Territorialità Iva delle prestazioni degli influencer “agenti”
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariL’inquadramento della figura dell’influencer, nell’ambito del contratto di agenzia, comporta, ai fini Iva, che le “provvigioni” maturate dagli stessi rientrano tra i servizi generici, con conseguente territorialità nel Paese del committente soggetto business. La conclusione trova il suo punto di partenza nel contenuto della sentenza n. 2615/2024 del Tribunale di Roma riguardante un’azienda, operante nel commercio on line di integratori alimentari, che ha utilizzato dei testimonial e degli influencer, allo scopo di sollecitare l’acquisto dei propri prodotti da parte dei consumatori finali.
In particolare, mentre i testimonial (tipicamente atleti sportivi) hanno prestato la propria immagine esibendo nelle gare e nelle manifestazioni pubbliche indumenti sponsorizzati, gli influencer hanno utilizzato le proprie pagine social ed il sito internet per promuovere i prodotti dell’azienda, ricevendo in cambio un corrispettivo pari al 10% del prezzo di vendita. Tramite le pagine social degli influencer, il consumatore può ottenere anche un codice sconto per l’acquisto dei prodotti dell’azienda, ragion per cui, secondo i giudici romani, l’attività di tale soggetto si qualifica come agente di commercio, soggetta alla disciplina civilistica, di cui all’articolo 1742 e s.s. cod. civ.
Prescindendo dalle valutazioni sul merito della sentenza, le cui conclusioni non possono applicarsi a tutti gli influencer, ma solamente ad alcune situazioni, la qualifica di agente di commercio porta con sé alcuni riflessi in ambito Iva, per quanto riguarda la territorialità Iva delle provvigioni maturate da tali soggetti. Nei rapporti “business to business” (come quelli esistenti tra un influencer con partita Iva e la società che si avvale dell’attività svolta dal talent), la territorialità Iva è disciplinata dall’articolo 7-ter, D.P.R. 633/1972, secondo cui il luogo di rilevanza ai fini Iva è il Paese in cui è stabilito ai fini Iva il committente.
Pertanto, in presenza di un influencer soggetto passivo Iva stabilito in Italia, le provvigioni maturate dallo stesso sono escluse dal campo di applicazione dell’Iva, se rese ad un soggetto passivo stabilito in altro Stato (Ue o extra-Ue). In ogni caso, a norma dell’articolo 21, comma 6-bis, D.P.R 633/1972, sussiste l’obbligo di emissione della fattura e l’importo concorre alla formazione del volume d’affari Iva (pur essendo irrilevante, ai fini della formazione dello status di esportatore abituale, in quanto operazione fuori campo Iva).
In presenza di un committente soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato, il luogo di rilevanza territoriale è l’Italia (Paese del committente). Tuttavia, la provvigione fatturata dall’influencer è imponibile ad Iva, se l’operazione intermediata (cessione del bene a favore del consumatore finale) è effettuata in Italia (cessione interna) o il bene è trasferito in altro Stato Ue (a prescindere dalla qualifica del cessionario comunitario).
Diversamente, qualora l’operazione sottostante effettuata dal committente soggetto passivo nazionale costituisca un’esportazione di beni (con partenza dall’Italia verso un Paese extraUe), il corrispettivo per l’intermediazione è non imponibile, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, n. 7, D.P.R. 633/1972. Secondo tale norma, infatti, i servizi di intermediazione, per i quali è verificata la territorialità Iva in Italia, sono non imponibili, quando sono relativi a beni in importazione, in esportazione o transito. In tal caso, qualora l’attività di intermediazione costituisca l’oggetto principale dell’attività del soggetto Iva, i corrispettivi non imponibili, ai sensi dell’articolo 9, D.P.R. 633/1972, concorrono alla determinazione dello status di esportatore abituale, con conseguente maturazione del plafond, se l’ammontare fatturato nell’anno solare supera il 10% del volume d’affari complessivo.