Indetraibilità dell’IVA assolta su prestazioni di trasporto persone
di Cesare Della NaveClaudia BolliniNell’ordinamento interno, l’Iva assolta sulle spese sostenute per trasporto di persone sconta la previsione di indetraibilità oggettiva, contenuta nell’articolo 19-bis1, D.P.R. 633/1972, salvo che le suddette spese siano riconducibili all’oggetto dell’attività propria dell’impresa.
Tale previsione costituisce una deroga al principio generale di detrazione dell’imposta, in virtù della (presunta) non inerenza e, specialmente, in ragione della difficoltà nel discernere concretamente l’utilizzo, o meno, a fini aziendali, dei suddetti trasporti.
Tali considerazioni sono però da ponderare con i principi ispiratori del sistema dell’Iva e con le relative interpretazioni da parte dei giudici comunitari, più inclini ad attribuire al diritto alla detrazione un significato maggiormente aderente ai contesti aziendalistici.
È, infatti, indubbio che i suddetti costi di trasporto non siano aprioristicamente classificabili come non inerenti in ragione della loro natura, ma possano trovare frequentemente giustificazione nella loro afferenza rispetto a specifiche esigenze dell’impresa e delle sue attività produttive.
La Corte di giustizia europea si è pronunciata, in materia di trasporto di personale, con la sentenza del 18.7.2013, relativa alla causa C-124/2012 (Maritza east). Nel caso di specie, a una società di diritto bulgaro veniva contestata la detrazione dell’Iva assolta su servizi di trasporto a favore di personale esterno non dipendente, acquistati in ragione di particolari circostanze, che non consentivano l’utilizzo di altri mezzi di trasporto per raggiungere il luogo di lavoro.
Il fulcro della decisione dei giudici comunitari verte sul seguente ragionamento: “un diritto a detrazione è tuttavia parimenti ammesso a favore del soggetto passivo anche in mancanza di un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce. Costi di tal genere presentano, infatti, un nesso diretto ed immediato con il complesso dell’attività economica del soggetto passivo”.
In sintesi, la sentenza in questione indebolisce la portata delle previsioni di indetraibilità oggettiva, dovendosi, invece, operare un ragionamento sui generis, in virtù della riferibilità, o meno, di un determinato costo, a quel coacervo di spese generali necessarie e irrinunciabili che caratterizzano l’attività d’impresa, le quali concorrono, comunque, alla formazione del prezzo dei beni o servizi venduti dal soggetto passivo Iva.
L’epilogo della decisione viene di conseguenza: la Corte di giustizia ha riconosciuto il diritto alla detrazione, posto che il costo di tali trasporti, tenuto conto delle particolari circostanze del caso di specie, è fuor di dubbio sostenuto per finalità d’impresa.
Siffatto orientamento è presente, seppur timidamente, anche nella prassi e giurisprudenza nazionale.
L’allora Risoluzione ministeriale n. 361729, del 10.11.1979, il cui orientamento è da ritenersi ancora valido, ha offerto un ragionamento, per così dire, più “macchinoso”. In tale occasione, l’Amministrazione finanziaria ha escluso l’applicazione della previsione di indetraibilità oggettiva in commento nei confronti di una società che si serviva di trasportatori terzi, in mancanza di mezzi pubblici, per permettere al proprio personale di recarsi sul luogo di lavoro. Ciò in ragione del fatto che la previsione di cui all’articolo 19-bis1, comma 1, lett. e), D.P.R. 633/1972, riguarda solo i rapporti tra vettore e utente del servizio e non quelli in essere tra impresa e vettore.
Tali rapporti tra impresa (committente) e vettore, secondo il Ministero, possono configurarsi come contratti di appalto (oppure come noleggio con conducente), mentre ricadono nell’ambito dell’indetraibilità i contratti di trasporto tra utente del servizio e vettore.
La formulazione della Risoluzione in oggetto risulta essere non del tutto chiara; è, infatti, difficile comprendere le motivazioni per le quali tale distinzione contrattuale possa influenzare il diritto alla detrazione, posto che, nella sostanza, l’oggetto della prestazione in questione si risolve essenzialmente in un mero trasporto (di persone); interpretazione spesso adottata anche dagli stessi Uffici in sede di verifica.
Peraltro, non esiste, ai fini Iva, una nozione di trasporto di persone, dovendosi invece desumere la stessa dal suo significato abituale (Corte di giustizia, 18.1.2001, causa C-83/99). Si può prendere a riferimento la nozione civilistica di trasporto (articolo 1678, cod. civ.), ovvero il contratto con il quale il vettore “si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo a un altro“.
Di conseguenza, negare il diritto alla detrazione esclusivamente in ragione della tipologia di contratto che si instaura tra vettore e utente del servizio appare anacronistico e non curante del principio di neutralità del tributo, declinato in questo caso dai giudici comunitari come il nesso che sussiste tra una determinata operazione a monte e il complesso dell’attività economica del soggetto passivo. Nesso che, come tale, non può comportare un’incidenza del tributo sul soggetto economico.
Più coerenti, invece, risultano essere le motivazioni offerte dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 22332 del 13.9.2018. La pronuncia si pone in sintonia con la sentenza comunitaria Maritza East, precedentemente citata, statuendo che il nesso diretto e immediato con l’attività economica del soggetto passivo sussiste anche quando un costo per servizi sia ricomprendibile nell’alveo di quelle spese generali e accessorie alle esigenze dell’impresa, sulla cui Iva non dovrebbe essere precluso il diritto alla detrazione.
Nel caso di specie, infatti, era stata ritenuta corretta la decisione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado circa la detraibilità dell’Iva assolta su prestazioni di trasporto persone a favore dei dipendenti dell’impresa. La peculiarità di questa pronuncia consiste, però, nel fatto che non vengono, per quanto è noto, menzionate particolari circostanze tali da rendere il trasporto offerto dal datore di lavoro strettamente necessario: la detraibilità dell’Iva è stata accordata per il solo fatto che tali prestazioni erano accessorie (ma pur sempre inerenti) rispetto alle esigenze dell’impresa.
L’auspicio, allo stato attuale, è che la previsione di indetraibilità per trasporto di persone possa essere mitigata da una valutazione più aderente all’effettivo utilizzo per esigenze aziendali, soprattutto in virtù del criterio direttivo contenuto nell’articolo articolo 7, comma 1, lett. d), n. 1), L. 111/2023 (c.d. legge delega di riforma fiscale), ovverosia“consentire ai soggetti passivi di rendere la detrazione più aderente all’effettivo utilizzo dei beni e dei servizi impiegati ai fini delle operazioni soggette all’imposta” nonché alla lettera a) “ridefinire i presupposti dell’imposta al fine di renderli più aderenti alla normativa dell’Unione europea”.