Acconti condizionati nella formazione del plafond Iva
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariGli importi degli acconti percepiti a fronte di future esportazioni concorrono alla formazione del plafond Iva di esportatore abituale, ma sono sottoposti alla condizione risolutiva in caso di mancato buon fine dell’operazione di esportazione. È questa la sintesi della consulenza giuridica n. 3/2024 dello scorso 6.8.2024 dell’Agenzia delle entrate, che offre lo spunto per ricordare alcuni aspetti importanti che riguardano la formazione dello status di esportatore abituale Iva. A prescindere dalle operazioni che concorrono alla formazione di detto status (esportazioni, cessioni intracomunitarie, ecc., indicate nel rigo VE30 della dichiarazione annuale Iva), ciò che occorre sottolineare è il momento in cui l’operazione assume rilevanza. A tale proposito, occorre rifarsi alle regole previste dall’articolo 6, D.P.R. 633/1972 relative al momento di effettuazione dell’operazione, poiché dalle stesse discende anche l’obbligo di emissione e registrazione delle fatture. Pertanto, il plafond si forma:
- per le cessioni di beni mobili, all’atto della consegna o spedizione degli stessi, ovvero antecedentemente in presenza del pagamento di acconti o di emissione anticipata della fattura;
- per le prestazioni di servizi, al momento di incasso del corrispettivo, salva l’emissione anticipata della fattura.
Nella consulenza giuridica in commento, l’Agenzia ricorda che con la circolare n. 145/E/1998 è stato confermato che il momento costitutivo del plafond coincide con la registrazione della fattura relativa all’operazione effettuata. In caso di pagamento anticipato, l’importo fatturato e registrato assume rilievo sin da subito nella formazione dello status di esportatore abituale, in quanto trattasi di un’operazione funzionale ad una futura cessione all’esportazione non imponibile, ai sensi dell’articolo 8, D.P.R. 633/1972 (di conseguenza anche l’acconto fruisce del regime di non imponibilità Iva). Tuttavia, precisa l’Agenzia, “resta inteso che se l’operazione (….) non va a buon fine, il plafond costituito sulle fatture di acconto deve essere opportunamente rettificato”. In altre parole, la formazione del plafond sugli acconti percepiti per future esportazioni ha effetto immediato, ma è sottoposto ad una sorta di condizione risolutiva (la mancata esportazione dei beni) che comporta la rettifica in negativo del plafond, a prescindere dal momento in cui la condizione si realizza. Gli effetti, quindi, retroagiscono alla data in cui è stata registrata la fattura emessa a fronte dell’acconto, anche se ciò accade in un anno successivo. Come sottolineato dalla Cassazione (sentenza n. 30800/2022), poiché la non imponibilità degli acquisti effettuati dall’esportatore abituale dipende direttamente dalle cessioni effettuate a valle (esportazioni ed operazioni ad esse assimilate), il mutamento di queste ultime, anche qualora tale mutamento avvenga negli anni successivi, incide sull’entità del plafond.
La rettifica “a posteriori” può generare particolari criticità, soprattutto quando il plafond maturato sia già stato utilizzato dall’esportatore abituale. Ciò può accadere, ad esempio, per gli acconti incassati nell’ultimo periodo dell’anno e già computati nel plafond dello stesso anno, il cui utilizzo avviene nell’anno successivo. Se la rettifica del plafond, che si concretizza con l’emissione di una nota di accredito a storno dell’acconto per mancata esportazione dei beni, avviene negli ultimi mesi dell’anno è possibile che nel frattempo il soggetto passivo abbia già utilizzato per intero il plafond maturato, con conseguente splafonamento cd. “postumo” e conseguente necessità di regolarizzazione.