La riforma non corregge le incongruenze fiscali della trasformazione societaria
di Luciano SorgatoFiscalmente, la trasformazione di una società di persone in società di capitali (e di una società di capitali in società di persone) determina la modifica della tecnica impositiva della trasparenza (articolo 5, Tuir), con il regime impositivo dell’Ires (e viceversa). Tale mutamento di sistema di tassazione è alla base dell’obbligo legislativo di frazionare l’unitario esercizio sociale in due diversi e autonomi periodi d’imposta (quello che va dall’1.1 alla data di iscrizione nel Registro delle Imprese e quello successivo che riparte dall’iscrizione sino al 31.12). La trasformazione del modello societario comporta la necessità di evitare che, dall’intersezione dei due regimi fiscali (trasparenza ed Ires), non abbiano da derivare salti o duplicazioni d’imposta, entrambi distorsivi delle dinamiche legali dell’obbligazione tributaria.
A tale specifico scopo, l’articolo 170, Tuir – oltre a prevedere, al comma 2, l’applicazione del regime fiscale della trasparenza in raccordo con il periodo d’imposta che si esaurisce con la data di effetto della trasformazione (l’indicata iscrizione nel Registro delle Imprese) e del regime Ires per il successivo periodo d’imposta (l’ulteriore frazione dell’unitario esercizio sociale ) – disciplina, al comma 3, specifiche condizioni di trasparenza contabile delle riserve già tassate per trasparenza in capo ai soci della società di persone, al fine di escludere la sopravvenienza di altre forme di tassazione. Analogamente provvede il comma 4, dell’articolo 170, Tuir, per la trasformazione da società di capitali in società di persone, al fine di salvaguardare la tassazione del dividendo sulle riserve accantonate in regime Ires.
Con tale scritto, si vuole rappresentare come le citate prescrizioni non siano sufficienti a salvaguardare la necessaria linearità delle conseguenze fiscali, nel caso di meccanismi di rateazione in corso di componenti positivi o negativi o in caso di presenza di fondi tassati stanziati in bilancio ante trasformazione.
Volendo rappresentare un esempio di distorsione impositiva, per agevolare la comprensione, qualora nel caso di trasformazione da società di persone in società di capitali sia, ad esempio, in corso una rateazione quinquennale per plusvalenze realizzate, ai sensi dell’articolo 86, comma 4, Tuir, a fronte dell’iniziale variazione in diminuzione del reddito imponibile relativo all’esercizio del loro realizzo, per le quote di plusvalenza da tassare dopo la trasformazione, le relative variazioni in aumento sconteranno l’Ires.
Qualora a tale tassazione Ires non venisse ad addizionarsi la tassazione del relativo dividendo, si registrerebbe un ammanco erariale rispetto all’ordinaria incidenza fiscale su un reddito imponibile, legislativamente pensata per il regime Ires. Se si ipotizza un utile civilistico di 300, inclusivo di una plusvalenza di 100, che la società di persone decide di rateizzare in 5 rate costanti, apportando una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi di 80 e tassando, quindi, un imponibile fiscale di 220, a fronte dell’intero utile di bilancio stanziato a patrimonio netto per 300; qualora tale società si trasformasse in società di capitali, le residue 4 quote della plusvalenza sconterebbero la tassazione Ires. Le riserve accantonate a patrimonio netto di 300, qualora venissero tutte iscritte in bilancio come riserve ante trasformazione, in quanto temporalmente risalenti a prima della data di effetto della trasformazione, genererebbero la rappresentata distorsione dell’ordinario livello di imposizione fiscale.
Le rate postergate alla trasformazione verrebbero, infatti, assoggettate ad Ires mediante variazioni in aumento nelle relative dichiarazioni dei redditi, a cui, però, non corrisponderebbe alcuna formazione di utili tassabili come dividendo al momento della distribuzione. In aderenza, quindi, al dato normativo che letteralmente riferisce a riserve costituite prima della trasformazione con utili imputati ai soci, le riserve di 300, dovrebbero venire iscritte solo per 220 come riserve ante trasformazione, in quanto solo per tale ammontare si raccordano con utili imputati ai soci, mentre per il residuo ammontare di 80 dovrebbero venire iscritte come ordinarie riserve da assoggettare alla tassazione fiscale del dividendo al momento della distribuzione.
È vero che la sensazione che si ritrae dalla congiunta lettura dei commi 3 e 4 è che il Legislatore, anche per motivi di semplificazione, abbia inteso assumere come unico spartiacque divisorio delle riserve la data di effetto della trasformazione, senza transito di riserve da un regime fiscale all’altro. Tuttavia, in assenza di una individuazione delle riserve strettamente rispondente alla locuzione “con utili imputati ai soci”, lo squilibrio impositivo appare inevitabile.
Nel caso fosse in essere, invece, un meccanismo di rateazione relativo al differimento per quote costanti dell’eccedenza, ex articolo 102, comma 6, Tuir, l’effetto distorsivo verrebbe ad invertirsi, con una sovrimposizione di conseguenze impositive a carico del contribuente.