24 Gennaio 2024

La regolarizzazione del magazzino e le criticità sollevate dagli operatori tributari

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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L’analisi e l’approfondimento della tematica della regolarizzazione del magazzino, di cui all’articolo 1, commi 78 e seguenti, L. 213/2023, anche con l’aiuto delle questioni sollevate nel corso della giornata del MB Euroconference, fa emergere diverse questioni critiche, che occorre considerare prima di avviare la procedura. Su questi punti critici non è sempre di aiuto la circolare n. 115/E/2000, emanata a commento della precedente normativa di cui all’articolo 7, L. 488/1999, sia perché alcuni spunti normativi non sono sovrapponibili tra la norma attuale e quella di allora, sia per il mutato scenario tributario generale, in cui si colloca la scelta della regolarizzazione.

Vediamo di approfondire le singole questioni.

 

Ambito soggettivo: i semplificati di cassa

Dal punto di vista soggettivo, l’articolo 1, comma 78, L. 213/2023, marca una differenza sostanziale rispetto alla norma del 1999. Infatti, all’epoca, la regolarizzazione del magazzino era destinata ad imprese medie piccole, assoggettabili ad accertamento con Studi di settore o Parametri, mentre la norma attuale prevede, quale unico elemento necessario, la circostanza di non applicare gli Ias, bensì i principi contabili nazionali. In realtà, questa ultima precisazione non è presente nell’ambito soggettivo, essendo esso delimitato solo a contrario; quindi, le imprese che non applicano i principi Ias sono comprese nell’ambito soggettivo. In questa ampia previsione normativa, si discute se siano inseribili anche le imprese in regime semplificato di cassa, per le quali le rimanenze non influenzano direttamente il reddito imponibile (ancorché siano indicate nel modello redditi). Sul piano letterale, non sono ritraibili elementi ostativi alla regolarizzazione, ma, ovviamente, il nodo centrale consiste nelle conseguenze che tale scelta potrebbe comportare. In altri termini, se venisse incrementato il magazzino all’1.1.2023, pagando l’imposta sostitutiva del 18%, tale scelta avrebbe come riflesso il riconoscimento del maggior costo dei beni, maggior costo che ridurrebbe il reddito nel periodo d’imposta 2023? Un approccio sistematico alla questione porterebbe ad una risposta positiva, posto che il magazzino incrementato, una volta ceduto a terzi, determina un componente positivo di reddito che necessariamente dovrebbe interfacciarsi con il componente negativo relativo all’acquisto o, nel caso in questione, conseguenza della regolarizzazione. È chiaro, tuttavia, che un intervento in tal senso da parte della Agenzia delle entrate è necessario, poiché il tema dei semplificati di cassa è del tutto nuovo in relazione alla regolarizzazione del magazzino.

 

Le conseguenze sul patrimonio netto  

Mentre l’eliminazione del magazzino determina una riduzione del patrimonio netto da imputare prioritariamente alle riserve di utili, l’incremento dello stesso magazzino comporta la genesi di una riserva di utili. Entrambe le situazioni presentano implicazioni fiscali e dichiarative oltre che, ovviamente, conseguenze sull’ammontare del patrimonio netto ai fini del bilancio. La riduzione di riserve di utili va collocata nel prospetto delle riserve nella colonna decrementi ed è possibile che questa impostazione provochi qualche conseguenza accertativa o, comunque, di controllo dichiarativo in tema di dividendi non tassati dai soci delle società di capitali. Dal tenore della norma, non emerge la necessità di ritenere tassabile il dividendo che emergerebbe quale conseguenza della riduzione della riserva, ma certamente una conferma in tal senso aiuterebbe ad affrontare con maggiore tranquillità l’intera procedura di regolarizzazione. Sul punto, è stato segnalato, da più parti, il tema dello scenario che si manifesta nel caso in cui la riduzione del patrimonio netto sia superiore rispetto al patrimonio netto esistente all’1.1.2023. La conseguenza di tale situazione non può che essere, a parere di chi scrive, l’emersione di una causa di scioglimento per riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale, risolvibile solo con l’apporto di capitale da parte dei soci o con l’avvio della liquidazione volontaria.

La scelta contraria, incremento del magazzino all’1.1.2023, fa emergere una riserva di utili. Nel contesto della società di capitali, tale riserva non può essere considerata in sospensione di imposta, poiché un tale status non può che derivare da una esplicita previsione normativa che non esiste nella ipotesi in commento. Detto ciò, va rimarcato che, trattandosi di riserva di utili, deve ritenersi che un’eventuale distribuzione futura non possa che essere considerata tassabile come dividendo in capo ai soci percettori. Inoltre, questa riserva, come ogni altra riserva di utili, va tenuta in considerazione ai fini della presunzione di cui all’articolo 47, comma 1, Tuir, secondo cui, in caso di distribuzione di riserve ai soci, vanno prioritariamente assunte quelle di utili, in luogo di quelle di capitale.

Discorso diverso se siamo di fronte a società di persone o imprese individuali. Gli utili che emergono sono assoggettati ad imposta del 18%, che sostituisce le imposte sul reddito e l’Irap. Ciò porta a ritenere che la riserva vada imputata ad incremento del costo della partecipazione, poiché essa subisce un prelievo sostitutivo che esaurisce l’obbligazione tributaria per lo stesso ammontare incrementato, e così, in caso di futura distribuzione, l’effetto è nullo, poiché il costo della partecipazione verrebbe ridotto essendo, però, stato precedentemente incrementato del medesimo ammontare.

Da più parti emerge il problema dell’eventuale effetto previdenziale della regolarizzazione, ma sul punto va messo in risalto che l’imposta del 18% non sostituisce l’Inps dei soci e, peraltro, la genesi della riserva di utili non comporta un incremento reddituale diretto, ma solo il riconoscimento di un maggiore importo di rimanenze iniziali all’1.1.2023.

 

Gli aspetti dichiarativi

L’articolo 1, comma 82, L. 213/2023, statuisce che l’adeguamento deve essere richiesto nel modello redditi, verosimilmente nel quadro RQ. È possibile che un soggetto debba compilare il modello redditi 2023, in luogo del modello nuovo 2024. Basti pensare al caso della società di persone che si è trasformata dopo il 30.9.2023, ad esempio il 15.12.2023, in società di capitali e, quindi, adegua le rimanenze iniziali all’1.1.2023. Il modello dichiarativo per il periodo d’imposta dell’adeguamento (1.1.2023 – 14.12.2023) sarà quello vecchio che non contiene il riquadro del RQ, necessario per inserire la scelta di regolarizzazione. Questa situazione, comune a molte altre (si veda la risoluzione n. 54/E/2017) è stata risolta nel passato dalla Agenzia delle entrate dando risalto al comportamento concludente (quindi versamento dell’imposta sostitutiva nei termini di legge) e suggerendo di compilare un prospetto extracontabile, sostitutivo del quadro dichiarativo, da esibire a richiesta dell’organo verificatore.