30 Ottobre 2024

Hai davvero bisogno di altro personale?

di Stefano Renzi – Consulente BDM Associati SRL
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Negli Studi professionali, la sensazione di essere costantemente sopraffatti dal lavoro è molto comune. Spesso si crede che l’unica soluzione ad un carico di lavoro percepito come eccessivo sia assumere più personale.

Per approcciare questo tema tipico delle aziende di servizi è necessario porre l’attenzione sulla parola chiave “percepito”.

Poiché il carico di lavoro non è tangibile come accade nelle realtà produttive, l’unico modo per quantificarlo è il tempo. Suo malgrado, questa unità di misura, dipende in larga parte dalla percezione che ne ha ognuno di noi oltre che da come si sceglie, più o meno consapevolmente, di impiegarlo.

Un collaboratore può infatti dilatare o contrarre il tempo dedicato ad una attività a seconda di tante variabili, con l’effetto che non risulta immediato stabilire quando sia davvero saturo di lavoro.

In una realtà nella quale il tempo non viene gestito e monitorato, sarà normale riscontrare la tendenza a “riempire” ognuno le proprie otto ore di azioni volte al raggiungimento di determinati risultati secondo il flusso rappresentato nell’immagine sottostante.

Naturalmente maggiori saranno le esigenze e maggiore sarà la saturazione dei collaboratori, i quali convivono ogni giorno con una moltitudine di pratiche già aperte da tempo e ancora da finalizzare. Con qualche telefonata in più o qualche cliente con richieste improvvise e urgenti è facile che aumenti la percezione di non poter far fronte da soli a tutto il lavoro e presto si manifesterà l’esigenza di assumere più personale.

 

La legge di Parkinson

La causa primaria che innesca questo fenomeno è nota, nonché assolutamente fisiologica nelle aziende di servizi, e prende il nome di Legge di Parkinson, formulata da Cyril Northcote Parkinson nel 1958.

Questa legge afferma che il lavoro si espande fino a riempire tutto il tempo disponibile per completarlo. In altre parole, se a un’attività viene dato modo di occupare più tempo del necessario, essa finirà per occupare tutto quel tempo, indipendentemente dalla sua reale complessità.

Nell’ambito di uno Studio professionale, ciò significa che, se non si pratica un’accurata pianificazione del carico di lavoro e non si gestisce bene il tempo, si innesca uno scenario in cui le attività che potrebbero essere completate in minor tempo finiscono per protrarsi indefinitamente, determinando non solo l’apparente ipersaturazione della struttura, ma anche una moltitudine di ore sottocosto dedicate ai clienti. Una nuova assunzione non farebbe altro che aggravare questo quadro.

 

Budget orari per attività e cliente

La soluzione risiede nell’inserire una fase di pianificazione del tempo e controllo del carico di lavoro attuale all’interno del flusso produttivo descritto poc’anzi, grazie alla quale si potrà passare da percezione, a ragionevole certezza.

In questa fase si andrà quindi a stimare quante ore intendiamo dedicare al fine di soddisfare l’esigenza e si assegneranno tali ore ad una determinata risorsa compatibilmente con il suo carico di lavoro attuale. La stima potrà essere eseguita seguendo tendenzialmente due principi.

·  Tariffa obiettivo

Si assegna un budget di ore basato sui ricavi previsti (es. una pratica venduta a 2.000 € da valorizzare a 80 €/ora prevede un massimo di 25 ore).

·  Quotazione dell’addetto

Si basa su una stima fatta dall’addetto. In questo caso è utile un confronto con benchmark di settore così da non giustificare eventuali inefficienze interne e gli effetti della Legge di Parkinson.

 

Calcolo del carico di lavoro dello Studio

Questa fase può assumere ancor più valore se condivisa con le risorse in quanto non solo le coinvolge direttamente in un processo chiave per la gestione e organizzazione del lavoro, ma le porta anche a comprendere l’importanza di organizzare a loro volta la propria giornata e le proprie relazioni con i clienti in funzione di creare sostenibilità e non solamente focalizzazione sul soddisfare le esigenze dei clienti.

Come prima cosa è necessario creare il quadro del carico di lavoro attuale di ogni risorsa e, per quanto riguarda per esempio uno Studio di Commercialisti, si otterrà già un enorme risultato stimando le ore necessarie alla gestione ricorsiva annuale dei vari clienti (contabilità, bilanci, redditi, consulenze periodiche).

Nel calcolo si procede come segue:

  1. stima delle ore lavorative annue (netto assenze). In questo caso 760 è la base per un full-time;
  2. si alloca una quota di normale improduttività (pause, pianificazione, assistenza a colleghi, formazione, ecc). Per una risorsa pienamente produttiva può andare dal 20 al 25%. In questo caso 440 ore;
  3. si sommano le 968 ore che sono state stimate precedentemente per le attività ricorsive ordinarie;
  4. per differenza con il totale si calcolano le ore ancora disponibili. A stime concluse si potrà ottenere un report simile a quello.

 

Si può quindi concludere che l’Addetto 4 risulta saturo al 73% sul totale delle sue ore produttive (Ore Lavorate – Ore Improduttive) di attività di gestione ordinaria, ha quindi margine per gestire ulteriore lavoro.

 

Interpretazione dei dati

Ponendo che sarà sempre e solo alla luce della strategia aziendale e del caso specifico di ogni collaboratore, che si potrà dare un chiaro significato ai dati di saturazione, esistono delle tendenze.

Per esempio, un addetto contabile, che non svolge consulenze particolari o pratiche extra, e si occupa di sola attività ordinaria, è lecito che possa avere una saturazione del 95±5%.

Un professionista o consulente, invece, dovrebbe avere molto più tempo libero per poter essere disponibile per attività ad alto valore aggiunto. Una saturazione troppo alta limiterebbe la capacità di generare maggiori ricavi con attività extra o straordinarie.

 

Conclusione

Come spesso accade concludendo questo lavoro di budgeting, non solo la direzione, ma anche i collaboratori tutti, si rendono conto che la struttura non è affatto satura come si poteva pensare, ma può (e dovrebbe in taluni casi) accogliere ulteriore lavoro o valorizzare meglio quello attuale. Pertanto, non è mai stato un problema di quantità di lavoro, ma di qualità dei processi adottati per svolgerlo.

La chiave per risolvere questa percezione di saturazione non è quindi l’assunzione di nuovo personale, ma una gestione più attenta e metodica del tempo e delle risorse già disponibili. Questo approccio non solo migliora l’efficienza, ma aumenta drasticamente la redditività dello Studio, riducendo al minimo sia le attività improduttive che l’eccesso di attenzioni a clienti che di fatto poi risultano critici economicamente.