Fondo patrimoniale: confluenza di beni immobili tra destinazione familiare e regime impositivo
di Angelo GinexIntroduzione all’istituto
Il fondo patrimoniale è uno strumento giuridico che permette di destinare taluni beni all’esclusivo soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Secondo quanto previsto dall’articolo 167, cod. civ., l’atto di costituzione del fondo può assumere diverse forme a seconda di chi siano i soggetti che lo realizzano e di quali siano gli oggetti costituenti il fondo.
Nello specifico, il fondo patrimoniale può essere costituito da:
- uno solo dei 2 coniugi, ove questi decida di far confluire nel fondo beni di cui è proprietario, conservandone la proprietà o attribuendola anche all’altro coniuge;
- ambedue i coniugi, facendo confluire nel fondo beni che sono di loro proprietà comune;
- un terzo, qualora egli decida di destinare alcuni dei propri beni a un fondo patrimoniale allo scopo di consentire ai coniugi di far fronte ai bisogni della loro famiglia, conservandone la nuda proprietà, ovvero, attribuendo la proprietà a uno o a entrambi i coniugi[1].
L’atto costitutivo può essere rappresentato da un atto tra vivi, nel caso di costituzione a opera di entrambi i coniugi, oppure da un atto tra vivi e da un testamento, nel caso di costituzione a opera del terzo. Nel caso di intervento da parte dei coniugi o del terzo, con atto inter vivos, la costituzione deve assumere la forma di atto pubblico. Se costituito attraverso testamento, l’atto costitutivo seguirà le regole formali per esso previste.
Nel caso di costituzione a opera del terzo, inoltre, il comma 2, articolo 167, cod. civ., richiede espressamente, affinché l’atto possa dirsi perfezionato, l’accettazione di entrambi i coniugi. Tale accettazione può essere fatta anche per atto pubblico posteriore. Nel caso di costituzione a opera di un coniuge, invece, il perfezionamento del fondo dipende dall’accoglimento della tesi della natura bilaterale o unilaterale dell’atto di costituzione[2]. Non pone problemi il caso di costituzione del fondo patrimoniale da parte di entrambi i coniugi poiché, in tal caso, l’accettazione di essi è in re ipsa.
Ove poi la costituzione del fondo avvenga tramite testamento, ferma restando l’applicazione della disciplina civilistica in materia di collazione e riduzione, si distingue a seconda che la disposizione testamentaria costituisca: un’erede (in questo caso occorrerà l’accettazione di entrambi i coniugi) oppure un legato (in questo caso è dibattuto se occorra o meno l’accettazione e ciascuno dei coniugi possa rifiutare il lascito, ovvero se è comunque necessario il consenso di entrambi).
In ogni caso, il testatore deve sempre fare riferimento a un determinato matrimonio o unione civile, da celebrarsi (in questo caso la celebrazione del matrimonio è condicio juris per l’efficacia della disposizione testamentaria) oppure già celebrato (in caso di scioglimento successivo alla redazione del testamento, la disposizione avente a oggetto la costituzione del fondo non avrà più efficacia).
La dichiarazione di volontà circa la costituzione del fondo patrimoniale è revocabile fino al momento in cui esso sia perfezionato, per cui ciò è possibile, da parte del terzo, finché i coniugi non abbiano accettato; invece, i coniugi non possono revocare l’accettazione poiché essa perfeziona l’atto, ma possono rinunciare al diritto di accettare la costituzione fatta da un terzo.
Conclusivamente, si rileva che il fondo patrimoniale ha natura di:
- “patrimonio separato” o “patrimonio autonomo di destinazione”, a seconda della tesi alla quale si aderisce, e cioè se trattasi di un’entità unitaria, distaccata dal patrimonio dei soggetti che ne sono titolari e caratterizzata dalla destinazione a una finalità, oppure di un vero e proprio centro autonomo di imputazione di situazioni soggettive;
- “regime patrimoniale della famiglia”, ossia un complesso di norme programmatiche che regolano il comportamento dei coniugi sotto l’aspetto patrimoniale e, come le norme sulla comunione legale, delineerebbero lo statuto dei rapporti durevoli cui i coniugi sono assoggettati e devono conformarsi.
Effetti giuridici della costituzione del fondo patrimoniale
Il fondo può essere considerato uno “strumento di protezione” del patrimonio familiare, così come introdotto in occasione della Riforma del diritto di famiglia a opera della L. 151/1975[3].
Tale protezione si realizza sotto un duplice punto di vista:
- i titolari del fondo non possono disporre dei beni che ne fanno parte in modo contrastante con le finalità familiari cui essi sono vincolati;
- i creditori non possono aggredire i beni del fondo per debiti che sapevano essere stati contratti per scopi estranei ai “bisogni della famiglia”[4].
Sotto tale profilo, assume fondamentale rilevanza la definizione del concetto di “bisogni familiari” in quanto, sulla base di esso, vanno delineati i limiti dell’autonomia dispositiva dei coniugi in relazione ai beni e ai frutti del fondo patrimoniale. Secondo la giurisprudenza di legittimità[5], la nozione di bisogni della famiglia va interpretata estensivamente in modo tale da ricomprendere non solo quanto indispensabile alla vita della famiglia, ma anche le esigenze volte al “pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento delle sue capacità lavorative, con esclusione solo delle esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi”.
Dunque, si adopera un criterio di tipo negativo tale per cui solo i bisogni di natura voluttuaria o speculativa non possono essere soddisfatti attraverso il fondo patrimoniale.
Sotto il profilo soggettivo, poi, i bisogni da poter soddisfare andrebbero valutati con riferimento all’indirizzo della vita familiare concordato dai coniugi ex articolo 144, cod. civ. e, dunque, alle loro condizioni economiche, al ceto sociale cui appartengono e ai principi morali cui si ispirano. Con tale interpretazione l’istituto diviene duttile, capace di adeguarsi a esigenze allargate della famiglia, nonché ponderate sullo status sociale della stessa.
In virtù di ciò, è stato precisato che anche i bisogni di figli maggiorenni ed economicamente autosufficienti dovrebbero ritenersi contratti per far fronte ai bisogni di famiglia, se ciò è in linea con l’indirizzo della vita familiare concordato dai coniugi ex articolo 144, cod. civ.[6].
Il regime di responsabilità del fondo può essere schematizzato come segue:
- nel caso di debiti contratti nell’interesse della famiglia, il creditore potrà rivalersi sui beni del fondo patrimoniale;
- nel caso di debiti contratti per scopi estranei ai “bisogni della famiglia”, occorre distinguere: se il creditore era a conoscenza dell’estraneità del debito ai bisogni della famiglia, ai sensi dell’articolo 170, cod. civ. non potrà rivalersi sui beni del fondo (ma solo sui beni personali del coniuge debitore); se, invece, il creditore non era a conoscenza della suddetta estraneità, potrà rivalersi sui beni del fondo, costituendo questa l’unica eccezione prevista dalla legge.
A ogni buon conto, è bene precisare che, nel caso di debiti contratti per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, non è possibile procedere de plano solo perché l’obbligazione è stata contratta da entrambi i coniugi, essendo altresì necessario verificare che, comunque, essa sia concretamente volta a soddisfare i bisogni familiari[7].
Inoltre, posto che l’esecuzione dei creditori ha a oggetto il diritto costituito in fondo patrimoniale, se l’atto costitutivo riserva il diritto di proprietà al terzo disponente, l’azione esecutiva potrà rivolgersi solo nei confronti dei frutti, poiché i coniugi sono titolari solamente di un diritto di godimento sui beni del fondo; se, invece, oggetto del fondo è il diritto di proprietà nella sua interezza, ai creditori è consentito rivalersi sia sui beni del fondo sia sui frutti di esso.
La Suprema Corte[8] ha affermato che, anche nell’ipotesi in cui il debito sia stato contratto nell’ambito dello svolgimento di un’attività di impresa, ma pur sempre per soddisfare i bisogni della famiglia, i beni costituiti in fondo patrimoniale non possono essere sottratti all’azione esecutiva. Successivamente, la Cassazione[9] ha ribadito tale principio precisando che il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo va ricercato non già nella natura dell’obbligazione, contrattuale o extracontrattuale, ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia.
Beni oggetto del fondo patrimoniale
Ai sensi dell’articolo 167, comma 1, cod. civ., possono far parte del fondo patrimoniale:
- beni immobili;
- beni mobili iscritti in pubblici registri;
- titoli di credito.
Da tale elencazione emerge ictu oculi che nel fondo patrimoniale, così come precisato dalla stessa Cassazione[10], non possano confluire somme di denaro se non attraverso: “un’operazione economica mediante la quale una somma di denaro, che di per sé non può essere destinata a patrimonio familiare …, viene prima convertita in un immobile, il quale è poi destinato a patrimonio familiare perché può esservelo”.
Inoltre, sono esclusi dal fondo patrimoniale anche i beni mobili non registrati, a meno che essi costituiscano pertinenze (in tal caso, possono essere inclusi nel fondo sino a quando perduri il vincolo pertinenziale). Fanno eccezione altresì i frutti del fondo, i quali, pur essendo beni mobili, sono vincolati a soddisfare i bisogni della famiglia ai sensi dell’articolo 168, comma 2, cod. civ..
L’esclusione dei beni mobili non registrati deriva dalla volontà legislativa di consentire l’ingresso nel fondo ai soli beni per i quali è previsto un adeguato regime di pubblicità, in modo tale da rendere pubblico il vincolo al quale i beni oggetto del fondo risultano sottoposti. Infatti, nella Relazione del Guardasigilli all’articolo 167, cod. civ. si legge che: “ho ritenuto conveniente chiarire che i beni debbono essere immobili o titoli di credito, perché solo per essi è possibile organizzare un sistema di pubblicità, necessario nell’interesse dei terzi”.
Come indicato, anche i titoli di credito possono confluire nel fondo patrimoniale se nominativi o, comunque, resi tali con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo (articolo 167, comma 4, cod. civ.). In virtù della ratio della norma sopra descritta, sarebbe possibile destinare al fondo ogni tipo di titolo di credito, purché sia possibile un’adeguata pubblicità del vincolo di destinazione.
Dunque, sarebbero destinabili solo i titoli di credito nominativi o divenuti tali in seguito ad annotazione del vincolo o se questo risulti in modo idoneo da un’adeguata forma di pubblicità[11].
Ciò detto, è opportuno sottolineare che l’atto costitutivo del fondo patrimoniale, così come precisato dalla giurisprudenza di legittimità[12], deve essere annotato a margine dell’atto di matrimonio ai sensi dell’articolo 162, cod. civ., al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione.
Inoltre, con specifico riferimento all’ipotesi in cui esso abbia a oggetto “beni immobili”, occorre evidenziare che l’atto costitutivo è soggetto a trascrizione ai sensi degli articoli 2647 e 2685, cod. civ., sia che questa abbia il valore di mera pubblicità notizia, sia che avvenga a fini di opponibilità.
A tal proposito, la Corte Costituzionale[13] ha ritenuto legittima la disposizione di cui al combinato disposto degli articoli 162, ultimo comma, e 2647, cod. civ., che subordina l’opponibilità ai terzi del fondo patrimoniale alla sola annotazione a margine dell’atto di matrimonio, senza richiedere (per l’opponibilità) la trascrizione nei registri immobiliari.
Sul tema, sono intervenute anche le Sezioni Unite[14] evidenziando che il fondo patrimoniale è una convenzione matrimoniale, la cui costituzione è soggetta all’operatività dell’articolo 162, comma 4, cod. civ., ai sensi del quale: “Le convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi quando a margine dell’atto di matrimonio non risultano annotati la data del contratto, il notaio rogante e le generalità dei contraenti, ovvero la scelta di cui al secondo comma”.
Dunque, il fondo patrimoniale è soggetto a una doppia forma di pubblicità:
- l’annotazione nei registri dello stato civile (ex articolo 162, comma 4, cod. civ.), che assolve la funzione dichiarativa e viene operata mediante annotazione a margine dell’atto di matrimonio della data del contratto, del notaio rogante e delle generalità dei contraenti che hanno partecipato alla costituzione del fondo patrimoniale;
- la trascrizione del vincolo immobiliare, ai sensi dell’articolo 2647, cod. civ., che assolve la sola funzione di pubblicità notizia.
In definitiva, l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio costituisce l’unica forma di pubblicità che assicura l’opponibilità della costituzione del fondo patrimoniale ai terzi, mentre la trascrizione di cui all’articolo 2647, cod. civ. ha funzione di pubblicità notizia.
Da ultimo, occorre evidenziare che possono costituire oggetto del fondo patrimoniale, secondo il prevalente orientamento, non solo il diritto di proprietà sui beni ma anche i “diritti reali di godimento”, in quanto anche i diritti di superficie, enfiteusi, usufrutto, uso e abitazione sarebbero suscettibili di soddisfare i bisogni della famiglia.
Regime impositivo
Innanzitutto, la costituzione del vincolo sui beni di soggetti non imprenditori non dà mai luogo al presupposto per l’imposizione, mentre problematica potrebbe essere la situazione per i soggetti che destinano al fondo beni appartenenti all’impresa. In quest’ultima ipotesi, infatti, l’apporto al fondo patrimoniale di beni appartenenti all’impresa potrebbe costituire una forma di destinazione di beni a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, come tale suscettibile di determinare ricavi o plusvalenze imponibili ai sensi degli articoli 85 e 86, Tuir.
Il fondo patrimoniale non è soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi, per cui non occorre presentare alcuna dichiarazione fiscale, a differenza di quanto avviene, ad esempio, per il trust. I redditi derivanti dai beni conferiti nel fondo devono essere dichiarati dai coniugi nel rispetto delle modalità previste per le singole categorie reddituali (redditi fondiari, redditi di capitale, etc.).
Ai sensi dell’articolo 4, Tuir, l’attribuzione dei redditi relativi ai beni immessi nel fondo avviene in misura paritetica tra i coniugi. Tale criterio di imputazione (tassazione pro quota in capo a ogni singolo coniuge) vale anche in sede di applicazione della cedolare secca sugli affitti[15].
Pertanto, il coniuge non titolare dell’immobile destinato al fondo può decidere autonomamente se optare o meno per l’applicazione dell’imposta sostitutiva. Se il comproprietario contraente ha già esercitato l’opzione, l’altro comproprietario può optarvi presentando il relativo modello nonché la documentazione attestante il titolo di comproprietà, previa comunicazione al conduttore.
Anche nel caso di cessione di beni che formano oggetto del fondo, imponibili ai sensi dell’articolo 67, Tuir, le relative plusvalenze dovrebbero comunque essere ripartite al 50% tra i 2 coniugi. La metà dell’onere impositivo viene accollata indipendentemente dalla quota dei diritti reali spettanti a ciascun coniuge, se la titolarità giuridica del bene ceduto è riconducibile all’altro coniuge per intero, o comunque per una percentuale che eccede il 50%. Se il fondo è costituito da beni apportati da terzi, il momento rilevante ai fini della concreta imposizione è l’accettazione da parte dei coniugi (avendo questa efficacia costitutiva ex articolo 167, cod. civ.). Fino al momento dell’accettazione, i redditi devono essere dichiarati dal terzo, non dai coniugi.
L’atto di costituzione del fondo patrimoniale è iscrivibile nella categoria degli “atti di costituzione di vincoli di destinazione”, i quali, in virtù del D.L. 262/2006, sono assoggettati all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, se determinano un trasferimento di beni.
Se il vincolo di destinazione è stato costituito:
- con testamento, si rientra nell’ambito dell’imposta sulle successioni;
- per atto tra vivi, si rientra nell’ambito dell’imposta sulle donazioni.
Sul tema, la circolare n. 3/E/2008 ha affermato che “il vincolo realizzato su beni che, seppur separati rispetto al patrimonio del disponente, rimangono a quest’ultimo intestati, non può considerarsi un atto dispositivo rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta”[16].
Dunque, per delineare il trattamento impositivo del fondo patrimoniale dal punto di vista delle imposte indirette, è necessario distinguere le ipotesi in cui si verificano effetti traslativi da quelle in cui ciò non avviene. Ove l’atto di costituzione determini un trasferimento, troveranno applicazione le aliquote e franchigie dell’imposta sulle successioni e donazioni.
Nel caso in cui entrambi i coniugi costituiscano in fondo patrimoniale beni di proprietà comune, non si verifica il trasferimento dei beni immessi nel fondo. In tale ipotesi, come chiarito dall’Amministrazione finanziaria nella circolare n. 221/E/2000, non sussiste il presupposto per l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni all’atto di costituzione del fondo, che è soggetto all’imposta di registro in misura fissa (200 euro), ai sensi dell’articolo 11, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986 (atti non aventi a oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale: cfr., Cassazione n. 21056/2005).
Parimenti, nel caso in cui uno dei 2 coniugi decida di costituire in fondo patrimoniale uno o più beni di sua proprietà esclusiva e se ne riservi la proprietà, non si configura alcun trasferimento di beni e quindi, come nel caso precedente, si è fuori dall’ambito di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni e l’atto va assoggettato a imposta di registro in misura fissa (200 euro) ai sensi dell’articolo 11, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986. Ove il coniuge che conferisce beni decida di non riservarsene la proprietà, secondo quanto evidenziato nella circolare n. 221/E/2000:
- se l’altro coniuge accetta i beni, si verifica il trasferimento a titolo gratuito di una quota pari al 50% dei beni e su di essa si applica l’imposta sulle donazioni secondo le aliquote individuate dal D.L. 262/2006 (trattandosi di coniuge, aliquota del 4% e franchigia di 1 milione di euro);
- se l’altro coniuge non esprime accettazione, non si verifica alcun effetto traslativo e l’atto sarà assoggettato a imposta di registro in misura fissa (200 euro) ai sensi dell’articolo 11, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986.
Nel caso poi di fondo patrimoniale costituito da un terzo che non si riservi la proprietà dei beni conferiti, bisogna ancora una volta distinguere:
- se i coniugi non accettano i beni, l’atto non si perfeziona (articolo 167, comma 2, cod. civ.) e, pertanto, non si configurano i presupposti per l’applicazione dell’imposta;
- se i coniugi accettano, si produce un trasferimento della proprietà con conseguente applicazione dell’imposta sulle donazioni. Le aliquote e franchigie da applicare variano a seconda del rapporto di parentela o affinità esistente, ai sensi del D.L. 262/2006[17].
Ove il terzo disponente costituisca un fondo patrimoniale con beni di sua proprietà esclusiva e se la riservi, sebbene non si verifichi alcun effetto traslativo, secondo la circolare n. 221/E/2000, l’atto dovrebbe essere assoggettato all’imposta sulle donazioni in quanto:
“dalla costituzione del fondo deriva per i coniugi il vantaggio, di carattere economico, di utilizzare i frutti prodotti dai beni che vi sono destinati”.
Nell’ipotesi di cessazione del fondo patrimoniale, i redditi dei beni che rimangono destinati al fondo sono imputati per l’intero ammontare al coniuge superstite, ovvero, al coniuge cui sia stata attribuita l’amministrazione del fondo. Inoltre, i beni che vi erano assoggettati possono essere trasferiti in capo a soggetti diversi. L’attribuzione dei beni a soggetti terzi va assoggettata ad autonoma imposta, in base agli effetti giuridici prodotti[18]:
- se la cessazione avviene per morte di uno dei 2 coniugi, il fondo patrimoniale cessa (a meno che non vi siano figli minori) e i diritti che il coniuge deceduto vantava sui beni cadono in successione e sono soggetti alla disciplina delle imposte sulle successioni;
- se la cessazione avviene per altre cause (e non esistono figli minori), se uno dei 2 coniugi o il terzo costituente si era riservato la proprietà sui beni costituiti in fondo, i beni in questione rimangono nella sua piena proprietà; in assenza di riserva di proprietà, i coniugi sono titolari in comunione ordinaria dei beni e possono scegliere di mantenere tale regime, ovvero di procedere alla divisione (ex articolo 194, cod. civ.).
L’atto di costituzione del fondo patrimoniale deve essere redatto con la forma dell’atto pubblico (ex articolo 167, cod. civ.). Tale atto è soggetto a registrazione in termine fisso a norma dell’articolo 11, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986, in quanto atto pubblico non avente a oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale. Tale qualificazione è sostenuta sia da consolidata giurisprudenza[19], sia dall’Amministrazione finanziaria[20].
Pertanto, ove l’atto di costituzione non dia luogo all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni (poiché non si realizza alcun effetto traslativo), l’atto sarà soggetto a registrazione in termine fisso con il pagamento dell’imposta di registro in misura fissa (200 euro) ai sensi dell’articolo 11, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986.
Nel caso in cui l’atto di costituzione che determini effetti traslativi abbia a oggetto un bene immobile, oltre all’imposta sulle successioni e donazioni, si applicano anche le imposte ipotecaria e catastale nella misura proporzionale del 2 e dell’1% (ex articolo 1, Tariffa, allegata al D.Lgs. 347/1990 e articolo 10, D.Lgs. 347/1990). In assenza di effetti traslativi, l’imposta ipotecaria è dovuta in misura fissa, unitamente all’imposta di registro, ai sensi dell’articolo 4, Tariffa allegata al D.Lgs. 347/1990. Tale obbligo di trascrizione del vincolo è previsto dall’articolo 2647, cod. civ..
La base imponibile cui applicare le imposte ipotecaria e catastale è la medesima utilizzata per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni (articoli 2 e 10, comma 1, D.Lgs. 347/1990).
Per la cessazione del fondo patrimoniale non è prevista alcuna disciplina specifica. Tuttavia, l’articolo 171, comma 4, cod. civ. dispone che, in assenza di figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale di cui all’articolo 2647, cod. civ., il quale impone la trascrizione degli atti o dei provvedimenti di scioglimento della comunione legale che hanno per oggetto beni immobili.
In virtù di tale richiamo, si potrebbe ritenere che l’obbligo di trascrizione ricada anche sull’atto di cessazione del fondo patrimoniale avente a oggetto beni immobili. In tal caso, l’atto di trascrizione sconterebbe l’imposta ipotecaria in misura fissa, non realizzandosi effetti traslativi, a eccezione dell’ipotesi di trasferimento di beni a terzi.
[1] L’articolo 168, comma 1, cod. civ., fa salva la possibilità che l’atto costitutivo riservi la proprietà dei beni confluiti nel fondo a persona diversa dai coniugi (ad esempio, il disponente), determinando una maggiore limitazione dei loro poteri sui beni poiché occorre rispettare la sussistenza di un diritto reale altrui su di essi.
[2] La giurisprudenza prevalente (cfr., Cassazione n. 4422/2001) aderisce alla tesi della natura contrattuale dell’atto di costituzione del fondo, ritenendo, così, necessaria l’accettazione dell’altro coniuge anche nel caso in cui il conferimento provenga da uno dei coniugi.
[3] Tale istituto fa eccezione sia all’articolo 2740, cod. civ., secondo cui ognuno risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, sia all’articolo 1379, cod. civ., da cui discende il generale divieto di creare vincoli di inalienabilità con carattere di assolutezza, poiché i beni facenti parte del fondo non possono essere alienati con la libertà che contraddistingue gli altri trasferimenti patrimoniali.
[4] A seguito della Riforma della filiazione ex L. 219/2012 che ha disposto la totale parificazione tra figli matrimoniali e non, la nozione di famiglia comprende oggi sia la famiglia legittima nascente dal matrimonio, sia le unioni civili. Il fondo è invece incompatibile con la famiglia di fatto (conviventi more uxorio) poiché la sua disciplina costituisce norma eccezionale e nessuna estensione alle convivenze di fatto e ai contratti di convivenza è operata dalla L. 76/2016.
[5] Cassazione n. 11683/2001.
[6] Invece, secondo un’interpretazione restrittiva della nozione, sarebbero riconducibili al concetto di bisogni familiari soltanto le esigenze strettamente connesse alla gestione della vita familiare, mentre andrebbero automaticamente esclusi dalla sfera dei bisogni da soddisfare attraverso il fondo patrimoniale quelli nascenti dall’esercizio di attività professionali (o imprenditoriali).
[7] A titolo esemplificativo, nel caso di obbligazione conseguente all’esperimento, nei confronti dell’amministratore di una società, dell’azione sociale di responsabilità ex articolo 2393, cod. civ. perché i soci possano rivalersi sul fondo occorre dimostrare che il debito sia sorto nell’interesse della famiglia.
[8] Cassazione n. 3738/2015; in senso conforme, Cassazione n. 23876/2015.
[9] Cassazione n. 3600/2016 e n. 7521/2016.
[10] Cassazione n. 4422/2001.
[11] Secondo un’interpretazione estensiva, anche le quote di Srl potrebbero essere incluse nel fondo patrimoniale, in ragione della particolare forma di pubblicità cui sono sottoposte le relative vicende traslative, introdotta dalla L. 310/1993, ossia a un meccanismo consistente nel duplice adempimento dell’iscrizione nel libro dei soci e dell’iscrizione presso il Registro Imprese. Tra l’oggetto del fondo patrimoniale rientrerebbero anche i brevetti per l’invenzione industriale, poiché, in tal caso, la pubblicità della trascrizione si attuerebbe ai sensi dell’articolo 66, R.D. 1127/1939. Va esclusa invece l’azienda.
[12] Cassazione n. 8824/1987.
[13] Corte Costituzionale n. 111/1995.
[14] Corte di Cassazione SS.UU. n. 21658/2009.
[15] Con circolare n. 20/E/2012 è stato chiarito che il contratto di locazione stipulato da uno solo dei 2 comproprietari ha effetti fiscali anche sul comproprietario non presente nell’atto.
[16] L’Agenzia delle entrate ha altresì precisato che: “Con specifico riferimento all’imposta sulle successioni e donazioni, tale principio comporta la necessità di verificare, volta per volta, gli effetti giuridici che la costituzione di un vincolo di destinazione produce, per modo che l’imposta possa essere assolta solo in relazione a vincoli di destinazione costituiti mediante trasferimento di beni. Diversamente, il vincolo realizzato su beni che, seppur separati rispetto al patrimonio del disponente, rimangano a quest’ultimo intestati, non può considerarsi un atto dispositivo rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta. Ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni si rende necessario pertanto distinguere le costituzioni di vincoli di destinazione produttivi di effetti traslativi, da quelle che, invece, lo stesso effetto non evidenziano”.
[17] Il rapporto di parentela tra disponente e singoli coniugi può essere differente, per cui l’imposta dovrebbe essere determinata distinguendo la quota di fondo patrimoniale spettante a ogni coniuge (50% a testa) con l’esigenza di valutare le aliquote in modo differenziato in relazione a ciascun coniuge.
[18] Circolare n. 3/E/2008.
[19] Cassazione n. 21056/2005, n. 10666/2003e n. 8289/2003.
[20] Circolare n. 221/E/2000.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Consulenza immobiliare”.