compare nell’articolo 2506 ter, comma 2, cod. civ. (relazione degli amministratori) a proposito della quale si registra un passaggio del documento OIC 4. Secondo il principio contabile in rassegna, il patrimonio effettivo deve essere determinato a valori correnti, limitandosi, però, a rilevare le plusvalenze latenti di beni specificamente individuabili e oggetto di possibili esecuzioni forzate, in pratica escludendo avviamento ed altre immaterialità non incorporate in beni singolarmente cedibili.
Un secondo profilo di responsabilità emerge nell’articolo 2506 quater, ultimo comma, cod. civ., in cui si afferma che per le passività trasferite ad altra società (e non soddisfatte da quest’ultima) è prevista la responsabilità solidale da parte delle società risultanti dalla scissione e non assegnatarie di dette passività. Tale responsabilità coinvolge anche la scissa nella scissione parziale (e necessariamente nella scissione scorporo, dato che la scissa deve continuare l’attività), poiché la norma cita anche il termine “patrimonio netto rimasto”. La responsabilità trova sempre un limite nel patrimonio netto effettivo, e ciò assicura che, in caso di scissione a favore di una beneficiaria, non si possa intaccare il patrimonio per un ammontare superiore a quello effettivo trasferito.
Sul punto, va notato che nella scissione ordinaria verso società beneficiaria preesistente, pur ammettendo che la beneficiaria possa essere chiamata a rispondere delle passività attribuite dalla scissa (o anche attribuite ad altra beneficiaria insolvente), va sempre rilevato che il tetto massimo di tale responsabilità è il netto effettivo assegnato.
Nel conferimento d’azienda, la società conferitaria trova, quale unica norma in materia di responsabilità sulle passività della conferente, l’articolo 2560, ultimo comma, cod. civ. che, seppur dedicato alla cessione d’azienda, è, per dottrina unanime, certamente applicabile anche al conferimento d’azienda.
In questa disposizione emerge che la conferitaria, nel trasferimento di azienda commerciale risponde dei debiti “suddetti”, cioè relativi al ramo di azienda trasferito, se essi risultano dai libri obbligatori. Da questa disposizione non sembrano emergere profili di responsabilità della conferitaria, in merito alle passività del ramo d’azienda trasferito ad altra conferitaria (nel conferimento di due rami di azienda a due società conferitarie) e ciò costituisce, senza dubbio, una differenza di non poco momento, rispetto alla operazione di scissione.
Sul punto, è di grande aiuto una significativa sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 13319/2015) che, dopo aver ricostruito con grande precisione la disciplina della cessione d’azienda e, in modo particolare, quale sia l’esito in materia di responsabilità sui debiti relativo alla stessa azienda ex articolo 2560 cod. civ., si interroga su quale sia la sorte di detti debiti, quando oggetto del trasferimento non sia l’intera azienda, bensì un ramo di essa.
Nel caso in questione era stata realizzata una cessione di ramo di azienda commerciale (ma identiche conclusioni sono applicabili anche al conferimento di ramo di azienda), mentre il ramo artigianale era stato mantenuto dal cedente. La questione controversa era valutare se i debiti relativi al ramo artigianale, e non soddisfatti dal cedente, potevano essere posti a carico dell’acquirente il ramo di azienda commerciale, come aveva sostenuto il creditore in giudizio e come aveva sentenziato la Corte di Appello. Ebbene, la Cassazione rovescia il giudizio di secondo grado, ritenendo che l’acquirente sia irresponsabile di debiti non inerenti al ramo di azienda acquisito. Sul punto, la Cassazione afferma esplicitamente : “Alla luce della ratio della norma, deve affermarsi che nella cessione di ramo di azienda il bilanciamento di interessi previsto dal legislatore con l’art. 2560 comma 2 c.c. si realizza solo ritenendo che l’acquirente di un ramo di azienda risponderà dei debiti che dalle scritture contabili risulteranno riferirsi alla parte di azienda a lui trasferita.
Con ciò, non si vuole indurre alla convinzione che tramite un conferimento si possa ottenere una sostanziale impunità della società conferitaria, in relazione alle passività trasferite all’altra conferitaria. Una simile conclusione costituirebbe un vulnus nel sistema che pregiudicherebbe le garanzie dei terzi creditori, però va certamente rimarcato che, una cosa è prevedere una responsabilità esplicita (come avviene nelle scissioni), altra cosa è se questa responsabilità esplicita non sussiste. Ciò significa che il creditore non soddisfatto dalla conferente, per una certa passività rimasta in carico alla conferente, ha come unico rimedio, per aggredire la conferitaria, la dimostrazione che con il conferimento si è agito in pregiudizio delle sue ragioni, ai sensi dell’articolo 2901 cod. civ., cioè l’azione di revocatoria ordinaria, che comporta la necessita di dimostrare che gli attori hanno agito scientemente per arrecare danno al creditore.