20 Maggio 2024

La scissione con scorporo e decreto correttivo Ires

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Tra le numerose novità contenute nel decreto legislativo di riforma dell’Ires (approvato dal Consiglio dei ministri del 30.4.2024), vi sono alcune norme dedicate alla fiscalità della scissione con scorporo, cioè il nuovo modello di scissione societaria, che sono state introdotte, nel corso del 2023, con l’articolo 2506.1, cod. civ. L’operazione in questione, pur rientrando a pieno titolo tra le scissioni (non è casuale la sua collocazione nella sezione III del Capo X, appunto nella sezione dedicata alle scissioni) presenta alcune differenza sostanziali con le ordinarie scissioni e possiamo dire che si colloca a metà strada tra il conferimento di azienda e la scissione tradizionale.

Non vi è dubbio che una peculiarità molto rilevante di questa operazione societaria consista nel fatto che la partecipazione – che rappresenta i beni (o il ramo d’azienda trasferito alla beneficiaria) – non viene assegnata ai soci della scissa (come avviene nelle scissioni ordinarie con conseguente riduzione del patrimonio netto della stessa scissa), ma viene direttamente iscritta nell’attivo della società dante causa   (scissa per l’appunto). Il trattamento fiscale di tale partecipazione, specie nel caso di vendita della medesima, costituiva un tema fiscale irrisolto, sul quale la dottrina ha elaborato in questi mesi varie teorie.

Ebbene, ora il tema trova una sua disciplina organica, tramite l’inserimento di un comma 15 ter, all’articolo 173, Tuir. In tale comma, sono affrontate più questioni (non solo il trattamento fiscale della partecipazione iscritta), ma il punto di partenza (lett. a, comma 15 ter) è proprio il valore fiscale della partecipazione. In questo senso, si afferma una continuità con il valore delle attività e delle passività trasferite, confermando la tesi da molti sostenuta, in base alla quale nella scissione con scorporo non vi possono essere differenze di valore tra i beni trasferiti e la partecipazione, e ciò in linea con il fatto che la scissa non riduce il proprio patrimonio netto per effetto della scissione. Il passaggio normativo è in genere condivisibile, escludendo che la beneficiaria e la scissa possano, di fatto, rivalutare i beni trasferiti come, invece, è possibile nella scissione ordinaria; basti pensare alla scissione che si traduce in un aumento di capitale della beneficiaria più elevato dei valori contabili dei beni trasferiti.

Come si diceva, questa scelta normativa è condivisibile nella maggior parte dei casi, ma resta un tema da sviscerare, ovverosia l’ipotesi che la scissione con scorporo sia negativa. In tale contesto, la scissa trasferisce alla beneficiaria passività più elevate rispetto alle attività, quindi con un saldo negativo del netto assegnato, ma poi accade che, tramite l’emersione di plusvalenze latenti, tale negatività si tramuta in positività. La scissione con scorporo negativa è ammessa dalla dottrina, basti pensare alla chiara posizione espressa nella Circolare Assonime n. 14/2023, laddove si afferma che la scissa non subisce mai riduzioni del patrimonio netto; anzi, questo potrebbe incrementarsi per effetto della scissione negativa, ritenuta, pertanto, legittima nello scorporo. Ma se così è, come si concilia l’incremento del valore dei beni con il fatto che la partecipazione mantiene il valore dei beni trasferiti?

Vediamo questo esempio: la scissa trasferisce alla beneficiaria un ramo di azienda che presenta i seguenti dati: attivo che comprende un immobile iscritto al dato contabile di 500, valore complessivo 1000, passivo 1500. La beneficiaria si costituisce con un netto di 100, poiché il valore reale dell’immobile è di 1.100, in quanto presenta plusvalenze latenti per 600. Quindi viene iscritta la partecipazione al valore di 100, ma con quale costo fiscalmente riconosciuto? Letteralmente si dovrebbe concludere che il valore fiscale della partecipazione è di – 500, poiché diversamente ragionando si avrebbero salti di imposta in caso di cessione. Il punto meriterebbe una conferma da parte della Agenzia delle Entrate.

Il secondo aspetto chiarito (che è diretta conseguenza del punto sopra citato) è che, in capo alla beneficiaria, le attività e le passività trasferite mantengono il valore fiscalmente riconosciuto che esse presentavano in capo alla scissa; pertanto, si conferma la continuità dei valori contabili, anche per la società avente causa della scissione (fatte salve le considerazioni sulla scissione negativa di cui sopra).

Altro aspetto molto delicato che viene affrontato è il tema della anzianità di detenzione. Questo aspetto, nel conferimento di azienda, è stato regolato affermando che la conferitaria detiene, per finzione giuridica, l’azienda trasferita a far data da quando la stessa era stata detenuta dalla conferente. In modo simile, ma considerando che nella scissione scorporo vi può essere il trasferimento anche di beni che non configurano una azienda, si statuisce che le attività e le passività trasferite alla beneficiaria si intendono detenute da quando sono state detenute dalla scissa. Ciò permetterà di fruire, ad esempio, della rateizzazione delle plusvalenze, laddove sia ceduto un bene da parte della beneficiaria immediatamente dopo l’atto di scissione: la detenzione (triennale) retroagisce alla data di precedente detenzione da parte della scissa.

Ma non vi è dubbio che, sul tema della anzianità di detenzione, la questione più attesa era capire come comportarsi in merito alla partecipazione ricevuta dalla scissa. L’argomento  è stato oggetto, infatti, di discussione a seguito della sentenza della Cassazione n. 8235/2023, in base alla quale la partecipazione in capo alla conferente l’azienda assume l’anzianità di detenzione dei beni conferiti ( non già della azienda), il che ha generato una conclusione assurda, posto che i beni della azienda conferita potrebbero essere stati acquisiti in tempi diversi, e ciò rende impossibile individuare una unica anzianità di detenzione da assegnare alla partecipazione.

Va anche rilevato che, in materia di conferimento di azienda, la dottrina ha sempre interpretato il passaggio normativo dell’articolo 176, comma 4, Tuir (laddove afferma che la partecipazione assume l’anzianità di detenzione dei beni dell’azienda conferita), nel senso di dare rilevanza alla anzianità di detenzione della azienda (e non del singolo bene) e tale interpretazione era stata fatta propria, paradossalmente, anche dalla stessa Agenzia delle entrate (circolare n. 57/E/2008). Ora, per la scissione scorporo viene risolto il problema interpretativo stabilendo che, la partecipazione in capo alla scissa si intende detenuta da quando era detenuta l’azienda non già i singoli beni. È auspicabile che questo condivisibile intervento normativo venga esteso, in via interpretativa, anche alla similare operazione di conferimento di azienda.