La responsabilità dell’amministratore verso la S.r.l. fallita
di Luigi FerrajoliIl Tribunale di Napoli, Sezione specializzata in materia di impresa, con la recentissima sentenza n. 754/2024, si è pronunciato in tema di responsabilità degli amministratori di una società a responsabilità limitata dichiarata fallita.
In particolare, nel caso di specie, la curatela del Fallimento aveva proposto azione ex articolo 146 L.F. nei confronti degli amministratori unici della società fallita, contestando loro una serie di atti di mala gestio in danno della società stessa e dei creditori sociali. Nello specifico, a seguito dell’esame delle domande di ammissione al passivo, sia in sede tempestiva che tardiva, era emerso il mancato versamento di imposte e tributi, dei contributi previdenziali ed assistenziali, nonché il godimento di agevolazioni fiscali, anche sotto forma di credito di imposta, contestate, dichiarate illegittime e poi revocate per mancanza dei requisiti e presupposti di legge.
Il Giudice del merito ha ritenuto fondata la domanda di parte attrice e ha conseguentemente condannato i convenuti, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti dal fallimento della Srl, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
Preliminarmente, il Collegio ha ribadito il principio stabilito dalla Corte di Cassazione, per cui “la prova dell’esistenza del danno, del suo ammontare e della riconducibilità dello stesso al comportamento illegittimo degli organi della società fallita spetta all’attore, secondo le regole generali, mentre al convenuto incombe la dimostrazione della non imputabilità dell’evento dannoso alla sua condotta, mediante la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi impostigli dalla legge”.
Nei fatti, la società non aveva depositato i bilanci di esercizio per tre annualità consecutive e l’amministratore in carica al momento del fallimento aveva provveduto a depositare presso la cancelleria del Tribunale solamente parte delle scritture contabili obbligatorie, omettendo la produzione dei libri sociali obbligatori e del bilancio fallimentare, dell’elenco dei creditori, delle fatture di acquisto e vendita e di qualsivoglia documentazione fiscale. Inoltre, dall’esame del cassetto fiscale della società era stato rilevato il mancato deposito delle dichiarazioni dei redditi e Iva per gli anni oggetto di interesse.
Il Tribunale ha ritenuto, dunque, adempiuto l’onere probatorio gravante su parte attrice, ossia la curatela, evidenziando che, sulla base dei documenti allegati dalla medesima, era risultato provato che il mancato pagamento di consistenti pretese erariali e previdenziali per svariati milioni di euro aveva generato un aggravamento del passivo derivante dall’applicazione di interessi, sanzioni, aggio coattivo e spese, come riportati nei singoli estratti di ruolo.
A tale proposito, il Giudice ha evidenziato che, conformemente a quanto già affermato dal Tribunale di Milano, “gli amministratori sono tenuti al pagamento dei debiti tributari della società alle naturali scadenze, di cui sono personalmente responsabili sul piano patrimoniale, utilizzando le risorse economico patrimoniali della società, con conseguente responsabilità degli stessi per mala gestio verso la società e i creditori sociali in caso di inadempimento. Qualora la società non sia in grado di pagare i debiti erariali e sia in stato di scioglimento per perdita del capitale sociale, ma l’amministratore prosegua illegittimamente l’attività economica con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale, quest’ultimo risponderà dei danni in misura pari al debito, per sanzioni, interessi ed aggi addebitati alla società con riferimento a quei debiti che quest’ultima non avrebbe contratto se fosse stata tempestivamente posta in liquidazione e conseguentemente cessato l’attività”.
Nel caso de quo, gli amministratori unici della società fallita, contravvenendo agli obblighi di legge loro imposti in virtù della carica rivestita, avevano aggravato il passivo e provocato il dissesto della società in quanto, verificatasi la perdita del capitale sociale o la riduzione dello stesso al di sotto del minimo legale, non avevano adottato le iniziative necessarie, proseguendo inopinatamente l’attività di impresa e incrementando così i debiti fiscali, contributivi e previdenziali già maturati.
In conclusione, il Tribunale ha dunque affermato la responsabilità dei convenuti, come disciplinata dagli articoli 2392 e 2394 cod. civ., la cui condotta ha avuto come diretta conseguenza l’aggravamento del passivo per il mancato pagamento dei debiti erariali, previdenziali ed assistenziali.