4 Settembre 2024

Regime IVA della triangolazione comunitaria “impropria”

di Marco Peirolo
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La scheda di FISCOPRATICO

Si consideri il caso dell’impresa italiana che vende beni ad una società americana consegnandoli, su incarico di quest’ultima, in Francia.

Il trattamento impositivo dell’operazione non può essere individuato alla luce delle nuove disposizioni in materia di vendita “a catena” contenute nell’articolo 41-ter, D.L. 331/1993, introdotto, con effetto dall’1.12.2021, dall’articolo 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 192/2021.

Assumono, invece, ancora rilevanza le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria nella circolare n. 13-VII-15-464/1994 (§ B.16.3), secondo cui la cessione in triangolazione in esame non dà luogo né ad una cessione all’esportazione, né ad una cessione intracomunitaria.

Infatti, nel rapporto tra l’impresa italiana e quella americana, non si configura una cessione all’esportazione, in quanto i beni sono trasportati/spediti in Francia, senza quindi lasciare il territorio doganale della UE. L’operazione non integra neppure una cessione intracomunitaria, dato che la controparte dell’impresa italiana è stabilita negli Stati Uniti, quando invece l’articolo 41, comma 2-ter), D.L. 331/1993, subordina il titolo di non imponibilità previsto per le cessioni intracomunitarie alla condizione che il cessionario abbia comunicato il numero di identificazione al medesimo attribuito da un altro Stato UE e che il cedente abbia compilato il modello INTRA 1-bis o abbia debitamente giustificato l’incompleta o mancata compilazione dello stesso.

Stante, quindi, l’impossibilità di applicare il beneficio della non imponibilità Iva previsto per le cessioni all’esportazione e per le cessioni intracomunitarie, rispettivamente dall’articolo 8, comma 1, D.P.R.  633/1972 e dell’articolo 41, comma 1, lett. a), D.L. 331/1993, la cessione effettuata dall’impresa italiana assume natura interna ed è, quindi, imponibile ai fini Iva.

In ordine ai riflessi dell’imponibilità possono essere effettuate alcune considerazioni in funzione delle clausole INCOTERMS in concreto utilizzate.

Per esempio, se l’impresa italiana ha pattuito il termine di resa DAP (Delivered At Place), la società americana non è obbligata ad aprire una posizione Iva in Italia, ma l’imposta pagata in via di rivalsa non può essere chiesta a rimborso, ai sensi dell’articolo 38-ter, D.P.R. 633/1972, in quanto la condizione di reciprocità non è soddisfatta (al momento, il rimborso è ammesso solo per gli operatori stabiliti in Svizzera, Norvegia, Israele e Regno Unito).

Pertanto, la società americana, se non intende essere incisa dall’imposta, deve nominare un rappresentante fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, D.P.R. 633/1972, oppure deve identificarsi ai fini Iva in altro Stato UE.

Nel primo caso, trova applicazione l’articolo 58, D.L. 331/1993, che, nonostante i dubbi in ordine alla sua compatibilità sul piano comunitario, resta in vigore anche a seguito dell’introduzione del citato articolo 41-ter, D.L. 331/1993, disciplinante le vendite “a catena”.

Di conseguenza, l’impresa italiana applica in fattura il titolo di non imponibilità nel rapporto con il rappresentante fiscale italiano della società americana, mentre quest’ultimo applica il titolo di non imponibilità dell’articolo 41, comma 1, lett. a), D.L. 331/1993, nel rapporto con il destinatario finale francese.

Nel secondo caso, se la società americana apre una posizione Iva in Francia, l’impresa italiana realizza una cessione intracomunitaria non imponibile. In caso, invece, di identificazione in altro Stato UE diverso dall’Italia e dalla Francia, trova applicazione lo schema della triangolazione comunitaria cd. “semplificata”, pe cui l’impresa italiana applica il titolo di non imponibilità previsto per le cessioni intracomunitarie.

Se l’impresa italiana ha pattuito la clausola EXW (Ex Works), l’operazione posta in essere subisce un’interruzione, rendendo obbligatoria la nomina del rappresentante fiscale in Italia da parte della società americana, la quale, infatti, effettua una cessione intracomunitaria nei confronti del destinatario francese che si considera territorialmente rilevante in Italia, cioè nel luogo in cui i beni esistono materialmente al momento di inizio del trasporto/spedizione per la Francia (si vedano l’articolo 32 della Direttiva n. 2006/112/CE e l’articolo 7-bis, comma 1, D.P.R. 633/1972).

In questo caso, pertanto, diversamente dall’ipotesi in cui le parti abbiano convenuto la clausola DAP, non è possibile strutturare l’operazione in base allo schema dell’articolo 58, D.L. 331/1993, in quanto i beni non sono trasportati/spediti in Francia a cura dell’impresa italiana.

Infine, è il caso di osservare che, per evitare l’addebito dell’Iva italiana, è possibile utilizzare l’istituto del deposito Iva.

A tal fine, l’impresa italiana vende i beni alla società americana con introduzione nel deposito Iva italiano, ponendo in essere un’operazione non soggetta a Iva, ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 4, lett. c), D.L. n. 331/1993.

Dopodiché, l’estrazione dei beni dal deposito Iva non dà luogo all’applicazione dell’imposta, ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 4, lett. f), D.L. 331/1993, in quanto effettuata in esecuzione di una cessione intracomunitaria posta in essere dalla società americana, avvalendosi della rappresentanza fiscale cd. “leggera” del gestore del deposito Iva, ex articolo 50-bis, comma 7, D.L. 331/1993.