Le diverse modalità di versamento fra atti di adesione su accertamenti e su atti di recupero crediti
di Gianfranco AnticoLa L. 111/2023 (c.d. legge delega fiscale), attraverso i decreti legislativi già pubblicati, ha operato una vera e propria riforma degli istituti alternativi al contenzioso, con il precipuo scopo di ridurre l’accesso alla giurisdizione delle Corti di Giustizia tributaria, rimodulando gli strumenti deflattivi.
L’esame del riordino complessivo attuato ha preso il via dal D.Lgs. 219/2023, che ha introdotto il principio del contraddittorio preventivo e normato l’istituto dell’autotutela (distinguendola tra obbligatoria e facoltativa), per poi prevedere, attraverso il D.Lgs. 220/2023, l’abrogazione del reclamo-mediazione e l’estensione della conciliazione giudiziale alle controversie pendenti in Cassazione. Il cerchio si è chiuso con il D.Lgs. 13/2024, che ha revisionato il procedimento di accertamento con adesione, di cui al D.Lgs. 218/1997, coordinandosi con le norme di attuazione della delega relativa allo Statuto del contribuente, al fine di garantire il diritto del destinatario dell’atto di esporre le proprie difese, una volta completata l’istruttoria e prima del provvedimento impositivo.
L’istituto principe continua a rimanere l’accertamento con adesione del contribuente, di cui al D.Lgs. 218/1997, che costituisce uno strumento di definizione concordata del procedimento – in contraddittorio – fondato sulla prognosi di fondatezza di atti e difese, che “a regime” ha segnato l’inizio di un profondo e radicale cambio d’indirizzo nei rapporti fra Fisco e contribuente, consentendo, altresì, di gestire il gettito fiscale a carattere continuativo.
Tant’è che il legislatore delegato – attraverso il D.Lgs. 13/2024 – ha ritenuto di integrare l’articolo 1, D.Lgs. 218/1997, facendo rientrare nel perimetro dell’istituto anche gli atti di recupero dei crediti indebitamente compensati, non dipendente da un precedente accertamento, chiudendo così una querelle che si trascinava da lungo periodo. Intervento di rilievo atteso che, nel corso degli ultimi anni, il credito d’imposta è divenuto una delle forme di agevolazioni fiscali più utilizzate da parte del legislatore (e molto apprezzate dalle imprese) per incentivare lo sviluppo di determinate attività, in quanto permette un utilizzo agevole e spedito, attraverso il meccanismo della compensazione. E proprio ciò ha portato, in alcuni casi, ad abusi veri e propri, contestati dall’Amministrazione finanziaria, attraverso l’avviso di recupero.
Tuttavia, sono diverse le modalità di versamento fra atti di adesione su accertamenti, ovvero su atti di recupero crediti. Infatti, da una parte, ai sensi dell’articolo 8, D.Lgs. 218/1997, il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguito entro 20 giorni dalla redazione dell’atto, di cui all’articolo 7, D.Lgs. 218/1997 e le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di 8 rate trimestrali di pari importo, ovvero in un massimo di 16 rate trimestrali, se le somme dovute superano i 50.000 euro. L’importo della prima rata è versato entro 20 giorni dalla redazione dell’atto. Le rate successive alla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata. Dall’altra parte, il comma 2-bis, dell’articolo 8, D.Lgs. 218/1997, prevede che per il versamento nei 20 giorni delle somme dovute a seguito di un accertamento con adesione, conseguente alla definizione di atti di recupero, non è possibile avvalersi della rateazione e della compensazione prevista dall’ articolo 17, D.Lgs. 241/1997.
Resta fermo che, per entrambe le ipotesi, entro 10 giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento. L’ufficio, effettuate le opportune verifiche, rilascia al contribuente copia dell’atto di accertamento con adesione.