2 Ottobre 2024

Il coordinamento tra misure patrimoniali e procedure concorsuali nelle imprese in Amministrazione giudiziaria

di Luca Dal PratoStefania Di Buccio
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L’ordinamento italiano si caratterizza per una stratificazione normativa in materia di misure patrimoniali come contrasto all’accumulazione illecita di patrimoni. Nell’ultimo lustro si sono succeduti interventi che approfondiscono il concetto di “crisi di legalità”, un nuovo concetto di crisi contrastato anche tramite il ricorso alla giustizia patrimoniale, ritenuta una forma di prevenzione altrettanto incisiva rispetto alle pene limitative della libertà personale. Tenuto infatti conto che le finalità del delinquere sono legate a fattori economici, la circostanza che l’accertamento della responsabilità, oltre a sanzioni personali, comporti anche sanzioni economiche è ritenuto un forte deterrente al compimento di atti illeciti.

Nel mese di maggio 2024, la FNC ha divulgato il documento “Linee guida in materia di interferenze tra procedure reali (penali e di prevenzione) e procedure concorsuali” (di seguito anche “il documento”) per illustrare quali possono essere le connessioni fra strumenti di gestione della crisi e strumenti di aggressione patrimoniale, analizzando le dinamiche connesse all’incontro/scontro fra diverse procedure e diverse branche dell’ordinamento.

 

La L. 646/1982 c.d. “Legge Rognoni-La Torre

L’evoluzione normativa in materia di misure patrimoniali e il progressivo inserimento, all’interno del nostro ordinamento, di nuove ipotesi di confisca (penale e di prevenzione) e di sequestri finalizzati alla confisca, hanno aumentato la possibilità di interferenza tra procedimenti civili (principalmente fallimentari o esecutivi) e misure ablative[1] (penali e/o di prevenzione) con conseguenti difficoltà di coordinamento sistematico e criticità di carattere operativo, risolte dal Legislatore con diversi interventi normativi.

Le prime sovrapposizioni tra “misure penali” e “procedimenti esecutivi” (individuali o concorsuali) si sono manifestate con l’entrata in vigore della L. 646/1982 (c.d. “Legge Rognoni-La Torre”) che, affiancandosi alla L. 575/1965 (“Disposizioni contro la mafia”) ha introdotto all’interno del sistema legislativo nuovi strumenti di contrasto al fenomeno dell’accumulazione illecita di capitali introducendo le misure di prevenzione patrimoniale a carico degli appartenenti ad associazioni criminali di stampo mafioso[2].

Confisca penale Confisca di prevenzione Confisca per equivalente
La confisca penale è una misura di sicurezza patrimoniale che consiste nell’espropriazione a favore dello Stato di cose che, provenendo da illeciti penali, mantengono vive l’idea e l’attrattiva del reato (pertinenzialità rispetto al reato). Ha la funzione di prevenire la commissione di ulteriori reati e, privando l’agente del provento del reato, impedisce di godere dell’incremento patrimoniale conseguito proprio attraverso l’illecito penale. La confisca disposta in ambito penale presuppone la commissione di un reato e il suo accertamento giudiziale. La confisca di prevenzione è una misura prevista oggi dal D.Lgs. 159/2011 e viene disposta nell’ambito di un procedimento di prevenzione patrimoniale che, rispetto a quello penale, prescinde dall’accertamento di un reato. In sintesi, la confisca penale è legata all’accertamento della colpevolezza sulla base di un quadro probatorio che va dimostrato in dibattimento, mentre la confisca di prevenzione opera sulla base di una prognosi di pericolosità sociale che si accerta su base indiziaria nell’ambito di un procedimento giurisdizionalizzato. La “confisca per equivalente” in ambito penale ha carattere sanzionatorio e si applica nell’ipotesi in cui non sia possibile confiscare i beni che rappresentano il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, per un valore a essi corrispondente[3].

Successivamente, con l’entrata in vigore dell’articolo 12-sexies, D.L. 306/1992[4] (convertito nella L. 356/1992) è stata introdotta la c.d. “confisca allargata”. Si tratta di una confisca che si estende a denaro, beni e altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività economica.

La L. 94/2009 (successivamente modificata dal D.L. 4/2010) ha introdotto, all’interno della L. 575/1965, l’articolo 2-sexies, comma 14, secondo cui, in caso di sequestro di prevenzione di aziende o di società con nomina di un amministratore giudiziario: “le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in corso da parte della società Equitalia Spa o di altri concessionari di riscossione pubblica sono sospesi”.

Questa previsione normativa aveva però un ambito di applicazione limitato ai casi di coesistenza di misure di prevenzione patrimoniali e procedure esecutive individuali, mantenendo un vuoto normativo in caso di sovrapposizione, sui medesimi beni, di misure patrimoniali (penali e di prevenzione) e procedure concorsuali.

In tale contesto, per interpretare la sovrapposizione tra sequestri e procedure concorsuali si è fatto riferimento all’interpretazione giurisprudenziale, divisa in 2 orientamenti:

  • il primo, che riteneva prevalente la misura ablatoria penale in base al principio della priorità dell’interesse pubblico perseguito con le misure preventive;
  • il secondo, ritenuto per lungo tempo “meramente privatistico”, che tendeva a tutelare la par condicio creditorum.

Pertanto, in assenza di riferimenti normativi precisi, si era complessivamente affermata la tendenza a ritenere prevalente la misura del sequestro, specie se di prevenzione, in base al principio della priorità dell’interesse pubblico perseguito.

A distanza di pochi mesi da questo intervento normativo, la L. 136/2010 (detta anche “piano straordinario contro le mafie”) ha demandato al Legislatore di “[…] g) disciplinare i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e le procedure concorsuali, al fine di garantire i creditori dalle possibili interferenze illecite nel procedimento di liquidazione dell’attivo fallimentare […][5].

La delega ha quindi trovato attuazione nelle previsioni di cui agli articoli 63, 64 e 65, Capo III, Titolo IV, Libro I, D.Lgs. 159/2011 che disciplinano i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e le procedure concorsuali insistenti sui medesimi beni.

I menzionati articoli hanno così definito il generale principio della sostanziale prevalenza delle misure di prevenzione patrimoniali ablative, del sequestro e della confisca sulle procedure concorsuali[6].

Gli articoli 63, 64 e 65, Capo III, Titolo IV, Libro I, D.Lgs. 159/2011 disciplinano i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e le procedure concorsuali insistenti sui medesimi beni. I menzionati articoli hanno così definito il generale principio della sostanziale prevalenza delle misure di prevenzione patrimoniali ablative del sequestro e della confisca sulle procedure concorsuali.

Il Legislatore ha così inteso privilegiare l’interesse pubblico perseguito dalla normativa antimafia rispetto all’interesse privatistico, sotteso alla disciplina liquidatoria, di tutela della par condicio creditorum. La scelta legislativa muove dalla prevalente esigenza di assicurare l’effettività della pretesa ablatoria dello Stato, ponendola al riparo dal rischio che il bene venga rimesso in circolazione o che ritorni nella disponibilità del soggetto attinto dalla misura (anche per il tramite di creditori di comodo) atteso che, se è vero che il fallito perde l’amministrazione e la disponibilità del bene, è altrettanto vero che la titolarità e la disponibilità dello stesso può essere riacquistata, una volta che risulti un attivo al termine della procedura concorsuale.

Tale principio, sancito dal c.d. Codice antimafia, trova applicazione per le interferenze con le misure di prevenzione patrimoniale, ma anche con i casi di sequestro cautelare preventivo finalizzato alla confisca di cui all’articolo 240-bis, c.p. (che oggi assorbe l’articolo 12-sexies, D.L. 306/1992) e ciò per il rinvio espresso dall’articolo 104-bis, disposizioni attuative c.p.p..

L’assunto è stato confermato anche dal Codice della crisi che lo estende in generale ai rapporti con i sequestri finalizzati a forme di confisca obbligatoria.

Per tale ragione, l’orientamento rappresentato è oggi consolidato anche dalla giurisprudenza penalistica. Con la sentenza n. 40797/2023, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui: “l’avvio della procedura fallimentare non preclude il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni attratti alla massa fallimentare per i reati tributari”.

In questo modo, è stato definitivamente ribadito che l’obbligatorietà della confisca del profitto dei reati tributari comporta la prevalenza del vincolo penalistico rispetto ai diritti incidenti, per effetto della contemporanea pendenza di una procedura concorsuale, sul patrimonio del soggetto sottoposto alla cautela reale.

Occorre quindi chiedersi cosa accade nel caso in cui, al sequestro penale[7] o di prevenzione dei beni dell’imprenditore, succeda una procedura di liquidazione giudiziale o altra procedura concorsuale, oppure se, successivamente alla declaratoria di liquidazione giudiziale, sopravenga un sequestro, premettendo che la disciplina consente la coesistenza tra le 2 misure, qualora non ci sia coincidenza tra i beni sottoposti a sequestro di prevenzione e quelli della massa concorsuale, potendo la misura ablatoria colpire solo alcuni di questi.

Si precisa che la normativa di riferimento (articoli 63, 64 e 65, D.Lgs. 159/2011) riportano anacronisticamente ancora il riferimento alla nomenclatura “fallimento”, pertanto, è richiesta una lettura della norma interpolata con quanto previsto dall’attuale Codice della crisi.

 

Liquidazione giudiziale successiva al sequestro

Nell’ipotesi in cui, al sequestro dei beni dell’imprenditore, succeda una procedura di liquidazione giudiziale o altra procedura concorsuale, occorre in prima istanza esaminare la composizione della massa attiva.

Se all’interno della massa attiva della procedura di liquidazione giudiziale sono ricompresi esclusivamente beni già attinti dal sequestro, l’articolo 63, comma 6, D.Lgs. 159/2011, dispone la chiusura della procedura concorsuale, ai sensi dell’articolo 235, Codice, una volta sentiti il curatore ed il comitato dei creditori[8].

Qualora, invece, nella massa attiva residuino beni non sottoposti a sequestro, questi rimarranno nell’ambito della liquidazione giudiziale, con apprensione da parte del curatore ed esclusiva competenza del giudice della liquidazione giudiziale anche in odine all’accertamento dei crediti (articolo 63, comma 5, D.Lgs. 159/2011).

Laddove venga disposta la revoca del sequestro o della confisca, l’articolo 63, comma 7, D.Lgs. 159/2011 prevede che a seguito dell’apprensione dei beni da parte del curatore (nel frattempo entrato in partita a seguito dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale), competerà al giudice delegato alla procedura concorsuale, con riferimento ai beni non più gravati dal vincolo, una nuova verifica con successiva formazione dello stato passivo secondo i criteri e le regole dettate dall’articolo 200, Codice.

 

Sequestro successivo alla liquidazione giudiziale

Nell’ipotesi, speculare, in cui successivamente alla declaratoria di liquidazione giudiziale sopravenga un sequestro, l’articolo 64, D.Lgs. 159/2011 ha riconosciuto in capo al giudice della prevenzione (e dunque, anche al giudice penale per i casi di sequestro finalizzato alla confisca di cui all’articolo 240-bis, c.p.) la competenza allo svolgimento dell’attività di accertamento e verifica dei crediti, secondo lo schema delineato dagli articoli 52 e ss. dello stesso Decreto. Il riformato comma 2 prevede che: “i crediti e diritti inerenti ai rapporti relativi ai beni sottoposti a sequestro, ancorché già verificati dal Giudice del fallimento, sono ulteriormente verificati da Giudice Delegato del Tribunale di prevenzione ai sensi dell’art. 52 e ss.”.

L’articolo 63, comma 7, D.Lgs. 159/2011 prevede che, in caso di coincidenza tra la massa attiva della procedura concorsuale e i beni attinti da misura reale il Tribunale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, dichiara con decreto la chiusura del fallimento. Ove, invece, la massa attiva della liquidazione giudiziale ecceda il compendio sequestrato, ai sensi dell’articolo 64, comma 1, D.Lgs. 159/2011 il giudice delegato al fallimento, sentito il curatore e il comitato dei creditori, dispone con Decreto non reclamabile la separazione della massa attiva del fallimento e la consegna delle cose sequestrate (o confiscate) all’amministratore giudiziario. Qualora pendenti giudizi di opposizione allo stato passivo relativi ai crediti e a diritti inerenti ai rapporti per cui interviene il sequestro, il Tribunale della liquidazione giudiziale sospende il giudizio in attesa dell’esito del procedimento di prevenzione.

Qualora il sequestro (o la confisca) preceda la liquidazione giudiziale, i beni attinti dal vincolo della prevenzione/penale saranno esclusi dalla massa attiva concorsuale (articolo 63, comma 4, D.Lgs. 159/2011).

Qualora, invece, sia l’apertura della liquidazione a precorrere il sequestro, i beni che sono oggetto di sequestro saranno separati dalla massa attiva liquidabile e consegnati all’amministratore giudiziario (articolo 64, comma 1, D.Lgs. 159/2011). Ove il patrimonio della liquidazione racchiuda esclusivamente beni già in precedenza sequestrati ai fini della successiva confisca, il Tribunale dell’insolvenza, sentiti curatore e comitato dei creditori, chiuderà la procedura concorsuale (articolo 63, comma 6, D.Lgs. 159/2011).

 

Il Codice della crisi di impresa

L’articolo 317, Codice, rubricato “Principio di prevalenza delle misure cautelari reali e tutela dei terzi”, ribadisce la sostanziale prevalenza delle misure patrimoniali ablative[9] – del sequestro e della confisca di cui al Codice antimafia (articolo 63 e 64, D.Lgs. 159/2011) – sulla liquidazione giudiziale e sulla liquidazione coatta amministrativa (cfr. articolo 321, Codice).

La prevalenza, tuttavia, non è assoluta, dovendosi riconoscere priorità alla procedura concorsuale rispetto ad alcuni tipi di sequestro e confisca, in virtù della clausola di salvezza contenuta all’interno dell’articolo 317, Codice[10] che esclude la prevalenza della normativa penalistica o di prevenzione nei casi di

  1. sequestri impeditivi ex articoli 318 e 321, comma 1, c.p.p.,
  2. sequestri conservativi ex articolo 319, comma 1, Codice; e
  3. sequestri ex D.Lgs. 231/2001 (responsabilità amministrativa da reato).

La ragione della prevalenza della liquidazione giudiziale, in questi casi, va individuata nella funzione di questi tipi di sequestro. Il sequestro impeditivo, infatti, costituisce una misura cautelare reale finalizzata a interrompere/evitare il compimento di un reato, o delle sue conseguenze e a evitare il compimento di nuovi reati. Sia con riferimento ai sequestri preventivi sia ai sequestri conservativi, dunque, non si ravvisano esigenze di assicurare effettività alla pretesa ablatoria dello Stato e, pertanto, non vi sono valide ragioni per sacrificare l’interesse dei creditori.

Il sequestro impeditivo costituisce una misura cautelare reale finalizzata a interrompere il compimento di un reato o a evitare il compimento di nuovi reati.

Il sequestro conservativo ha la funzione processuale di garantire la conservazione del patrimonio e dunque la soddisfazione patrimoniale dello Stato nella pretesa punitiva o della parte civile al risarcimento del danno.

L’articolo 318, comma 4, c.p.p., precisa inoltre che: “le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano quando sono sottoposte a sequestro preventivo le cose indicate all’articolo 146 e le cose non suscettibili di liquidazione, per disposizione di legge o per decisione degli organi della procedura”.

Si tratta, esemplificativamente, dei beni e dei diritti di natura strettamente personale ovvero degli assegni aventi carattere alimentare; degli stipendi; delle pensioni; dei salari che il debitore guadagna con la sua attività nei limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della sua famiglia. Unicamente su questi beni e su quelli intrinsecamente illeciti cui allude la clausola di salvezza, contenuta nel comma 2 della norma esaminata, sarà quindi possibile imporre – malgrado la concomitante pendenza della procedura di liquidazione giudiziaria – il vincolo cautelare di cui all’articolo 321, comma 1, c.p.p..

Parallelamente, qualora il sequestro preventivo o il sequestro conservativo precedano la procedura concorsuale, una volta dichiarata l’apertura della liquidazione giudiziale sulle medesime cose, il giudice, su richiesta del liquidatore, revoca il decreto di sequestro e dispone la restituzione delle cose in favore di quest’ultimo (articoli 318, comma 2 e 319, Codice). In questi casi, la priorità della liquidazione giudiziale è realizzata mediante la perdita di efficacia della misura cautelare, la quale però, riprende il suo corso nel caso di revoca o chiusura della procedura di liquidazione giudiziale.

 

L’applicazione pratica: adempimenti del liquidatore e dell’amministratore giudiziario

Nel caso di declaratoria di liquidazione giudiziale, successivamente al sequestro, o di sequestro successivo alla liquidazione giudiziale, l’amministratore giudiziario e il liquidatore dovranno coordinare i loro ruoli in virtù dell’entità e della sorte della massa attiva individuata.

Il primo passaggio obbligatorio è rappresentato dall’analisi dei provvedimenti genetici delle misure reali e dalla condivisione delle attività di inventario per stabilire l’esatta corrispondenza o meno delle masse e di conseguenza la dosimetria delle proprie prerogative e competenze.

In caso di coesistenza delle 2 procedure occorre tenere delle seguenti circostanze:

  • la verifica dei crediti relativi ai beni sui quali insiste il sequestro è compiuta dal giudice delegato del Tribunale misure di prevenzione (o penale) nelle forme e con i criteri di cui all’articolo 52, D.Lgs. 159/2011, il quale deve accertare:

a) che il proposto non disponga di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento del credito, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione;

b) che il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego sempre che il creditore provi la buona fede e l’inconsapevole affidamento;

c) che sia provato il rapporto fondamentale in caso di promessa di pagamento o di ricognizione del debito o nel caso in cui il diritto sia portato da un titolo di credito;

  • il giudice delegato alla liquidazione giudiziale, invece, svolge la verifica dei crediti solo relativamente ai beni non in sequestro, con le modalità di cui all’articolo 201 e ss., Codice;
  • i beni sequestrati non vanno inseriti nel programma di liquidazione né liquidati, ma la procedura può seguire il suo normale corso e si possono liquidare i beni non attinti dalla misura di prevenzione;
  • se con riferimento ai crediti e ai diritti inerenti ai beni sequestrati e separati sono pendenti i giudizi di opposizione cui all’articolo 206, Codice, tali giudizi devono essere sospesi sino all’esito del procedimento di prevenzione (penale) e, in caso di revoca della misura di prevenzione, le parti interessate riassumeranno detti giudizi;
  • se il sequestro o la confisca intervengono dopo che il fallimento è stato chiuso, si eseguiranno su quanto eventualmente residua dalla liquidazione fallimentare;
  • se il sequestro o la confisca sono revocati a fallimento ancora pendente, i beni sono nuovamente ricompresi nella massa attiva del fallimento e l’amministratore giudiziario provvede alla consegna degli stessi al curatore;
  • se il sequestro o la confisca sono revocati dopo la chiusura del fallimento, il Tribunale fallimentare dispone la riapertura del fallimento ai sensi dell’articolo 237, Codice anche su iniziativa del P.M. (unico caso in cui il P.M. è legittimato a chiedere riapertura del fallimento) e anche se sono decorsi 5 anni dalla chiusura del fallimento.

 

Revoca del sequestro o della confisca

A seguito della revoca del sequestro o della confisca, gli adempimenti a carico del liquidatore giudiziale sono differenziati a seconda della tipologia del bene oggetto della misura revocata.

 

Beni immobili o mobili registrati

Il liquidatore giudiziale deve acquisire la copia autentica del provvedimento di revoca della misura patrimoniale e conseguente ordine di cancellazione della relativa trascrizione presso i Pubblici registri (Conservatoria dei registri immobiliari e P.R.A.), emesso dal Tribunale che ha applicato la misura di prevenzione, unico competente a disporre la cancellazione. Con la consegna del bene (e non dalla data di revoca della misura di prevenzione), in seguito allo svolgimento di un passaggio di consegne tra i 2 professionisti, il curatore diventa custode dei beni, e risponde a tale titolo.

 

Aziende

Se la misura patrimoniale revocata si riferisce a un’azienda o a un ramo d’azienda di titolarità del soggetto sottoposto a procedura concorsuale, le ipotesi che si presentano più frequentemente nello svolgimento dell’incarico del curatore possono essere ricondotte ai casi di affitto d’azienda o conduzione diretta d’azienda da parte dell’amministratore giudiziario.

Nel primo caso, il liquidatore giudiziale dovrà valutare se recedere o meno dal contratto, considerato che il subentro avviene per espressa disposizione di legge, ossia ai sensi dell’articolo 184, Codice. Nella maggior parte dei casi, il liquidatore giudiziale opterà per non esercitare il recesso dal contratto di affitto e proseguire il rapporto contrattuale, incassando i canoni stabiliti nel contratto, e soprattutto preferendo mantenere in essere l’azienda (preservandone il valore), ai fini di avviare la procedura competitiva di vendita, per massimizzare il corrispettivo della cessione. Qualora il liquidatore giudiziale non ritenesse opportuno e conveniente proseguire il rapporto di affitto (d’azienda o di ramo d’azienda) pendente alla data di revoca della misura di prevenzione, potrà esercitare il recesso nei 60 giorni previsti dall’articolo 184, Codice, per poi avviare la procedura competitiva di vendita dell’azienda priva di vincoli e, dunque, senza il limite rappresentato dal contratto di affitto pendente sino alla naturale scadenza convenuta dalle parti.

Nel secondo caso, in cui l’amministratore giudiziario ha gestito l’azienda direttamente sino alla data di revoca della misura, il liquidatore giudiziale dovrà chiedere al Tribunale competente l’autorizzazione all’esercizio provvisorio, ricorrendone condizioni e presupposti.

Inoltre, la revoca del sequestro (e, dunque, non la dichiarazione di liquidazione giudiziale) determina il venir meno della rappresentanza processuale dell’amministratore giudiziario, in relazione ai giudizi da quest’ultimo promossi o in cui risulti convenuto. In tale ipotesi, il curatore è tenuto a far rilevare l’evento interruttivo del giudizio ex articolo 300, c.p.c. e, valutata la sussistenza dei presupposti in termini di convenienza e opportunità per la procedura, procedere alla riassunzione del giudizio nel termine di 90 giorni dalla dichiarazione d’interruzione ex articolo 302, c.p.c., previa acquisizione del provvedimento autorizzativo ai sensi dell’articolo 123, Codice.

Infine, le somme acquisite con la liquidazione dei beni sui cui insisteva il provvedimento di sequestro revocato e le eventuali disponibilità liquide consegnate dall’amministratore giudiziario al curatore, rappresentano distinte masse attive con cui poter soddisfare, in primo luogo, anche i crediti maturati in funzione dell’amministrazione giudiziaria, con il riconoscimento nell’ambito della procedura concorsuale della natura chirografaria o privilegiata degli stessi a seconda della loro tipologia, sempre previa verifica del curatore/liquidatore giudiziale.

In conclusione, è oggi possibile affermare che i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure patrimoniali e le procedure concorsuali sono maggiormente disciplinati, con una prevalente attenzione alla normativa prevenzionale e a quella a essa applicabile rispetto dell’interesse concorsuale, indipendentemente dal momento in cui interviene il sequestro (o la confisca) sulla liquidazione giudiziale. Pertanto, nella gestione della possibile antinomia fra l’interesse generale sotteso alla procedura concorsale (che è quello di assicurare la tutela dei creditori, per l’esigenza di creare un sistema economico affidabile, che incoraggi l’iniziativa imprenditoriale e garantisca soluzioni efficaci alla crisi delle imprese) e l’interesse pubblicistico sotteso alle misure patrimoniali (che è quello di sottrarre la linfa economica che alimenta le iniziative criminali), l’ordinamento pare confermare che debba prevalere il secondo, anche per logiche di tutela della libera concorrenza economica a vantaggio di tutti.

 

[1] Le “misure ablative” sono provvedimenti – che producono effetti sfavorevoli nella sfera giuridica dei loro destinatari – adottati dalla P.A. per limitare o estinguere un diritto reale di un individuo, o per trasferirlo coattivamente a un altro soggetto. Possono essere anticipate da misure cautelari reali (sequestri, intesi come forme di spossessamento temporaneo, in attesa della verifica circa i presupposti per l’integrazione o meno di misure ablative).

[2] Il testo normativo è nato dalla proposta di legge presentata alla Camera dei deputati il 31 marzo 1980, che aveva come primo firmatario P. La Torre, alla quale si aggiunsero le proposte di V. Rognoni e alla cui predisposizione tecnica collaborarono anche i magistrati G. Falcone e P. Borsellino. La principale novità introdotta da questa Legge prevedeva il sequestro e la confisca dei beni dei quali non fosse stata dimostrata la legittima provenienza, rinvenuti nella disponibilità diretta o indiretta dell’indiziato di appartenere a una associazione di tipo mafioso.

[3] Questo provvedimento rende effettivo il vincolo di indisponibilità imposto sull’oggetto del sequestro, consentendo l’apprensione di esso e spossessandone il soggetto nei cui confronti la misura viene adottata. Una tipologia di confisca per equivalente è quella prevista, in materia di reati tributari, dall’articolo 12-bis, D.Lgs. 74/2000, il quale stabilisce che “Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

[4] Rubricato “Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa”.

[5] Cfr. articolo 1, comma 3, L. 136/2010.

[6] Il Codice antimafia disciplina anche il regime delle interferenze tra misure di prevenzione e procedimenti esecutivi. L’articolo 55 dispone, infatti, espressamente la prevalenza della misura di prevenzione: “a seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. I beni già oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall’amministratore giudiziario”. La disciplina è completata dalla previsione, inserita dalla L. 161/2017, di un termine di decadenza di un anno dall’irrevocabilità del provvedimento che ha disposto la restituzione del bene, per iniziare o riassumere la procedura esecutiva.

[7] Per i casi di sequestro preventivo finalizzato a confisca obbligatoria.

[8] In questo caso, la procedura di accertamento dei crediti verrà effettuata innanzi al Tribunale della prevenzione/penale secondo le particolari disposizioni del Codice antimafia, ai sensi degli articoli 52 e ss..

[9] L’articolo 317, comma 1, Codice dispone che: “Le condizioni e i criteri di prevalenza rispetto alla gestione concorsuale delle misure cautelari reali sulle cose indicate dall’articolo 142 sono regolate dalle disposizioni del Libro I, titolo IV del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, salvo quanto previsto dagli articoli 318, 319 e 320”.

[10] L’articolo 317, comma 1, Codice, prevede che: “Le condizioni e i criteri di prevalenza rispetto alla gestione concorsuale delle misure cautelari reali sulle cose indicate dall’articolo 142 sono regolate dalle disposizioni del Libro I, titolo IV del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, salvo quanto previsto dagli articoli 318, 319 e 320”.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Crisi e risanamento.