Riforma sui capitali: i vantaggi offerti dalle azioni a voto plurimo
di Angelo GinexStoricamente, il nostro Paese non è mai stato caratterizzato da una legislazione positiva che incentivasse la competitività del mercato dei capitali.
Non è un caso, infatti, che a partire dal 2013 ha iniziato a svilupparsi un preoccupante fenomeno di migrazione delle società italiane verso Paesi caratterizzati da un ordinamento societario più permissivo, che nel corso del tempo ha raggiunto dimensioni molto significative.
Tra gli altri, uno dei Paesi più scelti per il trasferimento all’estero della sede legale è rappresentato dall’Olanda che – guarda caso – offre una maggiore flessibilità nella disciplina del voto plurimo.
Dopo un tormentato processo normativo finalizzato a sostenere la competitività dei capitali, che è passato anche per l’emanazione del D.L. 91/2014, convertito nella L. 116/2014, il primo ad introdurre deroghe al principio one-share one-vote (ovvero, al rapporto di proporzionalità tra il diritto di voto e la partecipazione al capitale sociale detenuta da ciascun socio), il nostro legislatore è giunto alla pubblicazione della L. 21/2024 (c.d. Legge sui capitali).
Essa apporta modifiche interessanti alla disciplina del voto plurimo nelle società per azioni, di cui all’articolo 2351, cod. civ., nonché alla disciplina del voto maggiorato nelle società quotate, di cui all’articolo 127-quinquies, D.Lgs. 58/1998.
Nello specifico, l’articolo 13, L. 21/2024, ha modificato l’articolo 2351, comma 4, ultimo periodo, cod. civ., sostituendo la parola «tre» con la parola «dieci». Questo significa che, a decorrere dal 27.3.2024, ciascuna azione a voto plurimo può avere fino a un massimo di 10 voti.
Invece, l’articolo 14, L. 21/2024, ha sostituito l’intero articolo 127-quinquies, D.Lgs. 58/1998, mantenendo la possibilità di poter attribuire un voto maggiorato, fino a un massimo di 2 voti, per ciascuna azione appartenuta al medesimo soggetto per un periodo continuativo non inferiore a 24 mesi, nonché aggiungendo la previsione secondo cui alle medesime condizioni, per ogni anno successivo al primo biennio, è possibile attribuire un voto ulteriore fino a un massimo complessivo di 10 voti per azione.
La novella si rivela particolarmente interessante in quanto, oltre ad aprire l’azionariato a capitali esterni, determina un forte potenziamento delle azioni a voto plurimo, offrendo indubbi vantaggi in sede di pianificazione patrimoniale.
Innanzitutto, è agevole osservare come lo strumento delle azioni a voto plurimo, anche nelle società di nuova quotazione, sia indubbiamente più conveniente per gli azionisti di riferimento rispetto a quello delle azioni a voto maggiorato.
Le azioni a voto plurimo consentono a ciascuna azione di avere, anche incondizionatamente, fino a un massimo di dieci voti, mentre le azioni a voto maggiorato consentono tale maggiorazione fino a un massimo di due voti, a condizione che ciascuna azione sia appartenuta al medesimo soggetto per un periodo continuativo non inferiore a 24 mesi, nonché fino a un massimo complessivo di 10 voti, mediante l’attribuzione di un voto ulteriore alla scadenza di ogni periodo di 12 mesi, successivo alla maturazione del periodo di 24 mesi di cui sopra, in cui l’azione sia appartenuta al medesimo soggetto.
Inoltre, le azioni a voto plurimo circolano con i relativi diritti connessi, in quanto possono rappresentare a tutti gli effetti una categoria speciale di azioni. Detto in altri termini, il detentore di tali azioni può trasferire ai suoi aventi causa, anche a titolo particolare, gli speciali diritti connessi alla categoria.
Dunque, l’azionista può trasmettere, unitamente alle azioni in questione, anche il controllo che esse, grazie al voto plurimo, eventualmente garantiscono sulla società.
Invece, le azioni a voto maggiorato, quando cambiano titolare, perdono il diritto di voto maggiorato, in quanto non costituiscono, per espressa disposizione normativa contenuta nell’articolo 127-quinquies, commi 5 e 7, TUF, una categoria azionaria. Conseguentemente, la cessione di tali azioni comporta generalmente la perdita della maggiorazione del voto.
In definitiva, considerata la loro “elasticità”, le azioni a voto plurimo rappresentano lo strumento da preferire in sede di pianificazione patrimoniale.
Non vanno poi sottaciuti gli importanti benefici fiscali di cui le azioni a voto plurimo possono godere sia in sede di donazione e successione, ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990 (come da ultimo sostituito dal D.Lgs. 139/2024), sia in sede di conferimenti a realizzo controllato, ai sensi dell’articolo 177, commi 2 e 2-bis, Tuir.
Da ultimo, si rileva che la combinazione tra spa con azioni a voto plurimo e Trust permette di raggiungere risultati pregevoli.