Concordato preventivo biennale: dopo il “correttivo” permangono le incertezze
di Stefano RossettiIl D.Lgs 108/2024 (c.d. decreto correttivo al concordato preventivo biennale), dopo una lunga gestazione, è approdato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 5.8.2024.
Sono varie le modifiche che sono state apportate alla versione originaria del concordato preventivo biennale, alcune delle quali hanno avuto la funzione di incoraggiare i contribuenti a prendere in considerazione l’adesione all’istituto.
Tra le principali novità del D.Lgs. 108/2024, si segnala:
- l’introduzione di nuove cause di esclusione (proventi esenti o esclusi in misura al 40% della base imponibile nel 2023, adesione al regime forfetario nel 2024, operazioni straordinarie societarie o modifica della compagine sociale per i soggetti ex articolo 5, Tuir);
- la previsione di nuovi elementi (sia di lavoro autonomo sia d’impresa) che rettificano il reddito proposto dall’Amministrazione finanziaria;
- la possibilità di scomputare le perdite fiscali prodotte in costanza di concordato dagli imponibili futuri;
- la riduzione della percentuale di scostamento (in negativo) di reddito derivante da eventi eccezionali che comporta la cessazione del concordato. La percentuale passa da 50 a 30;
- l’introduzione di un’imposta sostitutiva che colpisce la differenza positiva tra il reddito derivante dall’adesione al concordato rispetto a quello effettivo del periodo d’imposta precedente all’accesso. Le aliquote dell’imposta sostitutiva variano dal 10% al 15% in funzione del grado di affidabilità del contribuente (per i soggetti forfettari l’aliquota è del 10%, 3% per i soggetti in fase di start up);
- la revisione e implementazione delle cause di cessazione e decadenza dal regime.
Il decreto correttivo, tuttavia, non ha fugato alcune criticità che erano emerse già da una prima lettura del D.Lgs. 13/2024.
Vediamone alcune.
L’effettuazione di operazioni straordinarie e la modifica della compagine sociale per i soggetti ex articolo 5, Tuir rappresenta:
- una causa di esclusione, se tali condizioni si realizzano nel primo anno di concordato (articolo 11, comma 1, lettera b-quater), D.Lgs 13/2024);
- una causa di cessazione, che opera dal periodo d’imposta in cui la condizione si realizza (articolo 21, comma 1, lettera b-ter), D.Lgs 13/2024).
- una causa di decadenza del concordato (per il tramite del richiamo che l’articolo 22 effettua all’articolo 11, D.Lgs 13/2024).
La causa di esclusione ha funzione di non permettere l’accesso all’istituto a quei contribuenti che, all’atto dell’invio della dichiarazione, hanno già effettuato nel 2024 operazioni straordinarie o modificato la compagine sociale.
Non è chiaro, invece, come la medesima fattispecie possa essere considerata sia come causa di cessazione sia come causa di decadenza del concordato atteso il fatto che:
- le cause di cessazione comportano la decadenza del concordato dal periodo d’imposta in cui si realizzano;
- le cause di decadenza, invece, travolgono l’intero biennio.
Quindi, sintetizzando, se, ad esempio, un’operazione straordinaria viene posta in essere:
- tra l’1.1.2024 e la data di invio della dichiarazione fiscale, opera la causa di esclusione;
- tra l’accettazione della proposta (che si concretizza mediante invio della dichiarazione fiscale) e il 12.2024 opera la causa di cessazione e, di fatto, il concordato non produce effetti;
- tra l’1.1.2025 e il 12.2025 sorgono delle criticità. Si applica la causa di esclusione ex articolo 21, D.Lgs. 13/2024 o la causa di decadenza ex articolo 22, D.Lgs 13/2024? Gli effetti sarebbero notevolmente diversi: nel primo caso il concordato sarebbe salvo in relazione al periodo d’imposta 2024, mentre nel secondo caso la decadenza sarebbe retroattiva.
Considerando che la finalità della disposizione è quella evitare che le operazioni di concentrazione vengano effettuate al solo scopo di accentrare il reddito in capo ad un soggetto a fronte di una proposta basata sulle condizioni ante operazione, appare logico che essa operi come causa di cessazione e che, quindi, abbia effetto dal periodo d’imposta interessato dall’operazione.
Un’altra criticità che riguarda le cause di decadenza del concordato è quella relativa all’omesso versamento delle imposte a seguito dell’attività di controllo automatizzato, ai sensi dell’articolo 36-bis, D.P.R. 600/1973.
Dal dato letterale della norma si evince che il mancato pagamento delle somme richieste, mediante avviso di irregolarità, comporti la decadenza del concordato (ciò fa ritenere che la rateizzazione, invece, non produca tale effetto).
Come coniugare questa disposizione con quanto previsto dall’articolo 22, comma 3, D.Lgs 13/2024, secondo cui tale violazione può essere regolarizzata mediante il ravvedimento operoso, con ciò evitando la decadenza del concordato?
Il ravvedimento operoso, in relazione agli omessi versamenti di imposte, è inibito dalla ricezione delle comunicazioni di irregolarità, pertanto tale disposizione sembra inapplicabile.
Una possibile lettura combinata delle due norme potrebbe essere quella secondo cui l’omesso versamento delle somme dovute comporti la decadenza del concordato e ciò sia evitabile ravvedendo la violazione fino alla ricezione dell’avviso di irregolarità.
Questa interpretazione, particolarmente restrittiva, però non appare in linea con le finalità dell’istituto.