Ricavi da OIC 23 e OIC 34: i tratti distintivi
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Uno dei temi di attualità sotto il profilo del bilancio, è verificare quando si applicherà il nuovo documento OIC 34 per allocare i ricavi al conto economico e quando, invece, si dovranno utilizzare le regole disposte dal principio OIC 23. Ovviamente, la corretta gestione del contratto presenta ricadute fiscali che differiscono a seconda del fatto che il contratto generi ricavi riconducibili ad una vendita, piuttosto che ricavi riconducibili ad opere in corso su ordinazione.
Partiamo da questo esempio concreto: la società Alfa ha sottoscritto un contratto per la fornitura di un macchinario la cui costruzione si protrarrà per due esercizi: siamo di fronte alla vendita di un bene, oppure ad un contratto di appalto?
In primo luogo, occorre discernere questo aspetto alla luce dei criteri ermeneutici che la dottrina e la giurisprudenza hanno prodotto. Il primo criterio, che chiameremo “oggettivo”, consiste nel qualificare il contratto in base alla prevalenza del valore del bene sulla prestazione: ove prevalga il valore del bene, saremo di fronte ad una vendita con eventuale posta in opera, ove prevalga, invece, il valore della prestazione, saremo di fronte ad un appalto. Ma questo criterio non può essere esaustivo come ha recentemente affermato la Cassazione, con la sentenza n. 11855/2023, nel senso che tale criterio va integrato con il criterio soggettivo, quindi, con la volontà delle parti desumibile dal contratto (Cassazione n. 11602/2002). Ma anche in questo caso non sempre si arriverà ad una conclusione convincente. Un aiuto decisivo può derivare dal cosiddetto “criterio della ordinaria produzione” (Cassazione n. 6925/2001), in forza del quale se un bene viene costruito sulla base di standard aziendali consolidati – e quindi si rientra nella ordinaria produzione – saremo di fronte ad un contratto di vendita, se, al contrario, l’obbligazione di fornitura si sostanzia in una costruzione di un bene (in cui sono essenziali e molto rilevanti le specifiche indicazioni e richieste del committente), saremo di fronte ad un bene non rientrante nella ordinaria produzione e, quindi, si qualificherà quel contratto come contratto di appalto .
La differenza fiscale e contabile non è di poco conto: se la società sta costruendo un bene rientrante nella normale produzione, la rimanenza a fine esercizio è una giacenza fisica (semilavorato) da valutare esclusivamente al costo, ai sensi dell’articolo 2426, punto 9, cod. civ. (Voce A 2 del C.E.) e dell’articolo 92, Tuir. Se, al contrario, la società sta costruendo un’opera specifica in base a contratto di appalto, la rimanenza a fine esercizio è una rimanenza di opere in corso su ordinazione da valutare al corrispettivo maturato (per le opere ultrannuali), ai sensi dell’articolo 2426, punto 11, cod. civ. (voce A 3 del Conto Economico) e dell’articolo 93, Tuir.
Peraltro, il tema della costruzione del bene sulla base di specifiche indicazioni del committente rappresenta anche il discrimine tra ricavi voce A 1 del conto economico, allocati sulla base delle istruzioni di cui al principio contabile 34, e ricavi (voce A 1) e rimanenze di opere in corso di esecuzione (voce A 3 del Conto economico) allocati in bilancio sulla base delle istruzioni di cui al Principio contabile OIC 23. Sul punto, è molto chiara l’osservazione che troviamo nella circolare Assonime n. 30/2023 che afferma: Per distinguere tra contratti da gestire con l’OIC 34 e contratti da considerare come commesse ex OIC 23 il criterio dirimente è la “specificità” del bene o servizio prodotto. L’OIC 23 ………. precisa poi che “I lavori su ordinazione sono eseguiti su ordinazione del committente secondo le specifiche tecniche da questi richieste”. Nell’OIC 34, invece, non sono previste disposizioni specifiche che definiscano puntualmente le tipologie di prestazioni e permettano di differenziarle da quelle attratte all’ambito di applicazione dell’OIC 23, cosicché l’unico elemento su cui ci si può basare per scegliere il principio di riferimento è, come si diceva, quello della “specificità” della prestazione promessa al cliente richiamato dal principio sulle commesse.
A parere di chi scrive, emerge chiaramente come l’elemento distintivo dei ricavi secondo il principio contabile OIC 23 derivanti da “lavori in corso su ordinazione” non è tanto l’essere “in corso” a fine esercizio, quanto l’essere “su ordinazione “. Ciò porta a concludere che, anche per prestazioni iniziate ed ultimate all’interno di un singolo esercizio potremmo avere due diverse tipologie di quantificazione, cioè ricavi ex principio contabile OIC 34 e ricavi ex principio contabile OIC 23.
Facciamo l’esempio dei corrispettivi liquidati sulla basa di singole partite, che potremmo denominare più gergalmente Stati di avanzamento per il principio contabile OIC 23 e Unita elementari di contabilizzazione per il principio contabile OIC 34. La differenza è l’individuazione della singola partita o unita elementare: secondo il principio contabile OIC 34 (par. 31) è sufficiente che il contratto preveda che il diritto al corrispettivo maturi via via che prestazione è eseguita, mentre per valorizzare il ricavo in base al principio contabile OIC 23 ( par. 52) è necessario che lo stato di avanzamento sia approvato a titolo definitivo dal committente (circostanza alquanto rara poiché il committente si riserverà di approvare l’opera complessiva solo quando essa è finita). Ma poi certamente è sull’opera non ancora conclusa a fine esercizio che si manifesta la differenza più rilevante tra OIC 34 e OIC 23: quando l’impresa sta costruendo un bene destinato alla vendita senza particolari elementi distintivi forniti dal committente, il valore a fine esercizio va determinato necessariamente al costo nel rispetto del criterio di prudenza che caratterizza l’articolo 2426, punto 9, Cod. civ., mentre se l’opera viene costruita sulla base di specifiche indicazioni del committente, siamo all’interno dell’OIC 23 che permette al redattore del bilancio di valutare le rimanenze di opere, anche sulla base del corrispettivo maturato (percentuale di completamento).
Resta fermo che, ai fini fiscali, tale libertà di scelta per le opere infrannuali non esiste e la valutazione va eseguita necessariamente al costo. La massima apertura che l’Agenzia delle entrate ha fornito (risoluzione n. 117/E/2010) consiste nel fatto che, in presenza di opere non ultimate a fine esercizio, la valorizzazione del componente positivo quale rimanenza (al costo o al corrispettivo maturato a seconda dei casi) comporta il diritto di imputare al medesimo esercizio i costi dei subappaltatori, anche se tali costi non derivano da accettazione definitiva ed irreversibile da parte degli appaltatori.