Determinazione della posizione finanziaria netta: impostazioni teoriche e rilevanza nelle operazioni di M&A
di Fabio GiommoniLa ‘‘posizione finanziaria netta’’ (Pfn) è una grandezza che trova sempre più spazio nell’ambito dell’analisi di bilancio e finanziaria, nei piani aziendali (soprattutto nei contesti di risanamento), nonché nella definizione dei “covenants” finanziari generalmente previsti nei contratti di finanziamento bancario, specie di medio lungo/termine, e di emissione di titoli di debito delle imprese.
Ma è nelle operazioni di “mergers and acquisitions” che risulta più significativo l’impatto della posizione finanziaria netta, in quanto si fa sempre più spesso ricorso a metodi di valutazione delle aziende basati sulla Pfn.
L’articolo riassume le impostazioni teoriche e approfondisce le problematiche operative di calcolo della posizione finanziaria netta, soprattutto nell’ambito delle operazioni di M&A.
Premessa: la funzione della posizione finanziaria netta
La posizione finanziaria netta è uno dei principali indicatori utilizzati per valutare la situazione finanziaria di un’impresa.
Essa rappresenta l’indebitamento finanziario complessivo a una determinata data ed è calcolata come differenza tra le passività finanziarie e le attività finanziarie, distinte in non correnti e correnti. È dunque una grandezza “netta”, poiché sottrae, alle passività finanziarie, le attività finanziarie disponibili dell’impresa.
La posizione finanziaria netta può dunque essere anche “positiva”, circostanza che si verifica quando la somma delle disponibilità liquide e dei crediti e attività finanziarie supera la somma dei debiti finanziari dell’impresa.
Occorre tuttavia prestare particolare attenzione al segno attributo alla posizione finanziaria netta in quanto nella prassi, soprattutto nell’ambito della riclassificazione dello Stato patrimoniale in termini finanziari, quando i debiti finanziari superano le attività finanziarie la Pfn è indicata con segno positivo, mentre qualora vi sia un surplus finanziario attivo questo è indicato con segno negativo.
La Pfn è un indicatore che è sempre più utilizzato nelle analisi di bilancio e nelle analisi finanziarie perché è necessaria per calcolare i più significativi indici finanziari e di solidità della struttura patrimoniale a cui si ricorre, in particolar modo, per valutare della sostenibilità finanziaria dei business plan.
Inoltre, agli indici calcolati a partire dalla Pfn fanno spesso riferimento i “covenants” previsti nei finanziamenti a medio/lungo termine e nelle operazioni di emissione di titoli di debito da parte delle imprese.
Ma è nell’ambito delle operazioni di “mergers and acquisitions” (M&A), ovvero di fusioni e acquisizioni, che è maggiore l’impatto della posizione finanziaria netta, qualora il prezzo della compravendita venga determinato partendo da un criterio di valutazione dell’azienda secondo un approccio c.d. “asset side”, attraverso il quale si determina dapprima l’”enterprise value”, per poi addivenire all’”equity value” della società “target” sottraendo la sua Pfn.
Il ruolo della Pfn nell’analisi di bilancio
Come ben evidenziato nel documento Irdec dell’ottobre 2013[1], la Pfn oltre a essere una grandezza che, da sola considerata, permette di ottenere un primo giudizio sulla effettiva esposizione debitoria dell’azienda, può essere ulteriormente utilizzata per il calcolo dei più significativi indicatori finanziari.
Innanzitutto, si tratta del rapporto tra indebitamento finanziario della società e il capitale apportato dai soci, espresso dalla seguente formula:
Pfn / capitale proprio |
Questo rappresenta un indice c.d. di indebitamento o “leverage” il quale fornisce indicazioni, a parità di ogni altra condizione, sul grado di solidità aziendale e, dunque, sul grado di dipendenza da terzi finanziatori[2].
Altro indice calcolato utilizzando la posizione finanziaria netta è quello espresso dalla seguente formula:
Pfn / capitale investito netto |
Tale indice indica quanta parte degli assets è finanziata mediante ricorso a indebitamento finanziario netto e (per differenza) quanta con equity.
Passando agli indicatori economici, il seguente rapporto:
Pfn / vendite |
rappresenta il tasso di assorbimento della esposizione finanziaria netta, ovvero consente di apprezzare la capacità dell’azienda di coprire i rimborsi dell’indebitamento netto attraverso i flussi monetari in entrata ritraibili dalle vendite.
Un ultimo importante indicatore calcolato sulla base della posizione finanziaria netta è quello espresso dalla formula seguente:
Pfn / margine operativo lordo (Ebitda) |
Considerando che l’Ebitda esprime il flusso reddituale della gestione caratteristica al lordo (oltre che degli oneri finanziari e delle imposte) anche dei costi operativi non monetari (tipicamente ammortamenti e svalutazioni), il quoziente esprime orientativamente la capacità e i tempi di rimborso delle passività finanziarie nette onerose, attraverso i flussi finanziari agganciati alla redditività di tale area gestionale[3].
Il ruolo della Pfn nella definizione dei covenants finanziari
Altro contesto nel quale la Pfn è presa a riferimento è quello dell’individuazione dei covenants finanziari da inserire nei contratti di prestito bancario, soprattutto a medio/lungo termine.
I covenants rappresentano, infatti, clausole contrattuali sempre più spesso previste nei contratti bancari con l’obiettivo si assicurare maggiori tutele all’istituto finanziante in merito all’andamento della gestione del debitore, in modo da poter attivare tempestivamente azioni dirette al recupero del credito nei frangenti in cui la situazione finanziaria dell’impresa viene a deteriorarsi.
Si prevedono, quindi, alcuni indicatori al superamento dei quali scatta la revoca degli affidamenti o la necessità di una loro rinegoziazione a condizioni meno favorevoli.
I principali covenants sono costituiti da indici patrimoniali quali il rapporto tra la Pfn e il totale del capitale proprio, diretti a evitare che la leva finanziaria dell’impresa superi determinate soglie, oltre le quali aumenta sensibilmente il rischio di insolvenza.
Altri più frequenti covenants sono rappresentati dal rapporto tra la Pfn e indicatori di redditività operativa, quali, in particolare, l’Ebitda, con l’obiettivo di evitare che l’indebitamento finanziario superi una certa percentuale dei flussi finanziari operativi utilizzabili per il suo rimborso[4].
Il ruolo della Pfn nelle operazioni di M&A
Nelle operazioni di M&A la Pfn riveste un ruolo rilevante in quanto rappresenta un aggregato fondamentale che può incidere significativamente nella determinazione del valore dell’azienda o delle partecipazioni oggetto di compravendita.
Ciò in quanto per definire il valore economico del capitale (equity) di una società è sempre più diffuso l’approccio c.d. “asset side”, il quale richiede la determinazione della Pfn.
Come ben indicato nei Principi italiani di valutazione (Piv)[5] le valutazioni aziendali possono essere impostate con i seguenti approcci:
- “equity side”, il quale prevede di determinare direttamente il valore del capitale netto dell’azienda/società (equity value);
- “asset side”, il quale prevede prima l’individuazione dell’“enterprise value” (ovvero dell’azienda indipendentemente dalla struttura finanziaria della stessa), al quale viene poi sottratta algebricamente la posizione finanziaria netta per determinare il valore del capitale netto (equity value).
La principale differenza dei 2 approcci valutativi è riconducibile al ruolo della struttura finanziaria dell’azienda in quanto i metodi “equity side” già tengono conto, nel calcolo dell’equity value, dell’impatto dell’indebitamento finanziario, dato che vengono utilizzate grandezze c.d. “levered”, mentre nei metodi valutativi secondo l’approccio “asset side” la valutazione è effettuata sterilizzando gli effetti della struttura finanziaria (si utilizzano grandezze “unlevered”), per arrivare poi al valore dell’azienda sottraendo la posizione finanziaria netta.
Nella valutazione di aziende e partecipazioni nell’ambito di operazioni di M&A sono sempre più utilizzati gli approcci “asset side”, quali, in particolare, il metodo finanziario c.d. “Unlevered discounted cash flow” (Udcf), che prevede l’attualizzazione dei flussi finanziari, e il metodo dei multipli applicato all’Ebitda.
In entrambi i casi sono utilizzati flussi finanziari/reddituali “unlevered” e quindi viene determinato l’“enterprise value”, al quale deve essere sottratta la Pfn per calcolare l’“equity value”.
Nelle operazioni di M&A basate su detti approcci il calcolo della posizione finanziaria netta è dunque suscettibile di incidere, anche sensibilmente, sulla determinazione dell’equity value, a fronte del quale le parti, nell’ambito della trattativa, individuano poi il prezzo della compravendita.
Definizione teorica della posizione finanziaria netta
Sebbene la posizione finanziaria netta rivesta un ruolo così importante, ciononostante manca una definizione universalmente riconosciuta e condivisa di tale indicatore.
In particolare, non si rinviene, né nei Principi contabili nazionali dell’Oic, né in quelli internazionali Ias/Ifrs, una specifica definizione di posizione finanziaria netta o particolari modalità di calcolo della stessa.
Il problema sorge perché la posizione finanziaria netta, se determinata nell’ambito della riclassificazione funzionale dello Stato patrimoniale, deve prendere a riferimento i valori che sono presenti in svariati aggregati di bilancio, sia attivi sia passivi, per cui l’inclusione o meno di determinate voci patrimoniali può condurre a una ben diversa quantificazione della Pfn.
La prassi delle Autorità di controllo dei mercati finanziari
A livello di prassi il primo significativo intervento diretto a introdurre una modalità condivisa di determinazione della Pfn si rinviene nel 2005, quando il Committee of securities regulators (Cesr), che al tempo rivestiva il ruolo di Autorità di sorveglianza del mercato finanziario europeo[6], con la Raccomandazione del 10 febbraio 2005 (“Raccomandazioni per l’attuazione uniforme del regolamento della Commissione Europea sui prospetti informativi”) aveva indicato una modalità operativa di determinazione della Pfn con lo scopo di stabilire prassi di vigilanza uniformi tra le Autorità competenti nella valutazione delle informazioni contenute nei prospetti finanziari[7].
L’Autorità di vigilanza nazionale, ovvero la Consob, con la comunicazione DEM/6064293 del 28 luglio 2006 ha fatto rinvio proprio alla definizione di Pfn fornita dalla raccomandazione Cesr sopra menzionata.
La raccomandazione del Cesr faceva riferimento all’indebitamento finanziario netto (net financial indebtedness), il quale veniva poi distinto in esposizione di breve, ovvero di medio/lungo termine.
Lo schema di calcolo era quello evidenziato dalla tabella seguente.
Issuers should be provide disclosure of Net indebtedness in the short term and in the medium-long term: A. Cash B. Cash equivalent (Detail) C. Trading securities D. Liquidity (A)+(B)+(C) E. Current Financial Receivable F. Current Bank debt G. Current portion of non current debt H. Other current financial debt I. Current Financial Debt (F)+(G)+(H) J. Net Current Financial Indebtedness (I)-(E)-(D) K. Non current Bank loans L. Bonds Issued M. Other non current loans N. Non current Financial Indebtedness (K)+(L)+(M) O. Net Financial Indebtedness (J)+(N) |
Nella citata comunicazione del 2016, la Consob prescriveva che le aziende dovessero riportare l’indicazione della posizione finanziaria secondo le predette modalità di calcolo indicate dal CESR.
La prassi contabile nazionale
Un primo contributo nella definizione di Pfn da parte della prassi contabile italiana è stato fornito dall’Organismo italiano di contabilità nel 2011 con l’emanazione del Principio contabile Oic 6 – “Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio”, il quale è stato però successivamente abrogato, a partire dai bilanci del 2017, con l’entrata in vigore del nuovo Principio Oic 19 – “Debiti”.
Il citato Oic 6 (§ 7.4), nell’ambito dell’informativa integrativa da fornire nei bilanci in merito alla ristrutturazione del debito, sottolineava che la posizione finanziaria netta (o indebitamento finanziario netto) è calcolata generalmente come somma algebrica tra le seguenti grandezze:
- la posizione finanziaria corrente netta (o indebitamento finanziario corrente netto), calcolata come sommatoria tra le disponibilità liquide, i crediti finanziari correnti e le altre attività finanziarie correnti al netto dei debiti bancari correnti, della parte corrente dell’indebitamento non corrente e degli altri debiti finanziari correnti;
- la posizione finanziaria non corrente (o indebitamento finanziario non corrente), calcolata come sommatoria tra i debiti bancari non correnti, le obbligazioni emesse e gli altri debiti finanziari non correnti.
Il documento precisava, inoltre, che nelle 2 grandezze sopraindicate dovevano essere considerati anche i debiti per leasing finanziario, distinti nella parte corrente e nella parte non corrente, e che il modello adottato doveva essere mantenuto costante.
In conclusione, l’Oic 6 forniva il seguente schema di calcolo della Pfn.
Valori di bilancio al … 200X+1 ante – ristrutturazione/ rinegoziazione |
Valori di bilancio al … 200X+1 post – ristrutturazione/ rinegoziazione |
Valori di bilancio al … 200X | Variazioni | |
Disponibilità liquide | … | … | … | … |
Altre attività finanziarie correnti | … | … | … | … |
Crediti finanziari correnti | … | … | … | … |
Debiti bancari correnti | … | … | … | … |
Parte corrente dell’indebitamento non corrente | … | … | … | … |
Altre passività finanziarie correnti | … | … | … | … |
Debiti per leasing finanziario correnti | … | … | … | … |
Indebitamento finanziario corrente netto (a) | … | … | … | … |
Debiti bancari non correnti | … | … | … | … |
Obbligazioni emesse | … | … | … | … |
Altre passività finanziarie non correnti | … | … | … | … |
Debiti per leasing finanziario non correnti | … | … | … | … |
Indebitamento finanziario non corrente (b) | … | … | … | … |
Indebitamento finanziario netto o posizione finanziaria netta (c = a +b) | … | … | … | … |
Nel 2013, il già citato documento n. 22 dell’Irdcec, dopo una disamina della prassi e della dottrina in materia, forniva, invece, il seguente schema di calcolo dalla posizione finanziaria netta.
Disponibilità liquide e prontamente liquidabili (< 3 mesi) b) Attività finanziarie a breve (< 12 mesi) Crediti finanziari a breve termine Titoli a breve Crediti finanziari vs controllate/collegate a breve Altre attività finanziarie a breve Ratei e risconti attivi (finanziari) a breve (…) c) Attività finanziarie a medio lungo termine (> 12 mesi) Crediti finanziari a m/l termine Titoli a m/l termine Crediti finanziari a m/l termine vs controllate/collegate Altre attività finanziarie a m/l termine Ratei e risconti attivi (finanziari) pluriennali (…) TOTALE ATTIVITÀ FINANZIARIE (a+b+c) d) Passività finanziarie a breve Scoperti di c/c Debiti finanziari a breve Debiti vs/soc. factoring Debiti vs/soc. leasing Debiti vs/altri finanziatori a breve Debiti finanziari vs/controllate-collegate a breve Ratei e risconti passivi a breve (finanziari) e) Passività finanziarie a medio-lungo/t Debiti vs/banche Prestiti obbligazionari Debiti v/soci fruttiferi a m/l termine Debiti finanziari vs/controllate e collegate Debiti vs/altri finanziatori Debiti vs/leasing Ratei e risconti passivi pluriennali (finanziari) (…) TOTALE PASSIVITÀ FINANZIARIE (d+e) posizione finanziaria netta di BREVE PERIODO posizione finanziaria netta I livello = (a-d) posizione finanziaria netta II livello = (a+b) – d posizione finanziaria netta di LUNGO PERIODO posizione finanziaria netta I livello (a) – (d+e) posizione finanziaria netta II livello (a+b) – (d+e) posizione finanziaria netta complessiva = (a+b+c) – (d+e) |
Un ulteriore contributo in merito alla posizione finanziaria netta veniva fornito nel 2015 dalla Fnc, con la pubblicazione del documento denominato “La posizione finanziaria netta quale indicatore alternativo di performance”, il quale, tuttavia, riprendeva sostanzialmente lo schema di calcolo fornito dall’Oic 6.
La nuova definizione di posizione finanziaria netta da parte dell’Esma
Il 4 marzo 2021 l’European securities and markets authority (Esma) ha pubblicato il documento “Orientamenti in materia di obblighi di informativa” ai sensi del Regolamento UE 2017/1129 (c.d. Regolamento sul Prospetto), il quale ha trovato applicazione a partire dal 5 maggio 2021 (d’ora in poi orientamenti Esma)[8].
I paragrafi da 175 a 189 degli orientamenti Esma trattano le informazioni sull’indebitamento delle società emittenti e, in particolare, il § 175 riporta la composizione della “Dichiarazione sull’indebitamento”, ovvero il prospetto che gli emittenti devono adottare per il calcolo e l’illustrazione dell’indebitamento finanziario netto.
L’Esma fornisce al riguardo una nuova metodologia di calcolo dell’“indebitamento finanziario”, riassunta dal seguente schema.
A | Disponibilità liquide……………………………………………………………………………… |
B | Mezzi equivalenti a disponibilità liquide ………………………………………………….. |
C | Altre attività finanziarie correnti …………………………………………………………….. |
D | Liquidità (A + B + C) …………………………………………………………………………… |
E | Debito finanziario corrente (inclusi gli strumenti di debito, ma esclusa la parte corrente del debito finanziario non corrente) ……………………………………………. |
F | Parte corrente del debito finanziario non corrente ……………………………………. |
G | Indebitamento finanziario corrente (E + F) ………………………………………….. |
H | Indebitamento finanziario corrente netto (G – D) ………………………………….. |
I | Debito finanziario non corrente (esclusi la parte corrente e gli strumenti di debito) |
J | Strumenti di debito ……………………………………………………………………………… |
K | Debiti commerciali e altri debiti non correnti ……………………………………………. |
L | Indebitamento finanziario non corrente (I + J + K) ……………………………….. |
M | Totale indebitamento finanziario (H + L) ……………………………………………… |
A fronte di tali novità a livello comunitario, la Consob ha dichiarato, tramite il “Richiamo d’attenzione n. 5/21” del 29 aprile 2021, di conformare le proprie prassi di vigilanza ai suddetti orientamenti dell’Esma, precisando che i prospetti da essa approvati, a partire dal 5 maggio 2021, dovranno risultare conformi a quelli dell’Esma[9].
Le principali problematiche nella determinazione della posizione finanziaria netta
Come evidenziato in precedenza, nonostante i tanti contributi della prassi, non è possibile rinvenire una definizione univoca di posizione finanziaria netta, anche perché gli aggregati di bilancio da prendere in considerazione ai fini della determinazione della Pfn dipendono da vari fattori, primi fra tutti i Principi contabili utilizzati nella redazione del bilancio e le politiche finanziarie adottate dagli amministratori della società[10].
Per tale motivo nelle operazioni di M&A la definizione della Pfn, ai fini della determinazione dell’equity value della società oggetto di vendita e, dunque, del prezzo finale della transazione, è necessariamente rimessa ad una trattativa tra le parti in causa.
In tale contesto la Pfn è generalmente soggetta ad “aggiustamenti” in considerazione di una serie di voci di bilancio (quali, ad esempio, i debiti commerciali scaduti, i crediti e le attività finanziarie, il Tfr, etc.) che sono suscettibili di essere considerate quali componenti di natura finanziaria e non del capitale circolante netto o del capitale investito netto, ai fini della valutazione dell’azienda.
Debiti per leasing finanziario
La prima principale voce da considerare ai fini dell’aggiustamento della Pfn, rispetto alle mere poste finanziarie incluse nel bilancio d’esercizio, è rappresentata dai debiti per leasing, quando l’impresa adotta i Principi contabili nazionali dell’Oic.
Infatti, nel bilancio redatto secondo il codice civile, anche dopo la riforma di cui al D.Lgs. 139/2015, i contratti di leasing finanziario sono ancora rappresentati secondo il c.d. metodo patrimoniale, il quale prevede che il bene sia iscritto nel bilancio del concedente (secondo la regola della “proprietà”), mentre l’impresa utilizzatrice, a fronte dei beni condotti in locazione, iscrive in bilancio unicamente i canoni maturati, tra i costi della produzione, voce B8 “per godimento di beni terzi” del Conto economico.
Solo una volta esercitata l’opzione finale di acquisto, l’utilizzatore iscrive il bene riscattato tra le attività dello Stato patrimoniale, con l’attribuzione di un valore pari al prezzo di riscatto.
Invece, a livello di Principi contabili internazionali il leasing è rappresentato secondo il c.d. metodo finanziario, il quale, in applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, ovvero considerando la natura finanziaria del contratto, prevede che il bene condotto in leasing sia iscritto nel bilancio della società utilizzatrice (secondo quanto previsto dal previgente Principio contabile Ias 17) o che sia iscritta l’attività derivante dal diritto di utilizzo del bene sottostante (secondo quanto previsto dal vigente Principio contabile Ifrs 16), in contropartita al debito che rappresenta il finanziamento contratto. Ciò in quanto è l’utilizzatore che sopporta i rischi e trae i benefici legati all’utilizzo del bene, ancorché non ne sia il formale proprietario.
Pertanto, nel caso di bilancio redatto secondo le regole del codice civile, l’indebitamento derivante da operazioni di leasing finanziario non è direttamente considerato negli schemi di stato patrimoniale, per cui per la determinazione della posizione finanziaria netta, oltre ai debiti di natura finanziaria direttamente presenti, andranno aggiunti quelli “fuori bilancio” per leasing, ovvero il valore complessivo delle quote capitale dei canoni di leasing, previste dal piano di ammortamento, più il prezzo di riscatto.
A tale riguardo si potrà fare riferimento alle informazioni fornite nota integrativa dove, ai sensi dell’articolo 2427, cod. civ., punto n. 22, la società utilizzatrice dei beni detenuti in locazione finanziaria che comporti il trasferimento al locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefici, deve riportare un prospetto da cui risulti:
- il valore attuale delle rate di canone non scadute (comprensivo del prezzo di riscatto pattuito), quale determinato utilizzando tassi di interesse pari all’onere finanziario effettivo inerente ai singoli contratti;
- il valore complessivo dei beni oggetto di locazione che sarebbe stato incluso nello Stato patrimoniale dell’utilizzatore, a fine esercizio, se questi beni (in applicazione del metodo finanziario) fossero stati considerati immobilizzazioni, indicando separatamente ammortamenti, rettifiche di valore e riprese di valore.
Per la verità, gli orientamenti Esma (§ 180) chiariscono che la voce Debito finanziario del prospetto di calcolo della Pfn dovrebbe includere anche le passività finanziarie relative a contratti di locazione a breve e/o a lungo termine.
Nel successivo § 186 l’Esma annovera tra le poste che costituiscono indebitamento “indiretto”, anche gli impegni relativi a contratti di locazione che non sono rilevati come passività nel bilancio dell’emittente[11].
Il riferimento è evidentemente al nuovo Principio contabile Ifrs 16 (adottato dallo Iasb il 13 gennaio 2016[12]) che ha sostituito lo Ias 17, superando la tradizionale distinzione tra leasing finanziario e leasing operativo.
L’Ifrs 16 (§ 9), stabilisce, infatti, che un contratto “è, o contiene, un leasing se, in cambio di un corrispettivo, conferisce il diritto di controllare l’utilizzo di un’attività specificata per un periodo di tempo”. Pertanto, rientrano potenzialmente nell’ambito di applicazione dell’Ifrs 16 tutte le forme tecniche di locazione, di leasing e noleggio.
Ne consegue che il nuovo standard contabile si rende applicabile non solo ai contratti di leasing propriamente detti ma anche, ad esempio, ai contratti di locazione di immobili, ai contratti di noleggio di impianti e attrezzature, che soddisfano la definizione di leasing prevista dall’Ifrs 16 e che, quindi, devono essere rappresentati secondo la metodologia finanziaria prevista da detto Principio contabile.
In particolare, nell’attivo dello Stato patrimoniale deve essere rilevata l’attività derivante dal diritto di utilizzo del bene sottostante (c.d. “right of use” o “Rou”), mentre nel passivo dello Stato patrimoniale deve essere rilevato il corrispondente debito, che è pari al valore attuale dei pagamenti (canoni) previsti contrattualmente, applicando il tasso di interesse implicito del leasing nel caso tale tasso risulti facilmente determinabile da contratto, ovvero, in caso contrario, applicando il tasso di finanziamento marginale del locatario, che rappresenta il tasso di interesse che sarebbe stato applicato a tale soggetto nel caso in cui avesse finanziato l’acquisto dell’asset sottostante al leasing.
Le indicazioni dell’Esma inducono a ritenere che nell’ambito delle operazioni di M&A ai fini calcolo della Pfn possano esser inclusi, oltre ai debiti per leasing finanziari propriamente detti, anche i debiti (attualizzati) riferibili a beni in affitto/locazione che rivestono una certa importanza per l’attività dell’impresa, quali immobili, impianti, marchi e brevetti, etc..
Debiti “commerciali” scaduti
I debiti di natura commerciale, ovvero quelli verso fornitori e gli altri debiti “operativi”, quali quelli fiscali, previdenziali, rappresentano poste che per natura non rientrerebbero nella base di calcolo della posizione finanziaria netta, bensì nel capitale circolante netto (a riduzione dello stesso).
Tuttavia, qualora il debito verso fornitori presenti uno scaduto non più fisiologico oppure dilazioni “anomale” è evidente che se la società dovesse estinguere dette passività dovrebbe ricorrere all’indebitamento finanziario e quindi tali debiti sottendono una natura finanziaria, per cui dovrebbero essere considerati nel calcolo della Pfn, incrementandola.
Gli stessi orientamenti Esma precisano (§ 183) che la voce “debiti commerciali e altri debiti non correnti” inclusa nel prospetto di calcolo della Pfn dovrebbe includere i debiti non remunerati che presentano una significativa componente di finanziamento implicito o esplicito, ad esempio i debiti verso fornitori con una scadenza superiore a 12 mesi[13].
Lo stesso discorso vale per gli altri debiti operativi quali quelli fiscali o verso istituti previdenziali, non versati nei termini di legge ed eventualmente oggetto di rateizzazione.
Tale situazione evidenzia, infatti, una crisi di liquidità della società la quale, in sostituzione dell’indebitamento finanziario, si è di fatto “finanziata” indebitandosi con Erario ed Enti previdenziali per cui la natura di tali debiti diviene, evidentemente, finanziaria, con conseguente necessità di considerali nella determinazione della Pfn.
Si pensi, infine, al caso di un debito di natura commerciale verso altra società del gruppo (controllante o controllata) che di per sé non rientrerebbe nel calcolo della Pfn, ma qualora fosse scaduto da diverso tempo sottenderebbe un finanziamento intragruppo e dunque dovrebbe essere incluso nella Pfn, dato che il suo eventuale pagamento richiederebbe il ricorso a un indebitamento finanziario[14].
Finanziamenti soci e infragruppo infruttiferi
Nell’ambito di società appartenenti a gruppi di imprese si pone anche il problema di come considerare ai fini della Pfn i finanziamenti infruttiferi e (sostanzialmente) privi di scadenze, ricevuti dai soci e da società controllanti.
In generale la Pfn dovrebbe essere considerata a livello consolidato, come anche indicato dall’ESMA, cosicché le posizioni intercompany vengono annullate, ma quando questo non è possibile (ad esempio perché è oggetto di cessione la singola società partecipata) occorre valutare l’effettiva natura dei finanziamenti intercompany, ovvero se questi sottendono capitale di debito o capitale proprio.
Se, in sostanza, questi rappresentano un apporto di capitale, devono essere considerati quale componente del capitale netto e non della Pfn[15].
Fondo trattamento fine rapporto
Un’altra posta di bilancio che crea particolari problematiche nell’ambito della definizione della Pfn è senza dubbio rappresentata dagli accantonamenti per trattamento di fine rapporto (nonché dagli analoghi accantonamenti ai fondi di quiescenza).
Nell’ambito della riclassificazione finanziaria dello Stato patrimoniale con il criterio della pertinenza gestionale, infatti, si sostiene in dottrina che il Tfr, derivando da costi gestionali (quelli del personale), dovrebbe essere considerato a diminuzione del capitale investito netto (in quanto debito di lungo termine) o, al massimo, a diminuzione del capitale circolante netto.
Altri sostengono, invece, che il Tfr rappresenti una componente della Pfn (di lungo termine) in quanto si tratta di una forma di autofinanziamento dell’impresa e la stessa previsione di legge che ne prevede la rivalutazione annuale confermerebbe la sua natura finanziaria.
In ogni caso, secondo queste tesi, qualora l’impresa si trovasse a dover liquidare il Tfr a tutti i dipendenti dovrebbe comunque attingere alle disponibilità liquide esistenti o ricorrere all’indebitamento finanziario per cui ciò inciderebbe sulla Pfn.
L’Esma, da parte sua, nei suddetti orientamenti (§ 186) conferma che nell’ambito dell’indebitamento c.d. “indiretto” devono essere considerati anche gli accantonamenti rilevati in bilancio per passività previdenziali, per cui tale considerazione apre la strada alla possibilità di computare il Tfr nella posizione finanziaria netta a livello di operazioni di M&A.
Titoli e crediti finanziari
Fino a ora sono state trattate le principali problematiche inerenti all’individuazione delle passività finanziarie che devono andare a comporre la Pfn, ma non mancano le questioni legate all’individuazione delle poste attive che vanno a “ridurre” la Pfn.
In tale ambito gli orientamenti Esma (§ 179) precisano che nella voce “Altre attività finanziarie correnti” del prospetto di calcolo della Pfn dovrebbero essere incluse le attività finanziarie (ad esempio, i titoli posseduti per negoziazione) che non sono:
- disponibilità liquide;
- mezzi equivalenti a disponibilità liquide; o
- strumenti derivati utilizzati con finalità di copertura.
Nella prassi, per il calcolo della Pfn non vengono generalmente considerate le azioni, le quote societarie e i titoli di equity, in quanto questi rappresentano investimenti di natura strategica e non finanziaria (dunque tipicamente da considerare nell’ambito del capitale investito netto).
Possono rappresentare un’eccezione le azioni di società quotate in borsa che sono detenute a titolo di investimento e che possono essere facilmente liquidate, ancorché il loro valore è soggetto a volatilità per cui l’inclusione a “riduzione” della Pfn va attentamente valutata.
Più frequente è la considerazione nella posizione finanziaria netta dei titoli obbligazionari detenuti dall’impresa, soprattutto se negoziati in mercati regolamentati e, dunque, agevolmente liquidabili.
Sono, invece, certamente da inserire a riduzione della Pfn i titoli costituiti a pegno quale garanzia del rimborso di un finanziamento.
Più discussa è la possibilità di considerare i crediti di natura finanziaria, i quali sovente sono vantati nei confronti di società partecipate.
Generalmente tali crediti possono essere inseriti nella Pfn se è stata verificata la solvibilità del debitore e si prevede che l’incasso avvenga in tempi relativamente brevi (12/18 mesi).
[1] Documento n. 22 dell’Istituto di ricerca dei dottori commercialisti ed esperti contabili, “L’iscrizione degli indicatori nella relazione sulla gestione: La posizione finanziaria netta” – ottobre 2013.
[2] Ad esempio, un indice pari a 1 significa che per ogni euro di debito finanziario (netto) vi sarà 1 euro di capitale di proprietà.
[3] A titolo esemplificativo, se dalla formula si ottiene un valore pari a 4 significa che l’azienda – utilizzando il flusso agganciato all’Ebitda per l’estinzione degli attuali debiti finanziari netti – impiegherebbe circa 4 anni per annullarli completamente.
[4] Si tratta del rapporto Pfn/Ebitda commentato nel paragrafo precedente.
[5] Cfr. § III.1.15.
[6] Organismo successivamente sostituito dall’Esma (European securities and markets authority).
[7] La finalità del documento ere quella di fungere da ausilio al miglioramento della disclosure aziendale di carattere economico-finanziario, mediante l’elaborazione e la diffusione dei cosiddetti indicatori alternativi di perfomance, tra i quali rientra proprio la posizione finanziaria netta.
[8] Lo scopo degli orientamenti è quello di indicare prassi di vigilanza uniformi, efficienti ed efficaci, tra le Autorità competenti nella valutazione della completezza, della comprensibilità e della coerenza delle informazioni contenute nei prospetti finanziari, nonché di assicurare l’applicazione comune, uniforme e coerente degli obblighi di informativa stabiliti nel regolamento sul prospetto.
[9] Sempre in tale documento la Consob ha inoltre precisato che i riferimenti, presenti nelle precedenti comunicazioni, alle raccomandazioni Cesr sul prospetto della posizione finanziaria netta, si intendono sostituiti con gli orientamenti Esma, inclusi anche i riferimenti previsti dalla comunicazione DEM/6064293 del 28 luglio 2006 in materia di posizione finanziaria netta.
[10] Senza contare poi le “politiche” di bilancio adottate dal management proprio per ridurre la Pfn ed evidenziare, quindi, una migliore situazione finanziaria della società.
[11] L’indebitamento “indiretto” deve essere descritto in un paragrafo separato e non incluso nella dichiarazione sull’indebitamento stesso (eccetto il caso in cui sia già rilevato in bilancio come passività finanziaria).
[12] Con il Regolamento UE 2017/1986 del 31 ottobre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 291 del 9 novembre 2017, la Commissione Europea ha adottato l’Ifrs 16, il quale si rende applicabile a partire dal primo esercizio che ha quale data di inizio il 1° gennaio 2019 o una data successiva.
[13] Nel successivo § 184 si precisa che nel valutare se i debiti commerciali non correnti hanno una significativa componente di finanziamento, occorre considerare le indicazioni fornite nei § da 59 a 62 dell’Ifrs 15, – “Ricavi provenienti da contratti con i clienti”, come omologato nell’Unione Europea. Si tratta del principio per cui nel determinare il prezzo dell’operazione di vendita, occorre rettificare l’importo del corrispettivo per tener conto degli effetti del valore temporale del denaro se i termini di pagamento concordati dalle parti del contratto (esplicitamente o implicitamente) offrono un beneficio significativo in termini di finanziamento del trasferimento al cliente dei beni o servizi. In tal caso, il contratto contiene una “componente di finanziamento significativa”.
[14] Tale questione, come sarà evidenziato in seguito, è superata se la Pfn è calcolata a livello di bilancio consolidato, elidendosi le posizioni di credito/debito tra società del gruppo.
[15] Ma in tal caso nell’ambito dell’operazione di M&A non ne deve essere ovviamente prevista la restituzione al socio cedente.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La rivista delle operazioni straordinarie”.