Considerazioni sulla riforma dello Statuto del Contribuente
di Luigi FerrajoliIl D.Lgs. 219/2023 ha apportato modificazioni allo Statuto dei diritti del contribuente, contenuto nella L. 212/2000, attraverso una serie di aggiunte e sostituzioni ai relativi articoli. Ciò conformemente ai principi e criteri direttivi per la revisione dello Statuto dei diritti del contribuente e l’applicazione in via generalizzata del principio del contraddittorio.
Il comma 3-bis, dell’articolo 1, L. 212/2000, come modificato, prevede che le Amministrazioni statali debbano osservare le disposizioni concernenti:
- la garanzia del contraddittorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria;
- la tutela dell’affidamento;
- il divieto del bis in idem;
- il principio di proporzionalità;
- l’autotutela.
Vengono così codificate le tutele e garanzie che risultano imprescindibili nel rapporto tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria.
Innanzitutto, l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad informare il contribuente nei seguenti casi:
a) prima di procedere all’iscrizione a ruolo;
b) in caso di esercizio di attività istruttorie di controllo.
Nell’attuale testo normativo è stato rafforzato il principio del contraddittorio, che deve guidare i rapporti tra il Fisco e il contribuente. In particolare, l’articolo 6 bis, L. 212/2000, di nuova introduzione, stabilisce che, fatto salvo quanto previsto dal comma 2, della medesima disposizione, tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo. Non sussiste il diritto al contraddittorio esclusivamente per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione.
Il principio del contraddittorio, traente origine dalle disposizioni di cui al richiamato articolo 6 bis, L. 212/2000, garantisce, dunque, il diritto del destinatario dell’atto di esporre le sue difese, completata l’istruttoria e prima del provvedimento impositivo, e corrisponde al dovere dell’Amministrazione finanziaria, in adempimento dell’articolo 97 della Costituzione, di aggiornare l’istruttoria “aprendo una finestra” sulle eventuali allegazioni dell’interessato.
Le modifiche sono entrate in vigore lo scorso 30.4.2024.
Ulteriormente, lo Statuto del contribuente prevede i requisiti per la chiarezza e la motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria, nonché la tutela dell’affidamento e della buona fede. Con riferimento all’ultimo aspetto, il secondo comma dell’articolo 10, L. 212/2000, è stato parzialmente modificato dal D.Lgs. 219/2023 ed oggi stabilisce che “non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa”.
È rimasta immutata e, dunque, confermata, la disposizione secondo cui le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria, ovvero quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso, non determina obiettiva condizione di incertezza, la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria.
Infine, il D.Lgs. 219/2023 ha introdotto l’articolo 10 quater, L. 212/2000, che prevede, in capo all’Amministrazione finanziaria, il potere di autotutela obbligatoria con il ricorrere di determinate circostanze, tassativamente individuate nella fattispecie. Dall’esercizio di tale potere consegue l’annullamento, anche parziale, di atti di imposizione ovvero la rinuncia all’imposizione stessa. Questo senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi.
I casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione devono avere per oggetto:
a) errore di persona;
b) errore di calcolo;
c) errore sull’individuazione del tributo;
d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria;
e) errore sul presupposto d’imposta;
f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
g) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.
Il secondo comma dell’articolo 10 quater, L. 212/2000, prevede, tuttavia, che l’obbligo di autotutela non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.