Niente tributi unionali in caso di modifiche interpretative
di Gianfranco AnticoIl D.Lgs. 219/2023 è uno dei decreti attuativi della riforma fiscale già pubblicati che interviene sulla L. 212/2000 – statuto dei diritti del contribuente – riformulando il rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuenti.
La generale esigenza di preservare la certezza dei rapporti giuridici è già adesso espressamente consacrata nell’articolo 10, L. 212/2000, titolato “Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente” che – dopo aver rilevato che i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede – al comma 2, dispone che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria. L’inapplicabilità delle sanzioni resta ferma anche nei casi in cui tale posizione sia successivamente modificata dalla stessa Amministrazione finanziaria, o qualora il comportamento del contribuente risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’Amministrazione stessa.
È il caso, per esempio, di una interpretazione fornita in una circolare che venga modificata da una successiva pronuncia di fonte ufficiale: se il contribuente ha osservato, sulla base della prima indicazione, un determinato comportamento, poi ritenuto superato dal cambiamento di indirizzo, non potrà essere irrogata la sanzione. Ma le imposte restano da versare. In pratica, il legislatore, così come la giurisprudenza, assolve il contribuente dal pagamento delle sole sanzioni e degli interessi moratori.
Sul punto, la Corte di cassazione ha confermato che, se il contribuente si è conformato a un’interpretazione erronea fornita da circolari, non può invocare alcun legittimo affidamento al fine di andare esente dal pagamento del tributo dovuto, assumendo rilievo il principio di rilevanza costituzionale, della riserva di legge, nonché gli ulteriori principi di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione e di irrinunciabilità del diritto di imposta, risultando ciò conforme al principio unionale, secondo cui il legittimo affidamento non può basarsi su una prassi illegittima dell’Amministrazione (Ordinanza n. 7626/2022).
Indicazioni sostanzialmente ribadite di recente con la sentenza n. 3718/2024, secondo cui le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi e, pertanto, qualora il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, non va esente dalle imposte. Tuttavia, la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da atti di prassi dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere certamente valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni (Cassazione n. 16279/2021).
E le sanzioni – in forza del comma 3, dell’articolo 10, L. 212/2000 – non sono, comunque, irrogate, quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso, non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.
Da qui l’intervento del D.Lgs. 219/2023, che ha aggiunto un periodo al comma 2, dell’articolo 10, L. 212/2000, prevedendo che, limitatamente ai tributi unionali, non sono altresì dovuti i tributi nel caso in cui gli orientamenti interpretativi dell’Amministrazione finanziaria, conformi alla giurisprudenza unionale (ovvero ad atti delle istituzioni unionali) e che hanno indotto un legittimo affidamento nel contribuente, vengano successivamente modificati per effetto di un mutamento della predetta giurisprudenza o dei predetti atti.
In pratica, il legislatore delegato viene incontro, fra l’altro, al fenomeno dell’overrulling, ossia dell’abbandono, da parte della giurisprudenza successiva, di un indirizzo precedentemente accolto, in rapporto con l’attività dell’Amministrazione fiscale.