Non agevolabili i trasferimenti di partecipazioni ai discendenti che già controllano la società
di Marco AlberiL’articolo 1, comma 78, L. 296/2006, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (c.d. “Legge finanziaria 2007”), ha aggiunto il comma 4-ter, all’articolo 3, TUS.
Con la norma in commento, il legislatore, sollecitato dalla Commissione Europea, dispone l’esenzione dall’imposta di donazione e successione ai trasferimenti di partecipazioni, aziende o rami di esse «al fine di facilitare il passaggio generazionale delle imprese a carattere familiare, che costituiscono […] una delle componenti essenziali della struttura produttiva del Paese».
La spettanza dell’esenzione in commento è subordinata al rispetto dei seguenti tre presupposti:
- il presupposto soggettivo, in base al quale l’esenzione è riconosciuta solamente quando i beneficiari del trasferimento sono i discendenti o il coniuge del dante causa;
- il presupposto oggettivo, secondo cui il trasferimento deve riguardare esclusivamente aziende, rami di esse o partecipazioni;
- il presupposto temporale, in base al quale i beneficiari del trasferimento devono proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo per almeno cinque anni. A tal fine, i beneficiari devono rendere, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione (o alla stipula dell’atto di donazione), un’apposita dichiarazione con la quale manifestano la volontà di proseguire l’attività di impresa, ovvero di mantenere il controllo societario per, come detto, almeno cinque anni.
Il mancato rispetto delle condizioni sopra illustrate comporta la decadenza dall’agevolazione.
Il trasferimento di partecipazioni
Nell’ipotesi in cui oggetto del trasferimento siano quote o azioni emesse dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lett. a), Tuir, l’esenzione spetta per il solo trasferimento di partecipazioni che consentano ai beneficiari di acquisire oppure integrare il controllo, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1), cod. civ.
Tale ultima disposizione stabilisce che il controllo di diritto si realizza quando un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di una società.
La verifica del requisito dell’acquisizione (o integrazione del controllo), previsto per la fruizione dell’agevolazione in parola, deve essere effettuata, anche in considerazione di quanto disposto dal comma 2, dell’articolo 2359, cod. civ. e, dunque, computando anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta.
L’agevolazione in rassegna, poi, trova applicazione anche per i trasferimenti che consentano l’acquisizione o l’integrazione del controllo in regime di “comproprietà”, a condizione che i diritti dei comproprietari siano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria.
L’acquisizione o integrazione del controllo
Come detto, con riferimento al trasferimento di partecipazioni in società di capitali, per poter usufruire dell’agevolazione in commento, è necessario che l’avente causa ottenga una partecipazione di controllo.
Ciò può avvenire in due modi: mediante (i) acquisizione, o (ii) integrazione del controllo.
Dottrina (Studio CNN n. 36-2011/T) e prassi (Risposta a interpello n. 497/2021) sono tendenzialmente d’accordo nel sostenere che l’agevolazione de qua trova applicazione quando oggetto del trasferimento è:
- una partecipazione di controllo ex articolo 2359, comma 1, n. 1) cod. civ.;
- una partecipazione “non di controllo”, che, sommata alla partecipazione (“non di controllo”) già detenuta dal beneficiario, permette al beneficiario di esercitare il controllo ex articolo 2359, comma 1, n. 1) cod. civ.
Se, dunque, sembra esserci una sostanziale convergenza di vedute sulle fattispecie di cui sopra, ciò non può dirsi nel caso in cui l’avente causa abbia già il controllo di diritto della società le cui partecipazioni sono oggetto di trasferimento, incrementando ulteriormente la sua partecipazione per effetto di detto trasferimento.
In altri termini, si tratta di capire se, per controllo “integrato”, deve intendersi l’operazione di trasferimento mediante il quale l’avente causa consegue una maggiorazione della sua partecipazione già “di controllo”.
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria – e parte della dottrina – hanno sostenuto che, nel caso in cui il beneficiario del trasferimento sia già titolare ex ante di una partecipazione che garantisca il controllo dell’assemblea ordinaria della società le cui partecipazioni sono oggetto di trasferimento, il successivo incremento di detta partecipazione non potrà godere dell’agevolazione in parola.
Per completezza, è opportuno segnalare che, secondo altri interpreti, detta fattispecie è agevolabile in quanto per “controllo integrato” «si intende l’operazione di trasferimento mediante la quale il soggetto avente causa consegue una maggioranza della sua partecipazione già “di controllo”».
Il recente chiarimento: la risposta ad interpello n. 72/2024
Nel documento di prassi in rassegna, il contribuente, azionista di una S.p.A. (la “Società”) per il 40% e comproprietario, insieme ai suoi due figli e alla nipote, di un ulteriore 60%, chiede chiarimenti circa l’applicabilità dell’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni di cui all’articolo 3, comma 4-ter, TUS.
La suddetta comunione delle partecipazioni è stata disciplinata mediante un regolamento sottoscritto dai comproprietari dal quale si desume che:
- è stata individuata l’assemblea dei comproprietari quale organo che delibera sull’esercizio dei diritti amministrativi ed economici inerenti alle partecipazioni in comproprietà che ha nominato, tra l’altro, il rappresentante comune come previsto dall’articolo 2347, cod. civ.;
- l’istante partecipa alla comunione per la quota di 1/3 e i due figli e la nipote per la quota di 2/9 ciascuno;
- per la validità della costituzione dell’assemblea della comunione, occorre la presenza di tanti comproprietari che rappresentino almeno i 2/3 del valore delle partecipazioni comuni;
- le deliberazioni sono approvate con i voti della maggioranza dei partecipanti alla comunione, calcolata per quote.
Alla luce di quanto sopra, la comunione dispone della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria (i.e. e quindi del requisito del controllo) della Società, provvedendo alla sua concreta amministrazione e gestione per il tramite del rappresentante comune.
Ma vi è di più: in forza del regolamento della comunione, i figli e la nipote, mediante il controllo dell’assemblea della comunione, ben potrebbero esercitare il controllo dell’assemblea ordinaria della Società.
Ciò premesso, l’interpellante intende donare sia la sua quota indivisa del 20% sia il 40% delle azioni detenute a titolo personale ai suoi discendenti, al fine di trasferire l’intera partecipazione sociale in comproprietà a questi ultimi.
Secondo l’istante, i descritti trasferimenti, da considerare unitariamente in quanto oggetto di donazione contestuale nonché provenienti dal medesimo soggetto, andrebbero ad integrare il controllo richiesto dal citato articolo 3, comma 4ter in capo ai discendenti che, conseguentemente, otterrebbero la totalità delle azioni della Società in contitolarità.
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria, citando la risposta ad interpello n. 497/2021 (in linea con parte degli interpreti) sostiene che, nel caso in esame, l’agevolazione de qua non trova applicazione in quanto i beneficiari del trasferimento (figli e nipote) sono già titolari ex ante di una percentuale di partecipazione che gli permette di controllare l’assemblea ordinaria della Società (mediante le partecipazioni detenute in comproprietà, di cui dispongono la maggioranza dei diritti di voto).
In altri termini, secondo l’Amministrazione finanziaria, per “integrazione del controllo” deve intendersi il trasferimento di una partecipazione “non di controllo” che, sommata alla partecipazione (“non di controllo”) già detenuta dal beneficiario, permette (ex post) al beneficiario di acquisire il controllo, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1) cod. civ.
L’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, seppur ad una prima analisi potrebbe sembrare restrittiva, sembrerebbe preferibile in quanto, diversamente argomentando, potrebbero accedere al beneficio in parola anche i trasferimenti di partecipazioni di scarsa entità, di fatto estranee al progetto di pianificazione del passaggio generazionale, perseguendo finalità estranee alla volontà del legislatore.