19 Luglio 2024

I profili di incostituzionalità del contributo straordinario sul c.d. “caro bollette”

di Francesca Benini
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Al fine di fronteggiare la crisi economica, la Commissione Europea ha emanato, lo scorso 8.3.2022, una comunicazione – COM (2022) 108 – con la quale ha riconosciuto agli Stati membri la possibilità di introdurre misure temporanee di carattere fiscale, su proventi straordinari maturati dagli operatori del settore energetico.

Nell’ambito di tale previsione, il Legislatore italiano, con l’articolo 1, commi da 115 a 119, L. 197/2022, ha istituito, per l’anno 2023, un nuovo contributo di solidarietà temporaneo sul c.d. “caro bollette”, “al fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori”.

La citata norma prevedeva che il contributo dovesse essere versato da parte di quei soggetti passivi che soddisfacessero congiuntamente le seguenti condizioni:

  • esercitassero nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l’attività di produzione di energia elettrica, l’attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, l’attività di rivendita di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi; e
  • il 75% dei ricavi del periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1.2023 derivasse dalle attività indicate nel precedente punto.

La base imponibile del contributo straordinario era individuata come differenza tra:

  • il reddito complessivo determinato ai fini Ires relativo al periodo di imposta 2022 e;
  • la media dei redditi complessivi dei quattro periodi di imposta antecedenti (ossia, degli anni 2018 – 2021), maggiorata del 10%.

Il contributo, quindi, era individuato applicando, alla citata base imponibile, un’aliquota del 50%.

Fin dalla data di introduzione del contributo, la normativa ha sollevato numerosi dubbi di costituzionalità che si sono tradotti in un vasto contenzioso.

Numerosi operatori del settore energetico, infatti, dopo aver versato il contributo straordinario sul c.d. “caro bollette”, hanno avanzato una richiesta di rimborso, sostenendo come lo stesso si ponga in contrasto con i principi costituzionali di capacità contributiva, di ragionevolezza e di uguaglianza.

In particolare, secondo tali operatori, il contributo non rappresenta un valido strumento per raggiungere gli obiettivi che si era posto il Legislatore.

Il contributo straordinario, infatti, era stato introdotto con lo scopo di intercettare asseriti “extraprofitti” di cui le imprese del comparto energia avrebbero beneficiato, in relazione all’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore.

Tuttavia, la norma non menziona mai il termine “extraprofitti”, lasciando indeterminata quale maggiore capacità contributiva il tributo sia volto a colpire.

A ciò si aggiunga che la determinazione della base imponibile non appare idonea a intercettare solo quella parte dell’incremento reddituale riconducibile all’incremento dei prezzi dell’energia, ma ricomprende anche incrementi di reddito che nulla hanno a che fare con la congiuntura di mercato e che, quindi, non essendo extraprofitti, non sono suscettibili di tassazione incrementale.

Il contributo straordinario, inoltre, rappresenta una violazione dell’articolo 117, Cost., con riguardo ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e, nello specifico, dal Regolamento UE 1854/2022, direttamente applicabile nell’ordinamento nazionale.

Tale regolamento, infatti, si propone di offrire una “risposta rapida e coordinata a livello dell’Unione”, al fine di attenuare sia il rischio di ulteriori aumenti, sia “che gli Stati membri adottino misure nazionali non coordinate che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento a livello dell’Unione e comportare un onere aggiuntivo per l’industria e i consumatori dell’Unione”.

Tra le misure introdotte con il citato regolamento, si annovera la possibilità di istituire un contributo di solidarietàper le imprese e le stabili organizzazioni dell’Unione che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffineria al fine di attenuare gli effetti economici diretti dell’impennata dei prezzi dell’energia sui bilanci delle autorità pubbliche, sui clienti finali e sulle imprese in tutta l’Unione. Tale contributo dovrebbe essere eccezionale e strettamente temporaneo”.

La base di calcolo di tale contributo è costituita dagli utili imponibili delle imprese che svolgono attività nei suddetti settori; sono soggetti a contributo “solo gli utili realizzati nel 2022 e/o nel 2023 che eccedono un aumento del 20% degli utili medi generati nei quattro esercizi fiscali aventi inizio il 1° gennaio 2018 o in data successiva”. Il contributo è individuato nella misura del 33% della base imponibile.

Ebbene, alla luce di quanto illustrato, è evidente che il contributo straordinario, introdotto nel nostro ordinamento, rappresenta un’evidente violazione del Regolamento UE in questione.

Le violazioni, infatti, vanno dall’individuazione dei soggetti passivi, alla quantificazione della base imponibile; in particolare, risulta palesemente illegittima l’applicazione del contributo ai produttori di energia da fonti rinnovabili, non contemplati dal Regolamento UE e destinatari di misure alternative volte a scongiurare in radice il conseguimento di extraprofitti.