26 Settembre 2024

Come si applicano le convenzioni contro le doppie imposizioni

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Quando si approcciano le convenzioni contro le doppie imposizioni, il punto di partenza è quello di ricordare la loro supremazia rispetto alla norma interna. In altre parole, la normativa interna fiscale dei vari Paesi tende ad essere esosa, prevedendo che i soggetti residenti sono assoggettati a tassazione sui redditi ovunque prodotti, mentre i non residenti sono assoggettati a tassazione su una ampia casistica di redditi prodotti in Italia.

La convenzione contro le doppie imposizioni tende a limitare la potestà impositiva dei due Paesi in vario modo:

  • talora è previsto che la tassazione è ammessa solo per il Paese di residenza del contribuente;
  • altre volte è ammessa solo nel Paese della fonte dove è stato prodotto il reddito;
  • molto più spesso la tassazione risulta concorrente, ossia presente in entrambi i Paesi; tuttavia, il Paese di residenza del contribuente deve concedere uno sgravio sotto forma di credito per le imposte pagate all’estero.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è la seguente: chi sancisce la supremazia della Convenzione rispetto alla normativa interna? Innanzitutto, l’articolo 10, comma 1, Cost., prevede che l’ordinamento italiano debba adattarsi alle norme del diritto internazionale, mentre l’articolo 117 prevede l’obbligo di conformarsi ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e agli obblighi internazionali. È un principio consolidato di diritto internazionale riconoscere la supremazia delle convenzioni rispetto alla legislazione interna in caso di conflitto tra norme interne e norme pattizie.

Peraltro, l’articolo 75, D.P.R. 600/1973, prevede che “nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi esecutivi in Italia”.

Un primo principio delle convenzioni è che le stesse mirano a ripartire la potestà impositiva tra i due Paesi, ma non impongono una tassazione. In altre parole, quando nei trattati si legge che il reddito “may be taxed” significa che la convenzione apre le porte alla potestà impositiva di un Paese, senza tuttavia imporre necessariamente la tassazione. Si pensi, per fare un esempio, al caso di una plusvalenza realizzata da un non residente a seguito della vendita di un immobile in Italia. L’articolo 13, par. 1, delle convenzioni, prevedono la potestà impositiva italiana, in qualità di Paese della fonte. Ebbene, ciò non significa che la plusvalenza sia necessariamente tassata nel nostro Paese, in quanto l’articolo 67, Tuir, tende in linea generale a non tassare le plusvalenze ultra-quinquennali.

Peraltro, l’articolo 169, Tuir, stabilisce che se le norme interne sono più favorevoli al contribuente, si applicano le stesse anche in deroga agli accordi internazionali.

La prevalenza della convenzione è, inoltre, pacifica a livello di dottrina e di giurisprudenza.

Ciò non toglie, tuttavia, che sono richieste particolari cautele nella lettura e nella interpretazione del disposto convenzionale. Un primo errore commesso dagli operatori è spesso rappresentato dalla non considerazione delle clausole inziali del Trattato. Supponiamo che l’articolo 13, par. 5, riconosca che le plusvalenze da cessione di partecipazioni in società non immobiliari sia assoggettata a tassazione soltanto nel Paese del venditore. Siamo sicuri che la convenzione sia applicabile al nostro caso ossia ai nostri soggetti?

La convenzione si applica alle persone fisiche e giuridiche. Di primo acchito sembrano escluse le società di persone ed i trust. Sia chiaro che c’è spazio anche per loro, ma qualche ragionamento aggiuntivo (che non svolgeremo in questa sede) è necessario.

Inoltre, le convenzioni si applicano ai soggetti residenti di almeno uno dei due Stati. Si deve, però, prestare attenzione che la convenzione con la Bulgaria si applica ai residenti italiani e ai cittadini bulgari. Se, come generalmente accade, un soggetto italiano si trasferisce in Bulgaria questi acquisirà la residenza bulgara, ma non anche la cittadinanza. La convenzione non sarà, quindi, applicabile.

Le convenzioni sono liberamente consultabili sul sito dell’Agenzia delle entrate al seguente link. Il sito risulta essere aggiornato al l’1.7.2021, anche se non mancano alcune imprecisioni. Ad esempio, non è presente la convenzione con il Kenya.

Un ulteriore problema che si incontra nella lettura delle convenzioni attiene alla interpretazione dell’avverbio “soltanto” e soprattutto della sua mancanza. La questione è sta affrontata in un precedente intervento consultabile al seguente link.

Segnaliamo, infine, come il commentario al Modello Ocse rappresenti uno strumento utile per interpretare le convenzioni dell’Italia; tuttavia, nei casi concreti si deve studiare la convenzione concretamente applicabile e non il Modello OCSE che rappresenta, al contrario, solo una bozza di riferimento che i vari Paesi potranno utilizzare.

Le convenzioni saranno modificate in modo variabile una volta che entrerà in vigore, anche per l’Italia, la convenzione multilaterale BEPS. Trovate un commento al seguente link. Si tratta di un aspetto sul quale torneremo in futuri interventi.