Piano di Transizione 5.0 e credito d’imposta: convertito in Legge il Decreto “PNRR 4”
di Chiara GrandiFabio LanduzziIl decreto “PNRR 4” (D.L. 19/2024) ha completato il suo iter di formazione: la legge di conversione 29.4.2024, n. 56, è stata, infatti, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 100 dello scorso 30.4.2024.
L’articolo 38 istituisce e disciplina il Piano di Transizione 5.0, avente lo scopo di sostenere la transizione dei processi di produzione, verso un modello energeticamente efficiente e sostenibile.
Il legislatore ha individuato nel credito di imposta lo strumento più idoneo a raggiungere tale obiettivo; esso sarà riconosciuto a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell’impresa, che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione, da cui consegua una riduzione dei consumi energetici.
Per beneficiare dell’agevolazione, le imprese devono rispettare le normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore e il corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.
Gli investimenti ammessi sono quelli in beni strumentali nuovi materiali ed immateriali, di cui agli allegati A e B annessi alla L. 232/2016 (l’elenco è quello riferito ai beni ammessi all’ormai nota agevolazione “Industria 4.0”), interconnessi al sistema aziendale e che comportino complessivamente una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva, cui si riferisce il progetto di innovazione, non inferiore al 3% o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento non inferiore al 5%.
La percentuale del credito d’imposta varia dal 35% al 5% in base all’importo dell’investimento (metodo a scaglioni), con possibili incrementi nel caso di riduzioni dei consumi energetici superiori (fino a un’aliquota massima di credito di imposta riconosciuta del 45%).
Le imprese possono arricchire il progetto con ulteriori tipologie di investimenti (fermo restando la necessità di un investimento trainante tra quelli indicati sopra), inclusi i software per la gestione dei consumi e dell’impresa, la formazione del personale, e con beni nuovi finalizzati all’autoproduzione (e all’autoconsumo) di energia da fonti rinnovabili, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta.
Il piano Transizione 5.0 non si limita, dunque, ad agevolare l’installazione di impianti fotovoltaici, ma copre l’intero spettro delle energie rinnovabili (eolico, idroelettrico eccetera), escludendo gli impianti alimentati a biomassa.
L’acquisizione di impianti per l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia da fonte solare sconta ulteriori vincoli: la norma richiede, infatti, che i pannelli fotovoltaici siano prodotti nell’Ue.
Ciò provoca non poche complicazioni, considerando che le filiere necessarie per le tecnologie chiave in tema di decarbonizzazione sono concentrate al di fuori del continente europeo, principalmente in Cina (in media per il 65% del totale), con la conseguenza che, a livello europeo, non solo i costi sono sensibilmente più alti (e ciò viene, seppur parzialmente, compensato dal riconoscimento di un incremento della base di calcolo del credito d’imposta 5.0 per un importo pari al 120% o al 140% del loro costo, in base a specifiche caratteristiche tecniche), ma la scarsità di offerta rende anche improbabile soddisfare la domanda crescente di pannelli fotovoltaici, rendendo, di fatto, impossibile usufruire della deduzione maggiorata e del credito di imposta associato a tale tipologia di investimento.
Dal punto di vista degli adempimenti burocratici, si ricorda che il credito d’imposta è subordinato alla presentazione di apposite comunicazioni al GSE (preventiva, intermedia e finale), corredate anche da certificazioni rilasciate da un valutatore indipendente, attestanti:
- ex ante, la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni agevolati,
- ex post, l’effettiva realizzazione degli investimenti conformemente a quanto previsto dalla certificazione ex ante.
Unitamente alla certificazione ex post, nella comunicazione finale devono altresì essere allegate:
- la certificazione attestante l’avvenuta interconnessione dei beni e;
- la certificazione – da parte del soggetto incaricato alla revisione legale dei conti – attestante l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la loro corrispondenza alla documentazione contabile dell’impresa.
Queste appena descritte sono le regole di carattere generale: per dare piena attuazione all’incentivo in commento, tuttavia, si è in attesa di un decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il quale sta lavorando per completare il decreto attuativo e il regolamento tecnico connesso, che dovrà altresì ottenere il concerto di altri due ministeri, l’Economia (che deve controllare la fruizione dei crediti d’imposta entro il limite delle risorse) e l’Ambiente e sicurezza energetica (competente per gli aspetti di efficientamento energetico). A ciò si aggiunge l’implementazione da parte del Mimit della piattaforma telematica per la gestione dei crediti d’imposta e il controllo dell’andamento della misura.
Le regole non ancora definite e i tempi strettissimi di realizzazione degli investimenti agevolabili per le imprese mettono in seria difficoltà l’attuazione del piano Transizione 5.0, con il rischio di perdere parte dei 6,3 miliardi di fondi europei messi sul piatto per il progetto.
Ciò è ancor più vero se si considera che – elemento emerso dal lavoro tecnico in corso in questi giorni – entro il 31.12.2025 chi vorrà usufruire del credito d’imposta non solo dovrà aver ricevuto il bene incentivabile, ma dovrà anche averlo messo in funzione e interconnesso.
Per questo, si spera, a livello europeo, in una proroga delle scadenze del Pnrr in modo da spostare almeno di un anno la rendicontazione arrivando al 31.12.2026, considerate anche le difficoltà che starebbero incontrando anche altri Paesi europei sul cronoprogramma dei piani Next Generation Eu.
Ciò consentirebbe alle aziende italiane di pianificare e realizzare investimenti mirati, rispondendo alle necessità di efficientamento energetico e decarbonizzazione.