Immobili patrimonio: guida alla determinazione del reddito di impresa
di Mauro Muraca
Gli immobili appartenenti all’impresa, diversi da quelli strumentali e da quelli merce, confluiscono nella categoria residuale dei c.d. “immobili “patrimonio”, in relazione ai quali è previsto, ai sensi dell’articolo 90, Tuir, un trattamento impositivo differente a seconda del luogo in cui gli immobili patrimonio sono situati:
- se ubicati nel territorio dello Stato, i proventi realizzati seguono la disciplina dei redditi fondiari, di cui all’articolo 37, Tuir, con l’effetto che il reddito è determinato in base alla rendita catastale rivalutata del 5%, maggiorata di un terzo nel caso di unità immobiliari non locate, a norma dell’articolo 41, Tuir;
- se situati all’estero, i proventi in parola devono essere assoggettati alle disposizioni contemplate dall’articolo 70, Tuir, e concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base:
- all’ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo d’imposta;
- all’ammontare percepito nel periodo d’imposta, ridotto del 15% a titolo di deduzione forfetaria delle spese, nel caso di redditi non soggetti ad imposizione nello Stato estero.
Immobili patrimonio tenuti a disposizione dalle imprese
L’articolo 90, Tuir, dispone che i proventi derivanti dal possesso di immobili patrimonio concorrono alla formazione del reddito d’impresa nel rispetto delle regole proprie dei redditi fondiari (e non sulla base dei costi e ricavi ad essi afferenti), in ragione della loro estraneità al normale svolgimento dell’attività d’impresa di tali immobili.
Il reddito degli immobili patrimonio tenuti a disposizione è determinato, infatti, in base alla rendita catastale rivalutata del 5% (ovvero, per i terreni, degli specifici coefficienti previsti per il reddito dominicale e agrario), maggiorata di un terzo (nel solo caso di unità immobiliari non locate), a norma dell’articolo 41, Tuir, in virtù del richiamo operato dall’articolo 90, Tuir.
Immobili patrimonio di interesse storico e/o artistico a disposizione delle imprese
L’articolo 90, comma 1, Tuir, come modificato dall’articolo 4, comma 5-sexies, lett. b), D.L. 16/2012, prevede un particolare regime impositivo di favore per gli immobili patrimonio “c.d. vincolati”:
- intendendosi per tali quelli che, ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), sono riconosciuti di interesse rilevante per motivi storici, artistici, archeologici, culturali, ecc.;
- dal cui possesso conseguono (per il possessore) una serie di obblighi, talvolta anche onerosi (es. conservazione, manutenzione, prelazione statale in caso di vendita, apertura al pubblico, ecc.) che vengono parzialmente compensati da un trattamento fiscale significativamente agevolato.
A decorrere dal 2012, i proventi derivanti da immobili patrimonio di interesse storico-artistico, che sono a disposizione delle imprese, concorrono alla formazione del reddito d’impresa sulla base della rendita catastale, rivalutata del 5% e ridotta del 50%, senza che per tali immobili trovi applicazione la maggiorazione di un terzo del reddito fondiario contemplata dall’articolo 41, Tuir, che, come detto in precedenza, si applica alla generalità degli altri immobili patrimonio tenuti a disposizione dalle imprese (articolo 90, comma 1, Tuir).
Immobili patrimonio locati dalle imprese
Gli immobili patrimonio locati a terzi concorrono, invece, a formare il reddito d’impresa per un imponibile pari al maggior valore tra:
- la rendita catastale rivalutata del 5%, ai sensi dell’articolo 3, comma 48, L. 662/1996, e;
- il canone di locazione pattuito in contratto:
- assunto per l’intero importo (senza poter invocare la riduzione forfetaria delle spese prevista dall’articolo 37, comma 4-bis, Tuir);
- ridotto soltanto dell’importo delle spese di manutenzione ordinaria effettivamente sostenute sull’immobile e rimaste a carico dell’impresa, considerate fino ad un limite massimo di riduzione dei canoni di locazione, pari al 15% dei medesimi.
“Se le parti stabiliscono nel contratto di locazione che le spese di manutenzione ordinaria siano addebitate al conduttore anziché al locatore, quest’ultimo non potrà dedurre gli importi delle spese in argomento e il canone rileverà per l’intero ammontare contrattualmente previsto” (circolare n. 10/E/2016).
Pertanto, se l’impresa documenta spese di manutenzione ordinaria:
- superiori alla soglia massima del 15% dei canoni di locazione, la riduzione dei canoni continua ad essere riconosciuta nel limite del 15%;
- inferiori alla soglia massima del 15% dei canoni di locazione, la riduzione dei canoni viene riconosciuta fino a concorrenza delle spese di manutenzione sostenute e rimaste a carico.
Se le spese di manutenzione ordinaria sostenute da un’impresa risultassero, in un determinato periodo d’imposta, superiori al limite del 15%, l’eccedenza non rileva nei periodi d’imposta successivi, anche se l’importo delle spese sostenute nel corso di essi fosse inferiore al predetto limite.
Immobili patrimonio situati in comuni ad alta densità abitativa
Per gli immobili abitativi ubicati in comuni ad alta densità abitativa, locati a “canone concordato” (in base agli accordi territoriali definiti tra le organizzazioni dei proprietari e degli inquilini più rappresentative a livello nazionale), il reddito imponibile è determinato, quindi, in base all’articolo 37, comma 4-bis, Tuir, riducendo del 30% il maggior ammontare tra:
- il canone risultante dal contratto di locazione, eventualmente ridotto del 15%;
- la rendita catastale iscritta in Catasto, rivalutata del 5%.
Spese di manutenzione che concorrono al plafond del 15%
Le spese di manutenzione sono ammesse in deduzione analitica (fino a concorrenza del 15% del canone annuo di locazione pattuito in contratto) solo se:
- comprovate per mezzo di contratti, attestazioni di pagamento, fatture e ricevute fiscali (circolare n. 10/E/2016);
- relative ad interventi di manutenzione ordinaria, intendendosi per tali:
- gli interventi edilizi consistenti in opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e di quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. a), D.P.R. 380/2001;
- le piccole riparazioni del fabbricato e dei relativi impianti (risoluzione n. 551463/E/1990 e circolare n. 98/E/2000).
Spese di manutenzione che non concorrono al plafond del 15%
Non possono essere portate in deduzione dal canone di locazione, né comunque essere dedotte dal reddito d’impresa, poiché non contemplate dall’articolo 90 Tuir, le spese sostenute per effettuare sui fabbricati patrimoniali interventi di recupero diversi da quelli di manutenzione ordinaria descritti nel paragrafo precedente, vale a dire gli oneri sostenuti a fronte interventi di:
- manutenzione straordinaria;
- restauro;
- risanamento conservativo;
- ristrutturazione
La dottrina è dell’avviso che dal sostenimento di tali spese consegue, comunque, un incremento del valore dell’immobile, tale da legittimare l’iscrizione di tali costi ad incremento del valore fiscale dell’immobile stesso, rilevante ai fini della determinazione della plusvalenza o minusvalenza in caso di cessione del fabbricato. Infatti, anche in caso di cessione di immobili patrimonio, operano le medesime regole previste per la cessione degli immobili strumentali, come si evince dall’articolo 86, comma 1, Tuir, e dall’articolo 101, comma 1, Tuir, i quali fanno espressamente riferimento ai beni relativi all’impresa.
Immobili patrimonio di interesse storico o artistico locati a terzi
L’articolo 4, comma 5-sexies, lett. b), D.L. 16/2012, modificando l’articolo 90 Tuir, ha disposto, sempre a decorrere dal 2012, un regime fiscale particolarmente agevolato applicabile anche ai canoni derivanti dalla locazione di “immobili vincolati” prevedendo che, se il canone risultante dal contratto di locazione ridotto del 35% è superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare, il reddito deve essere determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione.
“Per la determinazione del reddito imponibile, occorre sempre partire dalla rendita catastale rivalutata, ridotta del 50% e poi raffrontare la stessa con il canone di locazione ridotto del 35%” (risoluzione n. 144/E/2012).
Immobili patrimonio vincolati situati in comuni ad alta densità abitativa
Nel caso degli immobili storico-artistico ubicati in comuni ad alta densità abitativa e locati a “canone concordato” (in base agli accordi territoriali definiti tra le organizzazioni dei proprietari e degli inquilini più rappresentative a livello nazionale), oltre alla riduzione del 35% del canone di locazione, per la determinazione della base imponibile, si applica anche l’ulteriore riduzione del 30%, a norma dell’articolo 8 comma 1, L. 431/1998 (risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-08349/2012).
La disposizione fiscale in analisi interessa esclusivamente i fabbricati “vincolati” relativi ad imprese commerciali aventi destinazione di civile abitazione (accatastati nel gruppo A, al di fuori della categoria A/10) e costituenti meri immobili patrimonio: gli immobili vincolati costituenti per l’impresa immobili merce o immobili strumentali esulano, infatti, da tale disciplina, e concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base alle risultanze del Conto economico di bilancio, ai sensi del citato articolo 83 Tuir.
Indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi
A fronte della determinazione agevolata del provento immobiliare confluente nel reddito d’impresa, resta ferma l’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito (ivi incluse le quote di ammortamento) sancita, per la generalità degli immobili patrimoniali, dall’articolo 90, comma 2, Tuir (circolare n. 7/E/2011).
L’indeducibilità fiscale degli ammortamenti relativi ai beni patrimonio è stata affermata anche dalla medesima Agenzia delle entrate secondo cui “per i beni che per le loro caratteristiche rientrano fra quelli contemplati dall’articolo 90 Tuir, ancorché diversamente rappresentati nel bilancio IAS compliant, il relativo ammortamento non assume rilievo ai fini fiscali” (circolare n. 7/E/2011).
La motivazione alla base di tale divieto è rinvenibile dal meccanismo di determinazione della rendita catastale: le spese e gli altri componenti negativi di reddito afferenti agli immobili patrimoniali risultano, infatti, già scontati dal reddito fondiario e, quindi, considerati in sede di definizione delle tariffe d’estimo assunte a base per la determinazione della rendita catastale (che costituisce la base di calcolo del reddito prodotto da ciascun immobile). L’indeducibilità sancita dall’articolo 90, comma 2, Tuir, interessa, quindi, soltanto le spese di manutenzione e riparazione ed ogni altra spesa o perdita specificamente riferita alle singole unità costituenti immobili patrimoniali, non invece le spese generali di gestione della società.
Il divieto di deducibilità non si applica, a norma dell’articolo 100, comma 2, lett. e), Tuir, alle spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro degli immobili vincolati nella misura effettivamente rimasta a carico, a condizione che la necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, risulti da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni e le attività culturali, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con il competente ufficio dell’Agenzia del territorio.
Per le imprese di gestione immobiliare non risulta agevole distinguere i costi relativi agli immobili, che devono essere considerati indeducibili, da quelli che non hanno un nesso diretto con i beni patrimoniali dell’impresa e che, pertanto, seguono i principi generali di deducibilità. Secondo la prassi professionale (norma di comportamento n. 156 dell’Associazione Dottori Commercialisti di Milano), risultano:
- deducibili dal reddito di impresa delle società di gestione immobiliare:
- le spese per il personale addetto alla contabilità, ovvero le spese per la tenuta contabile;
- le spese per la consulenza fiscale e societaria;
- gli emolumenti per l’organo di controllo, ove nominato;
- i compensi dell’organo amministrativo, ad esclusione dello specifico compenso per la gestione degli immobili eventualmente delegata ad alcuni amministratori.
- indeducibili dal reddito d’impresa delle società di gestione immobiliare, in quanto legate alla corrente redditività dell’immobile, le spese per il personale addetto:
- ai servizi di custodia o di portineria;
- alla manutenzione degli edifici;
- dedicato all’amministrazione e gestione dello stabile.
La disciplina degli interessi passivi degli immobili patrimonio
La disciplina degli interessi passivi relativi agli immobili patrimonio è differente a seconda che si tratti di interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per la costruzione (o per l’acquisto) di immobili patrimonio tenuti a disposizione, ovvero destinati alla locazione.
Diversamente, gli oneri finanziari relativi ai già menzionati “immobili patrimonio” sostenuti per altre finalità diverse dalla loro acquisizione – ad esempio, se relativi a finanziamenti contratti per poter dare corso a interventi di manutenzione o di recupero – risulteranno totalmente indeducibili.
Interessi passivi finanziamenti per l’acquisizione di immobili patrimonio a disposizione
L’articolo 1, comma 35, L. 244/2007, prevede che, tra i componenti indeducibili, di cui all’articolo 90, comma 2, Tuir, non debbano essere ricompresi gli interessi passivi relativi ai finanziamenti contratti per l’acquisizione degli immobili patrimonio, il che vuol dire che:
- gli interessi passivi a servizio di finanziamenti contratti per la costruzione o per l’acquisto degli immobili di cui all’articolo 90, comma 1, Tuir, non rientrano tra le spese e gli altri componenti negativi, per cui opera la previsione di indeducibilità assoluta di cui al comma 2 della medesima disposizione;
- tutte le altre spese e gli altri componenti negativi (diversi dagli interessi passivi di cui sopra) sostenuti relativamente agli immobili-patrimonio – compresi gli interessi passivi di funzionamento – continuano ad essere indeducibili, ai sensi dell’articolo 90, comma 2, Tuir (30% del ROL).
Con il termine “acquisizione”, occorre riferirsi non solo agli interessi passivi sostenuti in relazione ai finanziamenti accesi per l’acquisto di tali immobili, ma anche agli interessi passivi relativi a finanziamenti stipulati per la “costruzione” degli stessi (circolare n. 19/E/2009), i quali sono da ritenersi deducibili in ciascun periodo di imposta sino a concorrenza degli interessi attivi e dei proventi assimilati e per l’eventuale eccedenza nel limite del 30% del ROL.
Interessi passivi per finanziamenti contratti per l’acquisizione di immobili patrimonio locati
Il trattamento fiscale applicabile agli interessi passivi degli immobili patrimonio destinati alla locazione soggiace alle disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 36, L. 244/2007, ai sensi delle quali non sono soggetti alle limitazioni alla deducibilità contenute nell’articolo 96 Tuir (legate all’ammontare degli interessi attivi e del ROL) “gli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione per le società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare”. Conseguentemente, se gli interessi passivi derivano da un finanziamento:
- non garantito da ipoteca su immobili destinati alla locazione, tali interessi permettono un abbattimento del reddito imponibile solo se superano il test del ROL, di cui all’articolo 96 Tuir;
- è garantito da ipoteca su immobili destinati alla locazione, gli interessi passivi concorrono all’abbattimento del reddito imponibile, senza bisogno del superamento del test del ROL, insieme alle spese di manutenzione ordinaria rientranti nel tetto del 15%.
La disposizione contemplata all’articolo 1, comma 36, L. 244/2007, che disciplina la deducibilità integrale degli interessi passivi (circolare n. 37/E/2009):
· si riferisce sia agli immobili patrimonio sia agli immobili strumentali per natura, purché destinati all’attività locativa, non essendo determinante la natura dell’immobile a garanzia
· è ammessa a condizione che il mutuo ipotecario abbia ad oggetto gli stessi immobili successivamente destinati alla locazione, purché la volontà di destinare alla locazione l’immobile risulti da adeguata documentazione esistente a partire dall’ottenimento del finanziamento ipotecario.
La possibilità di dedurre gli interessi passivi relativi a mutui ipotecari (o leasing) su immobili patrimonio destinati alla locazione (senza sottostare alle regole di cui all’articolo 96 Tuir), è riservata, dal 2016 (per effetto dell’entrata in vigore delle disposizioni prescritte dell’articolo 4, comma 4, D.Lgs. 147/2015), esclusivamente alle società immobiliari di gestione “passiva”, in cui, sia a livello patrimoniale che economico, la parte prevalente è costituita proprio dalla locazione.
A tal proposito, occorre avere riguardo a quelle società:
· il cui attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno due terzi da canoni di locazione;
· che effettuano affitti di rami d’azienda immobiliare, il cui valore complessivo sia prevalentemente costituito dal valore normale dei fabbricati.
Per poter beneficiare dell’agevolazione in rassegna, occorre, pertanto, confrontare il dato dei ricavi derivanti dalla locazione, con il dato dei ricavi complessivamente conseguiti dalla società. Tale formulazione letterale pone talune criticità, in considerazione del fatto che, alla formazione dei ricavi complessivamente conseguiti dalla società potrebbero concorrere, in caso di contemporaneo esercizio dell’attività di compravendita immobiliare, anche quelli derivanti dalla cessione di immobili costituenti “beni merce”.
Si potrebbe verificare che i ricavi di vendita degli immobili – in presenza di consistenti valori – siano notevolmente superiori ai canoni di locazione, senza, tuttavia, pregiudicare la natura di “immobiliare di gestione” della società: sarebbe, quindi, stato più opportuno prevedere una condizione differente, ovverosia quella di stabilire un rapporto minimo tra ricavi da canoni di locazione e valore di mercato degli immobili.
PROVENTI E ONERI DEI BENI PATRIMONIO NEL MODELLO REDDITI SC 2024
L’impresa che possiede un immobile patrimonio deve determinare il reddito da dichiarare prescindendo dai componenti positivi (reddito determinato su base catastale) e negativi (costi) imputati a conto economico: in sede di dichiarazione deve, pertanto, essere operata una variazione in diminuzione per i primi ed una in aumento per i secondi.
Per tale motivo, a livello di dichiarazione dei redditi sono previsti, nel quadro RF, specifici righi che rendono operativa tale modalità di tassazione.
In particolare, nel modello Redditi SC 2024 è presente, tra le variazioni in aumento:
- il rigo RF10 in cui riportare il reddito determinato su base catastale e;
- il rigo RF11 in cui indicare i costi relativi agli immobili patrimonio da neutralizzare in quanto non deducibili.
Tra le variazioni in diminuzione, si segnala, invece, il rigo RF39 in cui dover riportare i proventi degli immobili patrimonio da neutralizzare.
ESEMPIO
La società ALFA S.r.l. ha concesso in locazione un appartamento di categoria A/2 e rendita catastale (rivalutata) pari ad euro 800, ad un canone annuo di 6.000 euro (var – RF39). In relazione all’immobile locato, la suddetta impresa ha sostenuto costi per complessivi 4.000 euro di cui:
- 400 euro di spese condominiali (var + RF11);
- 600 euro di spese di manutenzione straordinaria (var + RF11):
- 1.000 euro di spese di manutenzione ordinaria (var + RF11);
- 2.000 euro per quote di ammortamento (var + RF11).
Per la determinazione del reddito da assoggettare a tassazione, occorre considerare il canone annuo pari ad 6.000 euro, il quale può essere ridotto delle spese di manutenzione ordinaria (1.000 euro), nel limite del 15% del proprio ammontare (900 euro = 6.000 euro*15%): non sono, invece, da considerare le spese condominiali e quelle di manutenzione straordinaria. Il canone di locazione netto, pari ad 5.100 euro (6.000 euro – 900 euro), essendo superiore rispetto alla rendita castale rivalutata (800 euro) concorrerà alla formazione del reddito d’impresa (Var + RF10).